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Storie > Racconti

Il gigante di Natale

di Michele Genisio

La fiaba del gigante egoista, di Oscar Wilde, potrebbe essere una fiaba natalizia…

Non è considerata una fiaba natalizia, ma secondo me avrebbe tutte le ragioni di esserlo. È un racconto di una bellezza struggente. Autentica poesia. Si tratta di The Selfish Giant, Il gigante egoista, di Oscar Wilde. La conoscete? Ci sono varie versioni in cartoni animati, alcune le potete trovare su You Tube. Ma per chi proprio non la conoscesse, la racconto brevemente.

Inizia così: «Ogni giorno, mentre tornavano da scuola, i bambini andavano a giocare nel giardino del Gigante». Il gigante possedeva un grande e bellissimo giardino. C’erano fiori incantati che sembravano stelle, dodici alberi di pesco che in primavera fiorivano tingendosi di color rosa e perla e poi portavano frutti gustosissimi. Il gigante in quel periodo era partito per un lungo viaggio abbandonando casa e giardino, così i bambini del villaggio avevano iniziato a giocarci liberamente. Un giorno però il gigante tornò. Infastidito dalla loro presenza, li scacciò.

Disse fra sé e sé: «Il MIO giardino è MIO! E nessuno può venirci a giocare!». Era un gigante molto egocentrico. Costruì un muro alto tutt’attorno il giardino per impedire loro di entrare. Sul muro mise un cartello, in inglese: Traspassers will be persecuted, i trasgressori saranno perseguitati. Ma da quel giorno nel giardino inspiegabilmente arrivò un inverno tremendo: neve, gelo e vento non se ne andavano mai.

La primavera si rifiutava di tornare in un luogo dove non c’erano bambini e non c’erano più grida di gioia. Al gigante la faccenda non piaceva, non capiva cosa stesse succedendo. Con tutto quel freddo attorno, se ne stava rincantucciato in casa di fronte al camino. Forse a farsi tante domande. Un giorno, però, vide che in un angolo del giardino era tornata la primavera. Alcuni bambini erano riusciti a entrare da una fessura che si era aperta nel muro. Il gigante uscì dalla porta di casa pronto a mettere in atto la sua minaccia: i trasgressori saranno perseguitati. Ma si accorse che, tutto sommato, era contento che fosse tornata la primavera.

C’era però un angolo del giardino che restava nel gelo. Andò a vedere come mai. Lì c’era un bambino piccolo che non riusciva a salire su un albero nonostante i suoi sforzi. Il gigante si commosse e lo aiutò a salire. Immediatamente la primavera fu tutt’attorno. Tornando a casa e sedendosi sulla sua poltrona, il gigante si mise a riflettere. Capì quanto fosse centrato su stesso. E capì che doveva fare qualcosa. Tolse il cartello, prese un’ascia e abbatté il muro. Da quel momento il giardino fiorì di nuovo in tutto il suo splendore e i bambini tornarono a giocare felici.

Che cosa era successo al gigante? Non lo sappiamo, ma possiamo immaginare che accadde qualcosa di meraviglioso. Aveva fatto unità dentro se stesso. Spinto da due motivi. Per primo si era messo di mezzo un intervento esterno, il perenne inverno, che l’aveva colpito con una dura prova. Inverno che era riflesso dell’oscurità e delle bruttezze che portava dentro di sé. Poi c’era stato il fatto di commuoversi vedendo il piccolo bambino che non riusciva a salire sull’albero. Perché si era commosso? Quella domanda probabilmente gli fece comprendere che dentro il suo cuore c’erano due giganti: uno piccolo, il gigante B, sempre messo a tacere da quello grande, il gigante A, quello egocentrico (Chissà perché si trovava in quella condizione? Forse perché si riteneva ferito dalla vita? Trovare le cause serve a nulla, serve solo guardare in avanti. Proprio cosa lui fece).

Spinto da queste due circostanze il gigante riuscì a far pace con i due giganti che stavano nel suo cuore: quello A venne ridimensionato, e quello B poté finalmente esprimere la bellezza e la dolcezza che portava dentro di sé. Solo facendo unità in noi stessi possiamo trovare la pace, e allora portarla fuori di noi. E quando questo succede si vedono i giardini fiorire, la primavera tornare. Spesso sono piccoli giardini, minuscole oasi nel grande mondo coperto dall’inverno. Ma solo così può nascere la pace.

Non vi pare che questo sia un possibile messaggio di Natale? Il racconto di Oscar Wilde però non finisce qui. Narra che alcuni anni dopo il gigante ormai anziano rivide il bambino piccolo, e notò che aveva dei segni misteriosi sulle mani e sui piedi. Si preoccupò: «Chi ha osato farti del male? Dimmelo che lo sistemo io». Il bambino gli rispose: «Queste sono le ferite d’amore». Il gigante rimase turbato da quelle parole: «Ma chi sei?». Il bambino sorridendo gli disse: «Tu mi hai fatto giocare nel tuo giardino, oggi ti farò entrare nel mio giardino, che è il Paradiso».

Quando i bambini tornarono a giocare videro il gigante morto sotto un pesco. Il suo volto era sereno. I petali dell’albero in fiore si erano staccati uno a uno, leggeri come un respiro, e lo ricoprivano. Mettere la morte a conclusione di una fiaba non è oggi considerata una cosa da farsi. Ma anche questo ci riporta al Natale che stiamo per celebrare. C’è morte in tanta parte del mondo, c’è cattiveria, menzogna, ci sono sconcertanti emergenze umanitarie. Ma il piccolo bambino ricorda che c’è un giardino che ci aspetta, là dove c’è il gigante. E questo dà speranza e impone il dovere di costruirlo già qui il nostro giardino, per come si può. Portando al di fuori l’unità che abbiamo costruito dentro di noi.

 

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