195 firme per il clima

Un accordo storico, da confermare in primavera: 1,5 gradi di aumento, 100 miliardi di dollari ai Paesi poveri, revisione ogni 5 anni dei piani nazionali. Il lento addio all’era di carbone, petrolio e gas
Cop21

In extremis, ma ce l’abbiamo fatta: l’accordo per ridurre al minimo l’aumento della temperatura del pianeta è stato firmato da 195 Paesi. Un forte segnale è stato lanciato dal summit di Parigi: inquinare non è più una negligenza, ma una colpa. Nazioni, aziende e cittadini hanno ormai capito molto chiaramente che è necessario disinvestire dai combustibili fossili. Il futuro è delle rinnovabili, che da sole rappresentano già quasi la metà della produzione elettrica (World Energy Outlook Eni).

 

Il documento finale riporta i 3 punti principali dell’accordo: si spera di riuscire a contenere l’aumento delle temperature entro 1,5 gradi nel 2020 (come chiedevano le piccole isole a rischio inondazione). I Paesi in via di sviluppo riceveranno 100 miliardi di dollari l’anno di aiuti, fino al 2020, poi si vedrà se si possono aumentare ulteriormente. I piani proposti dai singoli stati per ridurre le emissioni di CO2 saranno verificati ogni cinque anni. Si cercherà anche di arrivare al picco di emissioni il più presto possibile, per poi invertire la tendenza e cominciare a scendere.

 

Tutti contenti dunque? Non proprio. Chi vede il bicchiere mezzo vuoto sottolinea che l’accordo non è vincolante perché non ci sono obiettivi chiari, quantificabili, in cifre. Frasi come “il più presto possibile” significano l’impossibilità di verificare sul serio, e sanzionare, il comportamento degli stati. L’addio al carbone è troppo lungo, con conseguente inquinamento ancora per molti decenni. I controlli sull’applicazione dell’accordo sono complicati e comunque andrebbero fatti ogni anno, non ogni cinque, in modo da reagire velocemente ai cambiamenti climatici, e alle possibilità offerte dai continui sviluppi della tecnologia. La comunità internazionale avrà la forza per far rispettare gli accordi? A primavera i parlamenti nazionali convalideranno il trattato? Il rispetto degli accordi taglierà le prospettive di crescita delle economie dei Paesi ricchi e poveri?

 

Detto questo, il risultato è comunque storico. Se non altro perché mai si era vista così tanta mobilitazione, sia degli stati che degli organismi intermedi della società civile, per una causa a livello mondiale. È questa la vera speranza che arriva da Parigi: stiamo imparando che, dove non arrivano le singole nazioni e l’Onu, possono arrivare la mobilitazione della società civile e delle coscienze. Per questo dobbiamo ringraziare anche il papa, per il tempismo perfetto nell’emanazione dell’enciclica Laudato sii, che ha legato dissesto ambientale e ingiustizia sociale.

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