Il mistero della persona

Che cos’è la prossimità creativa? A volte comincia con un panino

«Ero uscito per vedere se era possibile comprare qualcosa da mangiare – mi scrive un amico che vive in un Paese distrutto dalla guerra e immerso in una povertà estrema –, e con molta fatica ero riuscito a procurarmi un panino. Stavo per addentarlo quando vidi in lontananza un signore che cercava qualcosa tra i rifiuti evidentemente spinto dalla fame. Gli andai incontro, gli offrii il mio panino che lui, un po’ spiazzato, accettò subito con un sorriso. Ne seguì uno scambio di battute e poi una condivisione dei nostri vissuti in maniera molto aperta, personale, come raramente succede. Alla fine sentivo che non eravamo più due estranei».

Questa esperienza mi ha fatto riflettere sul potere che hanno certi gesti di generare o rinnovare relazioni non solo in contesti particolari, ma anche in quelli più ordinari.

A volte piccole iniziative riescono ad illuminare intere giornate, la nostra felicità non dipende solo dalla qualità dei rapporti primari della nostra vita, dipende anche dai tanti piccoli incontri ai quali decidiamo di dare ogni giorno un senso.

Questo succede, per esempio, quando chiediamo a qualcuno se può darci una mano per una certa cosa e questa persona non solo ci aiuta ma lo fa come se non stesse aspettando altro, come se volesse cogliere a volo un’opportunità per farci contenti.

Oppure quando un amico ci procura un oggetto, un libro, che non era nemmeno nei nostri pensieri ma che ci fa molto piacere ricevere perché corrisponde a qualche nostro interesse specifico e perché è stato individuato appositamente per noi. «Ho visto questa cosa e mi sei venuto in mente tu», è il messaggio che passa.

Sono gesti apparentemente piccoli ma che per il loro carattere di gratuità e di “eccedenza” rispetto alla normale aspettativa o al dovuto, introducono un elemento di novità nelle nostre relazioni, e quindi in noi stessi. Un moto di sorpresa che le ravviva, le corrobora, a volte le ricrea ex-novo.

Mi confidava a questo riguardo una persona che stava uscendo da un lungo periodo di crisi personale e relazionale: «Una delle cose che più mi sostiene in questa nuova fase è puntellare la giornata di gesti semplici, ma “creativi”, di attenzione e di interesse verso chi mi sta vicino. Ogni volta che ne faccio uno, si genera sempre un certo senso di stupore, e subito mi viene voglia di inventarmene un altro».

Tutto questo, nella sua apparente semplicità, ha a che fare con il mistero della natura umana.

Come si sa ogni persona è unica e in quanto tale non si finisce mai di conoscerla, di scoprirla. Questo è un dato antropologico che ha alla sua radice il fatto che Dio abita una luce inaccessibile (1 Tm 6,16), e che quindi pure ogni persona, in quanto immagine di Dio, ha sempre un’inaccessibilità residua rispetto agli altri esseri umani: è come un pozzo di cui non si può mai scrutare il fondo e che per questo può rivelare di continuo volti o aspetti inediti.

Ogni volta che tra le persone si materializza una prossimità più attiva, più densa, più creativa –  attraverso uno sguardo, un ascolto, un gesto non scontato –, qualcosa si illumina e si vedono cose che prima ci erano sfuggite o che ci appaiono del tutto nuove. È un piccolo squarcio che si apre sull’immensità della persona: «Mi illumino/ti illumino d’immenso», verrebbe da dire parafrasando G. Ungaretti.

Un signore, il cui matrimonio è saldo e armonioso pur avendo superato sfide non indifferenti, mi diceva tempo fa: «Sono sposato con mia moglie da moltissimi anni eppure di recente ho scoperto in lei qualcosa di così nuovo da farmi pensare che sono appena all’inizio della sua conoscenza».

È il mistero della persona che attende di essere sempre nuovamente svelata, fino alla fine.

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