Vescovi che credono nell’Oecumene

Note di viaggio di un testimone che ha vissuto l’intensa esperienza di Vescovi di varie Chiese e Riti, amici del Movimento dei Focolari.
Incontro ecumenico

In viaggio verso il Libano, 16 settembre

Sono appena tornato dalla Turchia e dalla Grecia ed eccomi di nuovo in viaggio, diretto in Libano e Siria. Non c’è pericolo che dimentichi che la vita è un viaggio! Speriamo che ricordi di trasformarla in un “santo viaggio”!

Questa sera a Fatka, una località vicino a Beirut, inizia il 27° Convegno ecumenico di Vescovi amici del Movimento dei Focolari. Un’esperienza che ha ormai una sua storia consolidata. 37 i Vescovi appartenenti alla Chiesa ortodossa, Chiesa siro-ortodossa , Comunione anglicana, Chiesa metodista, Chiese evangeliche luterane, Chiesa cattolica (rito latino, rito greco melkita, siro, rito maronita).

13 Chiese, 16 nazioni, dall’Islanda all’Australia. Che varietà! Speriamo che san Cipriano, di cui oggi è la festa, ci metta una buona parola, lui che ha tanto scritto e lavorato per l’unità della Chiesa. L’incontro si tiene in Libano per comprendere meglio la ricchezza delle Chiese orientali, per sostenerle nella loro difficile situazione politica e religiosa e per seguire, in questo anno paolino, le orme dell’Apostolo e conoscere i luoghi delle origini cristiane.

Fatka, 17 settembre

Dopo la preghiera, un Vescovo dopo l’altro presentano alcune delle Chiese orientali, a cominciare da quella maronita, greco cattolica (Melchiti), greco ortodossa, siro-ortodossa… Drammatica e accorata la presentazione della Chiesa greco ortodossa da parte del Vescovo Georges Abou Zakhem, metropolita di Homs in Siria. Fa sentire tutto il dolore che nasce dallo svuotamento del Medio Oriente da parte dei cristiani.

È in atto una diaspora costante verso il nord e sud America, l’Australia, l’Europa che porta ad una perdita di identità dei cristiani delle Chiese orientali e all’impoverimento di questa terra, nella quale il cristianesimo ha conosciuto le sue origini e uno sviluppo straordinario lungo la storia. La causa è politico-religiosa, prima ancora che economica. Si va via per mancanza di sicurezza e quindi di avvenire.

Alle 16.00 partenza con due pullman verso la residenza del Patriarca maronita, in località Bkerke, sulla montagna di fronte a quella dove ci troviamo per il convegno. Scendiamo verso sud, sulla litoranea, scortati dalla polizia (la sede del Patriarca è invece vigilata dai militari).

Il Patriarca, card. Pierre Nasrallah Sfeir, ci accoglie nella sua sede che, come tutte quelle dei Patriarchi e dei Vescovi, è un monastero. Nel salone di rappresentanza ci saluta ad uno ad uno (siamo un centinaio di persone tra Vescovi, traduttori, accompagnatori!). In ossequio alla tradizionale ospitalità orientale ci viene servito il caffè, mentre circolano vassoi di confetti… Le presentazioni e il colloquio sono semplici, fino a farci gustare la gioia dello stare insieme e riconoscersi fratelli.

Si riparte per salire ad Harissa, dove sorge il primo santuario mariano del Libano, costruito proprio 100 anni fa, frequentatissimo anche dai musulmani. Celebriamo la messa in rito maronita. Seguo in francese le bellissime preghiere del rito in lingua araba e siriaca. Mi colpisce soprattutto il serrato dialogo, tutto cantato, tra celebrante e popolo. Melodie modulate con andamento dolcissimo, che richiamano l’alternarsi del paesaggio libanese tra mare e monti.

Fatka, 18 settembre

La mattina inizia con la Parola di vita che i Vescovi vogliono vivere assieme: “Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male” (Lc 6, 27-28). Il commento che ne fa il Vescovo anglicano Robin Smith si conclude con il racconto dell’uccisione del sacerdote russo ortodosso Alexander Men il quale, alla donna che gli domanda chi lo aveva colpito a morte, risponde: “Io sono il colpevole!”.

Adesso è il momento di Joan Patricia Back, focolarina co-responsabile del “Centro Uno” dell’Opera di Maria che affronta il tema: “L’ecumenismo spirituale e la spiritualità di comunione”. Il Movimento ecumenico, spiega, ha compreso che per progredire ha bisogno di una spiritualità ecumenica. Il consenso è completo, come documenta citando il fronte ampio delle diverse Chiese. Ma cos’è una spiritualità? E quale spiritualità per la comunione? La “spiritualità dell’unità” sembra la risposta preparata dallo Spirito per questa necessità ecumenica, come appare anche dal confronto con il pensiero e gli scritti dal mondo ecumenico.

Un tema coinvolgente, che prende dentro tutti i presenti e risponde alle attese. La conversazione è corredata da una carrellata di esperienze concrete, semplici, ispirate dalla Parola di vita di oggi. Parlano: Caty, focolarina anglicana, Freddy, focolarino ortodosso venezuelano che vive in Siria, Mirvet, focolarina siro ortodossa.

Vivere la Parola di Dio giorno per giorno, sperimentarne i molteplici frutti, comunicarne la trasformazione che essa opera… È l’insegnamento di Chiara Lubich, oggi patrimonio vivo di tutta la Chiesa, di tutte le Chiese. È la prima volta che il Convegno ecumenico dei Vescovi amici del Focolare si svolge senza la sua presenza. Eppure questa volta, come nelle precedenti edizioni, ella è presentissima, con il video che racconta gli ultimi giorni della sua vita e della sua morte, con quello di una sua conversazione dei frutti della Parola. Ma è viva e presente soprattutto sui volti e nei cuori dei suoi figli e figlie che in questi giorni offrono il loro servizio in questo Convegno come traduttori, tecnici, segretari, accompagnatori, come sul volto e nei cuori dei Vescovi… La si avverte presente in mezzo a noi con il suo straordinario carisma d’unità.

In mattinata il dialogo tra le Chiese si allarga al dialogo delle Chiese, che adesso si presentano unite come “cristiani”, con l’Islam. Il Libano infatti, come diceva Giovanni Paolo II, non è solo un Paese, ma anche un "messaggio di dialogo fra popoli e religioni", avendo così tante realtà diverse: è un mosaico culturale. Siamo quindi diretti nuovamente a Beirut per incontrare lo Sceicco Vicepresidente del Consiglio superiore degli Shiiti del Paese, il Muftì sunnita, lo Sceicco supremo druso. Costeggiamo il mare. Da lontano si intravede il golfo di Byblos, una delle più antiche città del mondo, essendo stata abitata ininterrottamente per più di settemila anni.

L’incontro con i responsabili musulmani inizia con il Mufti sunnita. Ci saluta ad uno ad uno, senza però stringere la mano alle donne che sono con noi, rigorosamente velate. Discorsi ufficiali da ambo le parti, l’assicurazione da parte del Mufti che il Libano non ha nessun problema religioso, l’invito a lavorare uniti per la liberazione della Palestina, un piccolo regalo. L’ambiente si anima con un sincero applauso quando il Vescovo maronita del luogo si dichiara Vescovo dei maroniti e dei musulmani.

Poi il nostro gruppo si divide, un pullman dagli sciiti e uno dai drusi. Scelgo i “mistici” drusi. Viaggiare per la città è un’avventura. Nonostante la sirena spiegata della polizia, è difficile districarsi nel traffico. Sui muri di parecchi palazzi si vedono ancora le ferite della guerra. Forte la presenza militare con blindati, posti di guardia… Anche tutte le case dei capi religiosi sono sorvegliate dai militari. Mi colpisce un’insegna di McDonald’s scritta in arabo! Anche chi è antiamericano non può sfuggire alla Coca Cola e a McDonald’s.

Finalmente giungiamo al centro druso. La sala di accoglienza è sobria ed elegante. Lo sceicco ha un bellissimo volto e uno sguardo buono, dolce. Esprime tutta la sua ammirazione per Chiara Lubich, ricorda che siamo tutti figli di Dio, che egli ci ha creati perché vivessimo nell’amore… Si alza poi un altro membro della sua comunità e racconta l’esperienza con il Movimento dei Focolari al quale esprime una profonda gratitudine per il lavoro ecumenico e interreligioso che svolge. Così mi hanno detto gli altri più tardi, perché avevo dimenticato di portare la cuffia per le traduzioni e… non conosco ancora l’arabo.

Al di là delle parole sono colpito dal clima soprannaturale che si respira in sala e dalla figura dello sceicco. Alla fine egli chiede se qualcuno vuol dire qualcosa. Nessuno si muove, silenzio imbarazzante… Allora mi alzo e comunico quello che mi ha colpito in quei pochi momenti: il senso del soprannaturale, lo sguardo dello sceicco che esprime amore e pace… Benché l’incontro sia stato breve assicuro lo sceicco che egli rimarrà sempre nel mio cuore. “Anche tu nel mio”, conclude lo sceicco.

A sera l’incontro con la comunità del Movimento dei Focolari di Beirut. Canti, danze folkloristiche, esperienze, con la partecipazione di bambini, giovani, adulti… È la famiglia di Chiara che si esprime in tutta la sua ricchezza di vita. È una festa che ormai siamo abituati a vedere in tutte le parti del mondo, ma che qui ha un suo tono particolare. Ogni esperienza narrata durante la festa ha come sottofondo la tragedia della guerra, quella durata trent’anni, e quella che si riaccende di tempo in tempo e che si sente strisciante dietro ogni angolo. Un popolo che soffre continui sfollamenti, che vive nella tensione e nella paura. È quel crollo di tutto che mette in risalto l’unicità di Dio, quella incertezza che fa riporre ogni speranza nell’amore e nella provvidenza di Dio, la paura di perdere la vita che convince a dare la vita per i fratelli.

Fatka, 19 settembre

Il nuovo giorno inizia con la messa in rito bizantino, secondo la liturgia di Giovanni Crisostomo. Poi il primo incontro con la comunione delle esperienze sulla Parola di vita. Alle 9.30 accogliamo 18 Vescovi di varie Chiese presenti nel Libano. I Vescovi del Convegno spiegano ai loro fratelli venuti in visita il senso dei loro incontri.

Inizia il Vescovo anglicano David Murry dell’Australia. Viene da così lontano (32 ore di viaggio) a questo tipo di incontri, perché vuole essere segno di unità con tutti i Vescovi del mondo: “Quando torno in Australia dopo ogni Convegno li porto con me e nel mio cuore c’è la Chiesa universale”. In particolare l’esperienza in Libano gli risulta particolarmente preziosa: “Le difficoltà del popolo libanese fanno ormai parte della mia vita”.

Segue la testimonianza di un Vescovo evangelico luterano: “Noi Vescovi rischiamo di essere ripiegati sulla nostra diocesi e i suoi problemi. Questi incontri mi permettono di vivere una settimana in comunione con altri Vescovi così da allargare gli orizzonti, condividere esperienze e difficoltà”.

L’arcivescovo emerito siro ortodosso Jejjawi (“Molte benedizioni siano su di voi…”) ha vissuto 13 anni a Gerusalemme nella casa della mamma di Marco, il cenacolo, luogo d’incontro di Gesù e della comunità cristiana: “Quando sono andato a Loppiano ho visto il cenacolo della Chiesa di oggi. Come i discepoli si riunivano nel cenacolo anch’io, da quando ho conosciuto il Movimento, amo andare a Loppiano, e là dove si svolgono questi convegni, per incontrarmi con gli altri Vescovi nel cenacolo di oggi”.

Il Vescovo maronita di Tiro, Mons. Choucrallah-Nabil Hage, testimonia che, avvertendo di appartenere ad una minoranza piccola e sentendosi spesso solo, “la partecipazione al Movimento dei Focolari mi infonde molto coraggio, mi fa capire che quella delle armi non è l’unica forza, c’è la forza dello Spirito, dell’essere cristiani, apostoli dell’unità. Questo richiamo all’unità, tipico del Movimento dei Focolari, ci aiuta ad uscire dal nostro isolamento, ci rende forti nello Spirito, ci fa sentire sostenuti dalla preghiera di tutti i Vescovi”.

Il Vescovo greco ortodosso Evmenois Tamiolakis, che vive in Germania, inizia ricordando che qui rappresenta il Patriarca di Costantinopoli: “Partecipo a questi incontri per tre motivi. Primo: perché il Patriarcato ecumenico ha sempre avuto contatti con il Movimento dei Focolari, già dal tempo del Patriarca Athenagoras. Anche oggi il rapporto continua con il Patriarca Bartolomeo. C’è una profonda sintonia, perché lo spirito ecumenico del Patriarcato è lo stesso spirito ecumenico del Movimento dei Focolari.

Secondo: questi incontri sono stati iniziati da mons. Klaus Hemmerle, Vescovo di Aachen, che non era semplicemente un Vescovo, ma un grande Vescovo, ‘il’ Vescovo; era l’amore di Cristo vissuto. Mi sentivo obbligato a partecipare a questi incontri proprio grazie a lui e alla sua testimonianza.

Terzo motivo: il Movimento è un movimento di laici e questo per me è molto importante. Ognuno può partecipare a questo Movimento, senza andare contro la propria identità, senza negare la propria Chiesa o religione e i laici hanno bisogno di impulsi nuovi per poter vivere con forza la propria fede, affinché il mondo creda; il mondo non crede più ai noi chierici. I laici sono coloro che aiutano la Chiesa ad essere credibile nella nostra società.

C’è un ulteriore motivo che mi porta a partecipare a questi incontri. Qui l’amore lo si mette in pratica e se ne vedono i frutti. Ad esempio, quando vado a Praga lì ho una casa, perché c’è un fratello che vive lì”.

Il Metropolita Theophilose Kuriakose, siro-ortodosso dell’India, metropolita per la diocesi dell’Europa: “In questi incontri posso essere me stesso. Spesso, come Vescovi, non possiamo esprimerci per quello che veramente siamo o sentiamo. Qui invece, in questa comunione, trovo fratelli pronti ad ascoltarmi, pronti a darmi una mano. È proprio il segno dell’amore reciproco, del desiderio dell’unità; è il testamento di Gesù realizzato tra di noi. L’unità per noi non è uniformità e nonostante la diversità sperimentiamo la sua realtà visibile”.

Si è creato un clima di ascolto profondo. Contribuisce anche la pace che sa infondere mons. Armando Bortolaso, Vescovo emerito di Aleppo in Siria, a cui è affidata la conduzione di questo momento di dialogo.

Pomeriggio. Lasciamo Beirut per inoltrarci sulle montagne, i luoghi dove i cristiani da secoli hanno imparato a ritirarsi per essere più sicuri. È una montagna bella di rocce nude e di pinete. Sui mille metri tornano a farsi vedere i paesi. Molte case sono nuove, perché anche qui è arrivata la distruzione e gli eccidi della guerra. La geografia è scandita dalla religione: questa è zona drusa, questa zona cristiana, questa sciita…

Al monastero greco-ortodosso di Deir el Harf l’abate Archimandrita Elias Morcos, anziano, ci accoglie in una sala tappezzata di icone e con un fil di voce ci parla di cose spirituali: l’umiltà, la misericordia, l’uomo nuovo… “Amiamo il Movimento dei Focolari da tanto tempo!… Fin dagli inizi degli anni ‘40 lo Spirito Santo ha soffiato in Italia con Chiara Lubich con il suo carisma straordinario”. Tre, a suo avviso, i grandi eventi del 1900: la nascita nel 1942 del Movimento giovanile ortodosso (Mouvement Jeunesse Orthodoxe), che tra l’altro ha rinnovato il monachesimo ortodosso; l’esperienza di El Meskin che ha rinnovato il monachesimo egiziano; la presenza di Chiara Lubich. Nella piccola e bella chiesa i monaci cantano i vespri.

Di nuovo in viaggio verso il seminario armeno, dove in questi giorni si trova S.S. Aram I, Catholicos armeno-apostolico di Cilicia. Il Catholicos è una grande personalità ecumenica, grande estimatore di Chiara e del Movimento. Per un’ora ci fa spaziare sui problemi ecumenici (“La Chiesa è sempre Una, anche se molteplici sono le sue manifestazioni ed espressioni”), la realtà religiosa e politica del Libano (“Il Libano non sarebbe il Libano senza la convivenza di cristiani e musulmani, perderebbe la sua identità”), la storia e la vita della sua Chiesa fatta di morte e risurrezione.

La Chiesa armena appare dinamica, forgiata dalla persecuzione e dal genocidio, piena di speranze pur in mezzo alle difficoltà. In questa, come nelle altre Chiese orientali, l’identità di popolo e la religione sono un tutt’uno. Le 18 comunità religiose del Libano sono anche entità civili e politiche, soggetti di diritti e di doveri. La vita di ogni individuo è regolata dal diritto che vige all’interno di ognuna delle comunità.

Ne consegue lo strettissimo legame tra tradizione religiosa, identità sociale e politica, ed anche il ruolo che giocano i capi religiosi. Patriarchi e Vescovi sono veri padri del popolo, una cosa sola con la gente. Questo spiega perché, anche in diaspora, i fedeli restano legati tra di loro attorno alla Chiesa e ai Vescovi che li seguono là dove loro vanno. Si capisce meglio anche il dramma di queste Chiese che si vedono disperse: 4 milioni di libanesi in Libano e 10 fuori del Libano!

In viaggio verso la Siria, 20 settembre

Siamo in viaggio per raggiungere la Siria, sempre scortati dai nostri “arcangeli Michele” in tute mimetiche. Saliamo sulla catena del Libano che supera i 3000 metri. Noi siamo arrivati a 1.600 metri. Terminate le pinete, i monti si fanno pietrosi e brulli. Appena inizia la discesa verso la valle della Bekaa, incontriamo la città di Zahle, dispersa sulle montagne.

Ci fermiamo al santuario della Madonna, dove ci attendono i Vescovi della città o loro rappresentanti (ortodossa, siro-ortodossa, armena e cattolici di 2 riti). Preghiamo insieme con loro. Si incontrano una volta al mese e tra loro c’è una profondissima comunione. Con loro ci attende un bel gruppo di donne, della comunità del Movimento, che ci hanno preparato dolcetti e bibite…

Dovevano essere così le pie donne al tempo di Gesù, quando accudivano a lui e ai suoi discepoli, e non erano certamente più premurose di queste nei nostri confronti. In tutta la città e nei villaggi dintorno ci sono tanti gruppi molto vivi della Parola di vita, impegnati anche nel sociale.

Attraversata la valle e la frontiera, affrontiamo il deserto siriano: monti e colli sassosi, villaggi assediati da rocce e sassi. Anche l’ambiente umano sembra diverso, le auto, le case, le donne velate…

Damasco

Finalmente Damasco. Scendiamo proprio davanti alla Porta orientale, da dove inizia la “via dritta”, indicata da Gesù ad Anania, perché trovasse il luogo dove san Paolo si era ritirato dopo l’illuminazione. Anche noi passiamo per quella la porta e percorriamo quella strada, con emozione.

Sulla strada la sede e la cattedrale di Sua Beatitudine Ignace IV Hazim, Patriarca greco-ortodosso d’Antiochia e di tutto l’Oriente. In sua assenza ci accoglie il Vescovo, suo vicario, assieme ad altri Vescovi. Nel saluto richiama la forte fede nell’incarnazione di Dio: “La Parola si fa vita”. Di qui l’ispirazione per la sua Chiesa e tradurre il Vangelo in vita, in opere concrete.

Riprendiamo la “via dritta” e tralasciando altre sedi episcopali e Patriarcali (sono 10 qui a Damasco!), giungiamo da Sua Beatitudine Grégoire III Laham, Patriarca d’Antiochia dei greco-melchiti cattolici. Ci accoglie sulla piazza della cattedrale con grande affabilità, circondato da un nugolo di Vescovi dei dintorni giunti apposta per accoglierci. Anche noi siamo un popolo, con la nostra gente che ormai ci segue ovunque. Nella basilica ricorda che questa è la città di Paolo: “Tarso è la città della sua nascita umana, Damasco della sua nascita alla fede, Roma della sua nascita al cielo”.

Damasco, 21 settembre

Il primo sole illumina un paesaggio d’incanto, nitidissimo: il deserto. Monti e colli aridi, rocce nude, case lontane, perdute nel silenzio. Sulla cima della montagna vicina, un antico monastero. Accanto al nostro alloggio, una chiesa in grandi pietre squadrate costruita su precedenti rovine.

Passiamo la mattinata al Patriarcato siro-ortodosso di Antiochia, fuori Damasco. Costruzioni moderne che comprendono la sede Patriarcale, la chiesa, il seminario, la casa delle suore, un ostello per i giovani… È domenica. La liturgia è solenne completamente cantata e molto partecipata. Si usa l’anafora di Giacomo, fratello del Signore. Le donne sono sulla destra, col velo di pizzo, gli uomini alla sinistra. La lingua liturgica è quella siriaca, erede diretta, con il rito caldeo, dell’aramaico, la lingua di Gesù.

Scendiamo quindi nel salone Patriarcale, dove Sua Beatitudine Mor Ignatius Zakka I Iwas, rivolge a tutti parole di sapienza: “Il mio cuore è pieno di gioia per la vostra visita. Vedo che lo Spirito Santo sta lavorando tra noi tutti come ha lavorato nella fondatrice di questo Movimento benedetto. È la prima volta che vedo così tanti responsabili di Chiese. La Chiesa è una. Vi sono tante culture, tanti riti, tante espressioni, tante tradizioni ma la Chiesa è una e chi ci unisce tra di noi è Cristo stesso, che è Dio, che è l’amore. L’unità non può esserci senza l’amore, c’è solo con l’amore. Se noi come clero tendiamo a questa unità essa non sarà solo per noi, ma per tutto il popolo.

Io vedo nel vostro Movimento che il popolo lavora nella carità, con la carità, e per l’unità. Noi diciamo beata questa donna, Chiara, che ha cominciato questo Movimento. Vediamo che il suo lavoro è proprio il lavoro dello stesso Spirito Santo. Questo Movimento è veramente molto benedetto, perché viene dall’opera dello Spirito Santo e la fondatrice era spinta, ispirata dallo Spirito Santo.

L’opera del vostro Movimento è un’opera benedetta, perché raduna varie Chiese in questo ambito intorno a Cristo stesso. È un’opera benedetta, perché è opera di Maria, è amore di Maria. Con l’intercessione di Maria, la benedizione di Maria e di Nostro Signore, questo Movimento si diffonda in tutto il mondo e possa dare i frutti dello Spirito e questi frutti speriamo diano modo all’unità di realizzarsi”.

Il pomeriggio è dedicato a san Paolo. La casa di Anania, le mura della città, in particolare il luogo nel quale la tradizione vuole che Paolo sia stato calato nella cesta. Infine, alla chiesa della memoria di Paolo, nella periferia di Damasco. Lì, su un tratto dell’antica “via regia” che conduceva in Palestina, la tradizione indica il luogo della conversione di Paolo. Nell’anfiteatro costruito attorno alla “memoria” ci accoglie la comunità del Movimento, venuta da tutta la Siria, nella quale spiccano tanti giovani.

Siamo al momento culmine del Convegno: il “patto d’unità” tra i Vescovi con la promessa del costante amore reciproco. Una liturgia semplice e toccante: la lettura dell’inno alla carità di Paolo in aramaico, greco, inglese, francese; la recita del credo Niceno-Costantinopolitano nell’originale greco; la formula del patto, l’abbraccio fraterno…

Sidone e Tiro, 22 settembre

All’inizio della mattinata svolgo una conversazione sul tema “La Parola di Dio luogo d’incontro ecumenico”, mostrando le ricchezze che si celano nelle nostre tradizioni cristiane riguardo alla Sacra Scrittura; degli accenni soltanto, per accendere il desiderio di una comunione e di una conoscenza più profonde della centralità che essa tiene nelle nostre Chiese. Al termine il Vescovo Christian Krause, già presidente della Federazione Mondiale Luterana (è lui che ha firmato la dichiarazione comune sulla dottrina della giustificazione con la Chiesa cattolica), mi ha detto: “Un tema pienamente luterano e quindi pienamente cattolico”.

Ci mettiamo nuovamente in viaggio verso Sidone e Tiro, luoghi di grandi risonanze bibliche. I libanesi ci tengono a ricordare che questa è una terra biblica. Da qui sono partiti i cedri del Libano e i tecnici per la costruzione del tempio di Gerusalemme. Il profeta Isaia fu accolto in questa terra dalla vedova di Serepta. Gesù ha guarito la figlia della sirofenicia a Saïda. Gesù diede le chiavi a Pietro in Libano, a Cesarea di Filippo, identificata con l’odierna Marjaayoun. La trasfigurazione sarebbe avvenuta sul monte Hermon. Tommaso predicò il Vangelo a Tiro. San Paolo passò una settimana a Tiro e andando verso Roma visitò i suoi amici a Sidone, l’odierna Saïda.

Ed è proprio a Saïda che siamo diretti, precisamente al Santuario di Maghdouché, della Madonna di Mannara (ossia dell’attesa; attendeva l’arrivo di Gesù che andava a predicare a Saïda).

Ad accoglierci, il Vescovo greco cattolico emerito Georges Kwaïter che fa parte del nostro gruppo, assieme al nuovo Vescovo, giovane. Ci accoglie anche un bel numero di militari che presidia la chiesa e un festoso gruppo di bambini che ci regala una simpatica coreografia. Poi nella grotta della Madonna dell’attesa… Sarà vero non sarà vero, ma siamo lo stesso in un luogo santo. Le chiedo che mi aiuti ad attendere sempre la venuta di Gesù, quella di ogni momento e quella dell’ultimo momento, come lei l’attendeva.

Ancora a sud… e il sud del Libano è come quello di tutti i Paesi… Bananeti, palme di datteri, aranci… e mare, mare, mare. Si intensifica anche la presenza militare sulle strade.

A Tito visita agli scavi del periodo romano e bizantino ed ai resti del porto antico dove Paolo, secondo gli Atti, sarebbe sbarcato trovando con gioia una comunità cristiana e rimanendo una settimana.

Sono le 14.30 quando giungiamo alla cattedrale, ricostruita più volte sulla prima basilica della cristianità, risalente al 314. Anche qui ci accolgono i rappresentanti della Chiese del luogo ortodossa, evangelica e cattolica. Durante il pranzo il sindaco ci fa omaggio di una sua pubblicazione sulla città di Tiro.

È ormai tempo di concludere questo straordinario Convegno. A sera, di ritorno a Notre Dame du Mont, la casa di accoglienza del Convegno, l’ultima “comunione d’anima” tra i Vescovi, la condivisione delle loro impressioni.

I giorni passati assieme acutizzano il desiderio di accelerare i tempi dell’unità e dell’unico calice. Il “patto d’unità” è rimasto in tutti come un punto di non-ritorno, il momento culmine dell’incontro, ed ha lasciato una gioia pentecostale.

Il dottor Irme Szebik, vescovo luterano dell’Ungheria, ricorda in particolare la professato di fede recitata nella lingua greca: “una esperienza unica e indimenticabile. È stato detto che la luce viene dall’Oriente e il diritto dall’Occidente. È importante la luce! Abbiamo tanto imparato dalle Chiese orientali. Il problema dell’unità della Chiesa è stato monopolizzata dalla dottrina; qui abbiamo sperimentato che si può vivere tanta unità nell’amore. Ci vuole anche la dottrina, ma è importante che ci sia l’amore tra i cristiani e tra le Chiese”.

Ogni realtà vissuta in questi giorni ha lasciato tracce profonde. “Quello che mi ha travolto – ha detto il Vescovo Christian Krause – è stato vedere fratelli e sorelle nelle varie Chiese e vedere in Libano un modello di dialogo. Mi ha colpito l’incontro con le autorità islamiche. È importante arrivare a un dialogo vero, per garantire un futuro che abbiamo tutti in comune. Nel Libano abbiamo un modello in cui vedo una grande speranza per il futuro. Dovremo riflettere in proposito: come portare questa esperienza in Europa e negli Usa, per fortificare l’unità fra quanti credono. Mi sento ispirato ad ulteriori riflessioni ed esperienze”.

Il Vescovo della Chiesa luterana della Danimarca, Holger Jepsen, esprime la gioia per aver fatto “un’esperienza di unità nella diversità. È stato meraviglioso vedere la varietà delle presenze cristiane: è la ricchezza del Vangelo”.

Il Vescovo evangelico luterano, Heinrich Herrmanns, ritiene pienamente raggiunti gli scopi del Convegno: “Il primo: vedere le varie situazioni dei nostri fratelli del Medio Oriente; pensavo che sarebbe stata una pura formalità, invece sono stati incontri che partivano dal cuore, abbiamo visto tante situazioni di vita… Poi la gioia di trovarmi sulle tracce dell’apostolo Paolo, l’intellettuale del Nuovo Testamento. Questi giorni mi hanno aiutato ad un approccio più esistenziale alla sua figura. Mi hanno impressionato molto i giovani, specialmente quelli che erano con noi ieri al momento del patto: mi danno una grande speranza”.

È la speranza con la quale anch’io termino questo viaggio: la speranza di una Chiesa presto unita, capace di testimoniare con nuova intensità ed efficacia il Vangelo al mondo intero.

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