Giornata mondiale dei poveri, mettere al centro la persona

Il 19 novembre, nella domenica che precede la Festa di Gesù Cristo Re dell'Universo, si celebra la 7a edizione della Giornata mondiale dei poveri. Proponiamo l'intervista a Gianni Pizzuti, responsabile dell’area educazione, volontariato e cittadinanza attiva della Caritas di Roma.
Foto Caritas Roma

Roma è una città ricca di contrasti, di situazioni di vita anche diametralmente opposte, di distanze fisiche e culturali. La città eterna si divide tra quartieri storici e periferie dove si registrano stili e tenori di vita molto differenti. Non mancano, tuttavia, motivi di speranza alimentati dalla significativa presenza di molti volontari. È il volto della Capitale secondo il Rapporto Caritas, presentato alla vigilia della Giornata Mondiale dei Poveri 2023. Abbiamo intervistato Gianni Pizzuti, responsabile dell’area educazione, volontariato e cittadinanza attiva della Caritas di Roma.

 

Da quanti anni svolge il servizio presso Caritas Roma e quali sono le motivazioni che l’hanno portato a fare questa scelta?

Lavoro in Caritas dal 1989, ho iniziato lavorando con i ragazzi di strada alla stazione Termini per una decina di anni e poi mi sono occupato dell’inserimento dei volontari nei nostri centri. La mia scelta professionale è strettamente legata anche a un percorso di fede. È un’attività anche permette di vivere profondamente i valori cristiani, accompagnati anche dalle competenze professionali.

 

Nel Rapporto Caritas da poco presentato si parla di «Città parallele»: Roma è una città in cui convivono esperienze molto diverse. In che modo Caritas Roma cerca di armonizzare i contrasti e venire incontro alle persone?

Roma è una città piena di contrasti con esperienze molto diverse e la Caritas cerca di affrontare le situazioni di povertà curando tre aspetti. Il servizio diretto alle persone, una scelta che permette di mettere al centro la relazione, la persona che soffre. Il secondo aspetto è quello di riuscire a fare delle attività che, da una parte, sono segno, proposta, ma anche attività che denunciano situazioni di estrema povertà. Il terzo aspetto è che crediamo in un cambiamento culturale e, attraverso l’esperienza del volontariato, è possibile superare i pregiudizi, le barriere e far entrare in relazione le diverse anime di una città come Roma.

 

Nel Messaggio per la Giornata mondiale dei poveri, il papa scrive: «Delegare ad altri è facile; offrire del denaro perché altri facciano la carità è un gesto generoso; coinvolgersi in prima persona è la vocazione di ogni cristiano». Nella sua esperienza sono più le persone che si fermano ad aiutare o quelle che «distolgono lo sguardo» chi è più povero? 

Ogni anno da noi arrivano tantissime persone che vogliono fare volontariato. Penso che sia necessario mantenere alta l’opportunità di crescita che passa attraverso l’impegno, il servizio, il volontariato: diventa un momento di crescita condivisa, di consapevolezza maggiore di quelle che sono situazioni e, nello stesso momento, c’è la possibilità di svolgere un servizio accanto alle persone che sono in difficoltà.

Tantissime persone hanno ripreso i contatti con la chiesa, con un rapporto con la fede attraverso il servizio perché è un modo per recuperare anche la dimensione della testimonianza. Le persone che si avvicinano a noi, che vogliono fare volontariato, sono professionisti, impiegati, ma sono anche persone che studiano, che hanno terminato il periodo di lavoro e sono in pensione, le casalinghe… è un mondo molto eterogeneo. La cosa importante è prendersi cura anche di loro, nella possibilità di poter svolgere un servizio attraverso i nostri centri. Sono accompagnati da operatori e volontari presenti in queste strutture.

 

Nel Messaggio si legge: «Ringraziamo il Signore perché ci sono tanti uomini e donne che vivono la dedizione ai poveri e agli esclusi e la condivisione con loro; persone di ogni età e condizione sociale che praticano l’accoglienza e si impegnano accanto a coloro che si trovano in situazioni di emarginazione e sofferenza». In che modo riuscite a realizzare questa prossimità?

Le persone che seguiamo vengono da una parte assistite ma dall’altra parte si cerca di promuovere la persona come protagonista del proprio cambiamento. Mi vengono in mente episodi in cui il cambiamento è avvenuto: penso i ragazzi delle case famiglia per minori che sono riusciti a inserirsi nel mondo della scuola, nel mondo del lavoro, a trovare una loro autonomia; penso agli anziani che molte volte sono isolati, che hanno accanto  una rete sociale molto debole, che invece hanno avuto la possibilità, attraverso persone impegnate nel volontariato, di trovare una socialità, di trovare spazi dove possono essere dei protagonisti attivi della vita sociale. Penso alle famiglie che sono state accompagnate, aiutate attraverso i nostri empori della solidarietà, che hanno vissuto una fase critica dal punto di vista economico o lavorativo e che attraverso questo tipo di sostegno hanno potuto riprendere una vita normale. Penso a tutte le persone che sono state aiutate in una fase delicata della loro vita e questo ha permesso loro, attraverso l’aiuto dei volontari e degli operatori, di riprendere in mano la propria storia e di cambiarla in una situazione diversa. Ci sono diverse persone che hanno vissuto questa esperienza e che, a distanza di alcuni anni, sono diventati dei volontari e qui penso che emerga tutta la dimensione della reciprocità, che diventa fondamentale in un’attività come quella che svolge la Caritas.

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