Yemen, teatro di una guerra nella guerra

Gravi episodi di terrorismo e guerriglia stanno portando il Paese arabico alla guerra civile. La lotta tra sunniti e sciiti
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Un passo grave è stato compiuto la notte scorsa: l’Arabia Saudita, a capo di una coalizione di dieci Paesi arabi, ha bombardato l’aeroporto di Sana’a, capitale dello Yemen, Paese caduto nelle mani delle fazioni sciite da tempo in lotta con quelle sunnite (tra cui sempre più importante è stata la presenza di al-Qaeda, e da qualche settimana anche dell’Isis).

Nel mirino dell’Arabia Saudita e dei suoi alleati ci sono i ribelli sciiti houthi, che già da settembre controllano Sana’a e che nelle ultime settimana hanno marcato un’avanzata progressiva verso Aden, porto importante nel Sud del Paese. Nella città si è ormai rifugiato il presidente riconosciuto internazionalmente, il sunnita Abd-Rabbu Mansour Hadi. Ovviamente l’Iran, capofila dello sciismo nel mondo islamico, ha condannato l’intervento saudita.

La gravità della situazione è data dal fatto che in questo modo deflagra internazionalmente il conflitto tra sciiti e sunniti, già in atto in Siria, Libano, Iraq, Somalia, Pakistan… Nella già esacerbata conflittualità che pervade tutto il mondo musulmano, preoccupa grandemente l’eventualità di uno scontro dichiarato a livello mondiale tra le due principali “anime” del mondo musulmano.

Per capire la complessità della situazione può essere utile riprendere qualcosa delle principali differenze tra le sunniti e sciiti. Le divisioni risalgono alla morte del Profeta, nel 632, perché la maggioranza dei suoi seguaci, che oggi conosciamo come sunniti (l’80 per cento dei musulmani), pensavano che l’eredità religiosa e politica di Muhammad dovesse andare ad Abu Bakr, amico e padre della moglie. Una minoranza, oggi gli sciiti, credeva invece che il successore dovesse essere un consanguineo del profeta, Ali, suo cugino e genero. Il gruppo che riuscì a imporsi fu quello dei sunniti, anche se Ali governò per un periodo come quarto califfo. La divisione tra i due rami dell’Islam divenne ancora più forte nel 680, quando il figlio di Ali Hussein fu ucciso a Karbala dai soldati del governo del califfo sunnita. Da quel momento i governanti sunniti continuarono a occupare il potere politico, mentre gli sciiti facevano riferimento al loro imam. Tutti i musulmani sono d’accordo che Allah sia l’unico Dio, che Muhammad sia il suo messaggero e che ci siano cinque pilastri rituali. Mentre però i sunniti si basano molto sulla pratica del Profeta e sui suoi insegnamenti (la sunna), gli sciiti vedono le figure religiose degli ayatollah come riflessi di Dio sulla terra, e credono che il dodicesimo e ultimo imam discendente da Maometto sia nascosto e un giorno riapparirà per compiere la volontà divina. Ciò ha portato i sunniti ad accusare gli sciiti di eresia: tuttavia le due “parti” dell’Islam non hanno mai dato vita a una vera e propria guerra, anche se i conflitti locali sono attualmente numerosissimi, dal Pakistan allo Yemen, dall’Iraq al Sudan.

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