Un bicchiere di acqua fresca

Il vuoto lasciato dal dono fatto attira una pienezza maggiore, “traboccante”. Dio non si lascia mai vincere in generosità  
AP Photo/Gregory Bull

«Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa» (Mt 10, 42)

Chissà perché proprio un bicchiere d’acqua. Forse perché è proprio il minimo che si possa offrire a un ospite. Forse un bicchiere di vino sarebbe più adatto, ma a quei tempi non era alla portata di tutti. Un po’ d’acqua in un orcio non mancava mai. Un’ospitalità povera, essenziale, ma pur sempre un gesto di attenzione e di accoglienza.

E perché proprio un bicchiere d’acqua “fresca”? Una volta si diceva che era un ulteriore segno di delicatezza: in un Paese caldo, anche se hai soltanto un po’ d’acqua da offrire, che sia almeno fresca. Sembra invece che all’ospite si riservasse un bicchiere d’acqua riscaldata, che disseta di più. Il bicchiere d’acqua fresca indicherebbe davvero il minimo indispensabile, il dono di un povero, senza alcuna ricercatezza.

Come gesto del dono Gesù aveva additato una vedova che aveva gettato nel tesoro del tempio due spiccioli soltanto (Mc 12, 41-44), un’inezia, ma Dio guarda il cuore, non il portafoglio. Gesù, osservando il gesto della vedova, aveva valutato non l’ammontare della somma, ma il valore che essa aveva per lei: era tutto quanto possedeva per vivere, aveva dato la sua vita per Dio.

Nel bicchiere d’acqua come nei due spiccioli c’è la logica del dono. La nostra vita è un dono, ricevuto da Dio, dai genitori, e tutto quanto ci è attorno è un dono per noi, lasciatoci in eredità dai nostri padri e prima ancora nell’atto della creazione. Tutto abbiamo ricevuto e tutto riceviamo ogni momento. Se prendiamo coscienza di questa realtà non possiamo non rispondere al dono con il dono e fare della vita un dono per gli altri. Più che un atto di generosità è un atto dovuto di restituzione, di giustizia.

Il ricco Zaccheo darà la metà dei suoi beni, e sarà una cifra consistente, la vedova soltanto due spiccioli, e sarà tutta la sua vita. Forse potremo dare soltanto un bicchiere d’acqua fresca, un sorriso, un gesto di attenzione, di ascolto, di servizio, di disponibilità, di accoglienza… Tutti, anche il più povero, hanno qualcosa da dare.

Ed ecco scattare la promessa di Gesù: se diamo ne avremo una ricompensa. Vengono alla mente analoghe promesse di Gesù: «Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo…» (Lc 6, 38). A donare non si perde, non si rimane a mani vuole. Il vuoto lasciato dal dono fatto attira una pienezza maggiore, “traboccante”. Dio non si lascia mai vincere in generosità. Possediamo veramente soltanto quello che diamo.

Perché, potremmo chiederci, se doniamo agli altri è Dio a renderci cento volte tanto? Non doniamo mica a lui! A volte sperimentiamo che il dono fatto agli altri non porta con sé il contraccambio, anzi, a volte si può essere ricambiati con l’ingratitudine.

Il bello è che quanto facciamo agli altri Gesù lo ritiene fatto a sé, per questo è lui a mostrare gratitudine e a ricambiare con la generosità degna di un Dio. Subito prima di parlare del bicchiere d’acqua aveva detto: «Chi accoglie voi accoglie me… Chi accoglie un profeta perché un profeta, avrà la ricompensa del profeta…» (Mt 10, 40-41). Accogliere l’altro, donandogli anche solo un bicchiere d’acqua fresca, è accogliere Gesù; è a lui che diamo quel bicchiere d’acqua: tutto quanto facciamo a uno dei più piccoli, egli lo ritiene fatto a sé (cf. Mt 25, 40).

In questo caso Gesù si riferisce all’accoglienza dei discepoli da lui inviati ad annunciare il Vangelo. Il detto sul bicchiere d’acqua chiude infatti il lungo discorso che egli rivolge ai suoi missionari. Mi sembra particolarmente bello che le ultime parole siano indirizzate proprio a chi accoglie quanti hanno la grande missione di portare l’annuncio di salvezza. In questo modo anch’essi hanno la possibilità di partecipare all’opera dell’evangelizzazione.

Non soltanto accogliendo i missionari si accoglie Gesù e donando a loro si dona a Gesù, ma si riceve la loro stessa ricompensa: il frutto del loro ministero è anche nostro, siamo missionari con loro e come loro.

 

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