Yara: ora aiutaci tu

Il tragico epilogo della tredicenne di Brembate Sopra, in provincia di Bergamo, ci invita a riflettere
Yara Gambirasio

«Finché c’è vita c’è speranza», recita il proverbio popolare. E con la morte di Yara la speranza ha esalato l’ultimo respiro per sempre nel campo di sterpaglie a Chignolo d’Isola, dove la piccola tredicenne è stata ritrovata in avanzato stato di decomposizione. Dopo 92 giorni di ricerche capillari ed estenuanti che ci hanno tenuti sospesi su un esile filo di speranza si è così conclusa nel peggiore dei modi: un’ennesima tragedia italiana.

 

È difficile comprendere il dolore e lo strazio dei genitori, dei fratelli e della sorella, del piccolo centro del bergamasco, del Paese intero. Eppure dice il parroco di Brembate Sopra, don Corinno Scotti, che ha sempre accompagnato e sostenuto la famiglia Gambirasio «la speranza non finisce con la vita, c’è una speranza anche nella morte». È la speranza estrema di una vita che non termina con la morte.

 

«C’è il paradiso», ha detto. L’epilogo tragico di Yara non si è concluso, la sua vita, anche se in forma per noi misteriosa, continua. È la verità che resta che dovrebbe darci un po’ di pace mentre proseguono le indagini per trovare l’orco che non vive più solo nelle favole, per capire cosa è successo, per elaborare il lutto di una perdita insostituibile, per farsi le domande eterne del perché del male e del perché la società genera mostri capaci di uccidere con sei coltellate una tredicenne indifesa. Per lui, se verrà scoperto, resterà il carcere a vita.

 

Anche se «la vera condanna – spiega mons. Francesco Beschi, vescovo di Bergamo – non è quella degli uomini. E tantomeno quella di Dio. In chi sbaglia si apre sempre una fessura in cui si infila la coscienza che lo costringe a fare i conti con il male provocato». Su una porta della parrocchia è appesa una foto di Yara sorridente e la scritta: «Siamo smarriti. Aiutaci!». Ora aiutaci tu a comprendere, a perdonare, a sperare.

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