Vince l’Italia delle città

Segnali di sommovimento dell'elettorato. Sono i cittadini che questa volta hanno scelto, non i leader di partito. In libertà e nel rapporto con il candidato.
Elezioni comunali
Aria fresca dalle città. Dalla loro capacità di ribaltare pronostici, una boccata di vitalità democratica per l’asfittica politica che respiriamo ogni giorno. Nell’immediatezza del risultato elettorale, atteso e caricato all’inverosimile di un’impropria responsabilità nazionale, si può indugiare a capire cosa accadrà al governo, se Berlusconi terrà, se la Lega si smarcherà, se Vendola sarà il leader della sinistra… Si vedrà, posto che tutti, partiti e leader, hanno di che riflettere e fare autocritica.

 

Più importante è portare ad evidenza il dato virtuoso di queste elezioni. La competizione per il sindaco continua ad appassionare le città (forse un po’ meno quella per il consiglio comunale, un aspetto da approfondire non appena si avranno i dati sulle preferenze). La scelta del primo cittadino, destinato a diventare espressione viva della comunità che lo sceglie ed instaura un legame diretto con lui, questa volta forse più di altre ha risposto a logiche autenticamente politiche e partecipative. Di certo, più che altre volte, hanno scelto i cittadini invece che i leader e gli apparati di partito. Significa che possiamo dire addio al voto clientelare e alle sue cordate?

 

Ovvio che no, ma si percepisce la possibilità di dire quell’addio. Si può sperare. Ovunque, infatti, anche lì dove il pronostico si avvera, non è per destino. Segnali di sommovimento dell’elettorato si presentano ovunque: la maggioranza al governo del Paese che esce complessivamente con le ossa rotte; la lista Cinque stelle che, dove ha presentato un candidato credibile, ha sfondato; il Pd che si riscatta lì dove ha saputo radicare candidature e competizione nelle sue intenzioni più democratiche; l’esordio del terzo polo palesemente non in grado di mettere in crisi il maggioritario…

 

Tanta parte dell’elettorato ha scelto con libertà. Soprattutto, ha radicato la sua scelta nel rapporto con il candidato e nella sua capacità di dare speranza (si vedrà se bene o male riposta). Questo dice, in fondo in fondo, questo voto. Il comunista non pentito dal tratto gentile che conquista Milano (comunque vada il ballottaggio) così come l’ex pm che surclassa il candidato ufficiale del centrosinistra, assieme a una miriade di altri casi (Olbia, Arcore, Varese…) sono segnali che parlano di una logica “di città” e di rapporto candidato-elettori proprio là dove spot e manifesti non arrivano.

 

Una logica quindi positiva e non punitiva, di riappropriazione della autonomia e della responsabilità delle scelte. E questo, a colpo d’occhio, appare vero non solo per il Nord. Avremo tempo di verificare.

 

Come la mettiamo con l’astensione, che continua a crescere? Speriamo per il futuro: la ventata di novità può ridare speranza anche a chi è restato a casa pure stavolta. Alla fine, se proprio si vuole trarre un elemento di valenza nazionale, questo è la bocciatura della legge elettorale per eleggere il Parlamento, che impedisce la partecipazione e così uccide la politica. Si abbia il coraggio di cambiare.

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