“Archeologia tattile”: l’altra forma della realtà

Alla scoperta dell’arte multisensoriale: dalla tecnologia tiflologica ai calchi d’autore, approdando al Museo Omero che ci apre le sue porte e si conferma in Europa uno dei più importanti presidi culturali per i disabili della vista.
Il professore Aldo Grassini mentre esplora al tatto uno dei calchi a dimensioni naturali custoditi nel Museo Omero di Ancona (Foto archivio Museo Tattile Statale Omero).

Le statistiche più aggiornate dell’Istat ci dicono che in Italia due musei su tre sono attrezzati per consentire l’accesso e la fruizione ai portatori di disabilità motoria, e questo è un ottimo dato! La media però cala in modo vistoso se consideriamo la disabilità visiva. Dei 4.292 musei attualmente censiti nel Belpaese, infatti, solo i 64 inseriti ufficialmente nella lista del Ministero della cultura consentono agli ipovedenti e non vedenti di seguire dei percorsi di visita ad hoc. Il predetto elenco ministeriale dunque, sebbene sia da aggiornare, ci dice che solo l’1,5% degli scrigni della bellezza museale italiana può tutt’ora essere reso conoscibile ai non vedenti. Se poi restringiamo la lente del nostro focus ai soli musei archeologici italiani inclusivi per chi ha disabilità della vista, calcoliamo che tali musei sono solo 25. Pochissimi senz’altro in una prospettiva generale, ma, in netta prevalenza numerica su tutte le altre tipologie di musei che adottano programmi per non vedenti.

 

Il vero “senso” del tatto

Il settore archeologico, come detto, primeggia numericamente nella “short-list” italiana della inclusività dei non vedenti, ma anche la qualità dei programmi e dei percorsi museali dedicati è molto elevata e sta ispirando l’emulazione da parte di un numero sempre crescente di altri musei. Artefice di tali ottimi risultati è la cosiddetta “archeologia tattile” che utilizza al contempo strumentazioni multimediali e riproduzioni materiali di reperti dell’antichità per renderli fruibili e conoscibili tramite il tatto ai visitatori non vedenti. Questi ultimi vengono accolti all’interno degli spazi espositivi da voci guida attivate da infrarossi oppure sono accompagnati da assistenti specializzati interni al museo stesso e possono così “saggiare” al tatto gli utensili fedelmente riprodotti dall’antico mondo greco classico. Nel frattempo grazie a una mappa tridimensionale con didascalie in Braille e, per gli ipovedenti, con caratteri tipografici neri e ingranditi, questi visitatori si sono fatta un’idea tattile e auditiva della topografia del museo, delle aree da visitare e dei reperti in esse contenuti.

 

Momenti di visita tattile da parte di non vedenti (Foto archivio Museo Tattile Statale Omero).

Copie molto… “originali”

Nel campo archeologico, si sa, tranne gli addetti ai lavori, pochissimi avranno il privilegio di toccare un reperto risalente a migliaia di anni fa e di percepirne le forme e i rilievi della manifattura. Ma l’archeologia tattile va oltre e infatti in alcuni musei ad hoc i visitatori non vedenti possono toccare i reperti originali e percepirne attraverso le mani e le dita tutto l’effetto plastico e, grazie alle spiegazioni vocali, decodificarne anche i rilievi cromatici originali. Di norma però, è chiaro che l’esperienza tattile avviene solo su riproduzioni, ma abbiamo scoperto che spesso le copie sono realizzate da artisti e scultori contemporanei così rinomati e talentuosi che prendono esse stesse la forma di altrettanti capolavori d’arte!

 

Foto archivio Museo Tattile Statale Omero.

Museo Omero, l’arte dell’ inclusività

Non è un museo esclusivamente archeologico, ma senz’altro è la summa di tutto quanto si possa desiderare e realizzare in ambito di presidi culturali per gli ipo e non vedenti. Stiamo parlando del “Museo Tattile Statale Omero” che nasce proprio sulle orme del più grande cantore del mondo greco classico, Omero appunto che, come tutti sanno era cieco e che ciononostante ha ampliato gli orizzonti e le vedute culturali di milioni di persone con i suoi straordinari poemi.  E decisamente non ordinaria è anche la vita del professore Aldo Grassini che a 6 anni perse la “vista fisiologica”, ma iniziò da allora a coltivare la vista dell’anima che lo ha portato con l’aiuto di sua moglie Daniela Bottegoni e di tanti collaboratori a realizzare nel ‘93 il Museo Omero. È questo un luogo di grande inclusività e dove la tiflologia, ovvero la scienza che si occupa dell’integrazione sociale e della crescita culturale delle persone con disabilità visiva, diventa una vera e propria arte. La Mole Vanvitelliana di Ancona, infatti, sede del Museo Omero, nei suoi 3000 mq, «racchiude – ci spiega lo stesso Grassini – oltre ai reperti originali di archeologia provenienti dalla Soprintendeza delle Marche anche 200 opere tra copie in gesso e resina di capolavori classici, calchi a dimensione naturale e modellini architettonici. Il tutto – prosegue Grassini – supportato da una tecnologica interattiva all’avanguardia in Europa che guida i non vedenti alla percezione della forma e della sostanza della realtà e ciò li coinvolge a livello sensoriale, cognitivo, emozionale e sociale».

 

Le esplorazioni dei giovani vedenti che bendati sperimentano la realtà della conoscenza tattile (Foto archivio Museo Tattile Statale Omero).

“Toccare” per credere

«Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto». Le fonti evangeliche sono chiare al riguardo, ma noi, come san Tommaso, per esigenze certo più terrene ma non affatto vane, abbiamo cercato un’ulteriore prova tattile a quanto detto finora. E così abbiamo sperimentato i musei tattili. Le sensazioni sono state impressionanti: ad occhi chiusi siamo entrati in un mondo che all’inizio mette a disagio perché è buio e annulla subito tutte le nostre facoltà e abilità che dipendono dalla vista. Ma poi, lasciandosi guidare, quel buio fisico pian piano prende forma e conferisce dei poteri inaspettati agli altri sensi e così man mano che le dita esplorano e saggiano quei reperti, magari visti in precedenza centinaia di volte, ne sentiamo e scopriamo dei dettagli nuovi mai considerati prima. È la nostra mente che ha subito imparato, attraverso il solo tatto a farci cogliere la vera essenza, mai percepita prima, di quei reperti archeologici. È così che abbiamo potuto conoscere l’altra forma della realtà, quella tattile, che è altrettanto importante e imprescindibile quanto quella visiva. L’emozione più straordinaria però è arrivata alla fine del percorso museale, allorché abbiamo scoperto che a guidarci nel mondo dell’archeologia tattile era stato un “vero” non vedente. Lui ha fatto sentire inclusi e integrati noi, ispirandoci quel  particolare “senso” chiamato umanità che plasma e dà forma alla vera realtà!

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