50 anni fa il Vaticano II

È difficile prevedere da che cosa sarà segnata la vita della Chiesa cattolica nell’anno appena iniziato.
Giovanni XXIII inaugura il Vaticano II

È difficile prevedere da che cosa sarà segnata la vita della Chiesa cattolica nell’anno appena iniziato. Non solo perché le circostanze sono sempre imprevedibili, ma ancor più perché l’agenda definitiva degli appuntamenti è Dio stesso a compilarla. Non senza il nostro apporto, è chiaro, ma il più delle volte andando ben al di là delle nostre aspettative. Due avvenimenti importanti, comunque, sono previsti: l’inizio, l’11 ottobre, di un “Anno della fede” e sempre in ottobre un Sinodo dedicato alla nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana.

 

L’occasione è il cinquantennio del Concilio Vaticano II: un’esperienza di Chiesa di enorme portata, per i cattolici, ma non solo. Basti pensare che, per incarnare lo spirito del Concilio, Giovanni Paolo II ha voluto ad Assisi, nel 1986, la giornata di preghiera delle religioni per la pace. Ma ciò va inquadrato in un orizzonte più largo. Il Vaticano II, infatti, ha rappresentato l’annuncio di un’epoca nuova, per la Chiesa e per il mondo. Come apertura a un’inedita stagione dello Spirito e della storia.

 

L’auspicio è che i due avvenimenti che ne intendono rilanciare la profezia, declinandola con le novità del nostro contesto, non si riducano a un fatto elitario. Anche le nuove esperienze ecclesiali, di cui lo Spirito è stato generoso dispensatore attorno all’assise conciliare, debbono con coraggio e fantasia evitare di cascare in questa sottile tentazione. Né bastano le buone intenzioni. Occorre, piuttosto, un risveglio spirituale e insieme culturale pacato e sincero, ma determinato e di ampio respiro, una sorta di rigenerazione dell’esperienza di fede nel qui e nell’ora della storia. Benedetto XVI l’ha incisivamente sottolineato in Germania, lo scorso settembre: «Non si tratta di trovare una nuova tattica per rilanciare la Chiesa. Si tratta di deporre tutto ciò che è soltanto tattica e di cercare la piena sincerità, che non trascura né reprime alcunché della verità del nostro oggi, ma realizza la fede pienamente nell’oggi vivendola, appunto, totalmente nella sobrietà dell’oggi, togliendo da essa ciò che solo apparentemente è fede, ma in verità è convenzione ed abitudine». La linea è chiara: a noi trarne le concrete conseguenze.

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