Un altro dramma

Nel capoluogo lombardo un nuovo episodio che richiama l'attenzione sulla presenza degli immigrati in città: un uomo originario del Mali si impicca su un pilone della ferrovia

Ancora la Stazione Centrale di Milano, e ancora gli immigrati protagonisti, dopo la manifestazione che la scorsa settimana ha visto sfilare fino a Palazzo Marino, con striscioni e cartelli, le associazioni che si battono per i diritti e i centri sociali, chiedendo all’amministrazione di condannare senza mezzi termini il blitz delle forze dell’ordine alla stazione contro i migranti. Ora un nuovo episodio. È stato trovato impiccato non lontano dal nuovo centro di accoglienza un cittadino di 31 anni, del Mali. Era da un anno e mezzo in Italia e si è suicidato appendendosi con un cappio a un pilone della ferrovia, davanti ai passanti. Le indagini hanno portato all’identificazione dell’uomo che si trovava in Italia da circa due anni, era in possesso di un regolare permesso di soggiorno per protezione internazionale, già concesso e in corso di rinnovo a Modena. Il giovane è stato visto mentre saliva sul muretto e poi si calava con la corda al collo. Per l’assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino «è una tragedia. Ma non sappiamo ancora nulla su di lui, non è sicuramente uno di quelli registrati in qualche centro comunale, non era conosciuto dai nostri operatori; adesso faranno controlli su impronte digitali e autopsia per capire chi sia e quali siano stati i suoi problemi. Un pensiero a questo cittadino senza dimora. E il bisogno di rafforzare ancora di più la rete degli interventi sociali. In questo Paese la priorità è assoluta».

Una preghiera di suffragio per lui è stata recitata durante la messa da don Giuliano Savina, nella chiesa di Santa Maria Goretti. «Per ora c’è solo da pregare in memoria di questa persona – dice il sacerdote – poi si dovrà riflettere sui drammi legati al fenomeno dell’immigrazione». È stata la prima di tre iniziative convocate dal cartello di organizzazioni che sosterranno la manifestazione “20 maggio senza muri”, idea lanciata dal Comune. «Ci saremo al corteo, ma con i nostri contenuti e senza nessuna indulgenza verso chi ha organizzato il rastrellamento alla Centrale e verso le leggi liberticide firmate da Minniti», dicono i manifestanti che hanno sfilato con striscioni con la scritta ‘No alle deportazioni, no ai rastrellamenti’. «Chiediamo una revoca della legge Bossi Fini – continuano – che di fatto impedisce l’ingresso legale dei migranti e li costringe alla clandestinità visto che le domande d’asilo vengono sistematicamente respinte».

Intanto le associazioni di volontariato per venerdì 13 maggio fanno sapere che organizzano una «rioccupazione pacifica» di piazza Duca d’Aosta, la piazza della stazione Centrale, «dopo il rastrellamento» della polizia contro i migranti e lanciano una proposta: anziché i rastrellamenti «considerare l’arrivo di queste nuove e nuovi cittadini non come un costo o un pericolo, ma come una grande opportunità per la società europea in crisi; occorre valorizzare le energie, la creatività e le legittime aspirazioni delle persone migranti anziché reprimerle e umiliarle: questo il pensiero che guida il nostro progetto. Il razzismo non si supera con i discorsi – aggiungono -, ma praticando solidarietà, e per questa via creando relazioni, conoscenza, incontro: non si tratta di una bella affermazione un po’ idealista, ma di una realtà sperimentata nelle nostre attività quotidiane di volontariato e di mutuo soccorso. Non riconosciamo la distinzione tra autoctoni e immigrati, tra regolari e irregolari, tra rifugiati e migranti economici, perché i problemi degli uni e degli altri non sono diversi e contrapposti ma collegati: i temi del lavoro, del reddito, della precarietà, dell’istruzione e formazione professionale, della casa, della salute, accomunano tutte e tutti, e non ammettono che soluzioni condivise». E domandano all’amministrazione comunale l’impegno formale e pubblico a non usare nessuno degli odiosi nuovi poteri conferiti ai sindaci dal decreto Minniti, l’obiettivo di 10mila posti nei centri Sprar (dieci volte quelli esistenti oggi a Milano), la disponibilità a far svolgere le domande di asilo presso gli uffici comunali invece che in prefettura.

 

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