L’Ucraina? Non più pervenuta

Mentre i riflettori dell’opinione pubblica sono centrati sul conflitto tra Israele ed Hamas, in Ucraina continuano i combattimenti, senza che nessuno prevalga
A soldier of Ukraine's National Guard 1st brigade Bureviy (Hurricane) looks on during combat training at a military training ground in the north of Ukraine Friday, Nov. 3, 2023. (AP Photo/Efrem Lukatsky)

Le immagini e le notizie provenienti dal Vicino Oriente stanno oscurando dal 7 ottobre quel che accade sul fronte bellico del Donbass. I riflettori si sono spostati dal fronte russo-ucraino a quello di Gaza, i grandi reporter hanno lasciato Kiev e dintorni per spostarsi a Tel Aviv e sulla Striscia. Anche il portabandiera del nostro giornalismo, Lorenzo Cremonesi del Corriere della sera, ha lasciato Bakhmut per spostarsi a Sderot. I nostri media hanno sostituito Zelensky e Putin con Netanyahu e Haniyeh. E ci si comincia a chiedere quale influenza il conflitto mediorientale avrà su quello scoppiato nel febbraio 2022 per iniziativa di Mosca.

Militarmente parlando, quel che gran parte degli osservatori più attenti avevano da tempo previsto si sta realizzando: pur dato che Kiev ha riconquistato qualche centinaio di chilometri quadrati nell’est e soprattutto nel sud del Paese; pur data qualche incursione riuscita in Crimea, nel Donbass occupato dai militari di Mosca; e pur data persino qualche incursione di droni e missili in territorio russo, non c’è stata la grande rivincita. Poca cosa.

Anche i russi hanno cercato se non altro qualche manovra diversiva, come la pressione su Adviivka, ma con risultati modesti. Più efficace è la strategia ormai consueta dei lanci di missili su gran parte del territorio ucraino, senza nessuna regolarità e senza una mappa plausibile, col risultato di tenere tutti col fiato sospeso e di incutere così terrore nella popolazione. Un’azione ai fianchi del pugile russo. Anche la scesa in campo dal lato ucraino di carri armati performanti come il Leopard2 e di missili a più lunga gittata come gli Atacms, non pare in grado di far pendere la bilancia dal lato di Kiev. È lo stallo militare.

Biden, nel frattempo, proclama, mostrando i muscoli, che gli Stati Uniti saranno in grado di sostenere tre eventi militari contemporaneamente: quelli di Ucraina, di Israele e di Taiwan (ancora non passato alle vie di fatto). Se ci tiene a riaffermarlo con una certa ripetitività, viene il sospetto che l’amministrazione statunitense sia costretta ad ascoltare i propri militari, che invece nutrono non pochi dubbi al riguardo. Anche perché le elezioni si avvicinano e il fronte repubblicano vuole puntare su un solo slogan: con noi non ci saranno più guerre.

Anche sul fronte occidentale, quello della Nato, vari segnali indicano una certa stanchezza dei suoi membri per una guerra che dura da troppo tempo: lo stesso incidente di percorso di cui è stata vittima Giorgia Meloni, ingannata da due burloni russi, svela la fatica dei governi europei che si trovano a dover fare i conti con le rispettive ristrettezze di bilancio, e che quindi sono sempre più restii a impegnare denaro e armi (che costano un botto), nel buco nero ucraino. Temono, oltretutto, di essere costretti a investire anche in una seconda guerra.

Non per questo Mosca può cantare vittoria, perché i suoi conti sono sempre più precari e la stanchezza della popolazione, in particolare dei ceti medio-alti, quelli che avevano l’abitudine di pasteggiare a mozzarella, prosciutto e prosecco, non sopportano di vedere la loro carta di credito disattivata per tutti i pagamenti verso l’estero. Anche per i russi, tra l’altro, si avvicinano le elezioni presidenziali, previste per il prossimo anno.

E poi, aver mandato al massacro la meglio gioventù russa che – discorso analogo può essere fatto per i giovanotti ucraini − alla lunga sta inficiando la fermezza dello spirito nazionalista. Da entrambe le parti, perché in tutte le forme di guerra le madri di ogni Paese non sopportano di vedere i propri figli partire in posizione verticale e tornare al contrario in posizione orizzontale. Saranno le madri a spingere per la trattativa, la tregua e, se possibile, la pace tra Russia e Ucraina? Sta di fatto che da più parti si leva una timida ammissione: non ci sarà un chiaro vincitore dell’attuale conflitto russo-ucraino, almeno a breve o medio termine. Bisogna farsene una ragione.

Questa potrebbe essere una delle pochissime buone nuove provocate dall’attuale terribile esplosione del conflitto armato tra Israele e Hamas. Ma valeva la pena scannarsi e lasciare sul terreno trecentomila morti per poi ammettere che nessuno poteva vincere la guerra? C’è bisogno di saggezza nella politica internazionale.

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