Il Veneto non arretra: proroga al 2019 per l’obbligo vaccinale

La Regione, basandosi sull’incongruenza tra due commi del decreto Lorenzin, rinvia di un anno la scadenza per mettersi in regola con i vaccini necessari all’iscrizione a scuola. E il braccio di ferro con il governo prosegue

Continua il braccio di ferro tra Regione Veneto e Ministero della Salute sull’obbligo vaccinale. Dopo che il governatore Luca Zaia ha fatto e mantenuto la promessa di fare ricorso alla Consulta contro il decreto, con relativa richiesta di sospensiva, ora un decreto regionale emanato dal direttore dell’Area Sanità e Sociale Domenico Mantoan sancisce che i bambini non vaccinati potranno comunque iscriversi alla scuole d’infanzia, non solo per quest’anno scolastico, ma anche per il prossimo. Slitta così di fatto al 2019 l’effettiva entrata in vigore dell’obbligo.

Luca Zaia
Luca Zaia

Su quali basi la Regione Veneto ha compiuto quest’altro passo? Secondo i tecnici della Regione, ci sarebbe «una vistosa incongruenza» tra l’articolo 3, comma 3, secondo cui «per i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie, la presentazione della documentazione costituisce requisito di accesso»; e l’articolo 3 bis, comma 5, in cui si legge invece che «per i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie, la mancata presentazione della documentazione nei termini previsti comporta la decadenza dall’iscrizione», ma solo a partire dall’anno scolastico 2019/2020.

Di qui dunque l’interpretazione secondo cui è possibile rinviare il tutto di un altro anno – cosa che comunque non risparmierà ai genitori la segnalazione da parte della scuola e l’invito da parte dell’Usl a presentarsi per il vaccino, nonché la sanzione da 100 a 500 euro in caso di rifiuto.

Già, ma allora che devono fare i genitori? Quale delle due normative prevale? Il decreto governativo con relative norme attuative, che fissa la scadenza per la presentazione della documentazione a prova degli avvenuti vaccini a marzo 2018, o quello regionale? La Regione non ha dubbi: «La competenza sanitaria, specie per quel che attiene la declinazione sul territorio delle norme generali nazionali, è nostra».

ministro-della-salute-beatrice-lorenzin-foto-ansaAltrettanto lapidaria la ministra Lorenzin che ribadisce il divieto di rimanere a scuola oltre tale data senza essere vaccinati sancito a livello nazionale. Lorenzin assicura che: «Reagiremo in tutti i modi, perché è in gioco la salute dei cittadini veneti. Gli amministratori devono sapere che si stanno esponendo a gravi responsabilità».

Fuor di politica, Sandro De Nardi, professore di diritto pubblico dell’università di Padova, ha spiegato al Corriere del Veneto: «Ad un genitore consiglierei di attendere che le acque, obiettivamente torbide dal punto di vista normativo, si chiariscano. Il decreto regionale, infatti, si limita a sposare un’interpretazione della legge Lorenzin; e la Regione stessa dichiara di essere in attesa di eventuali chiarimenti interpretativi da parte del ministero e si dice disposta ad adeguarsi prontamente. Del resto, se non lo facesse il governo potrebbe ricorrere alla Consulta chiedendo che sospenda in via d’urgenza, per gravi ragioni, l’efficacia del decreto».

Sul fronte medico invece Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità ribadisce: «La legge va applicata quanto prima per proteggere migliaia di bambini, soprattutto alla vigilia dell’inverno, la stagione più a rischio per le infezioni, e per tutelare i piccoli che non possono vaccinarsi. Qualsiasi provvedimento contrario mette a repentaglio migliaia di vite».

Il Veneto, che inizialmente aveva raccolto il sostegno di altre regioni come Lombardia e Liguria nella battaglia contro il decreto Lorenzin, è però isolato nel compiere questo ulteriore passo.

Intanto il governo starebbe studiando le contromisure: le strade percorribili sono quelle di un ricorso al Tar per chiedere la sospensione del decreto emanato in Veneto, o addirittura un commissariamento della Regione motivato dal rischio per la salute. Ipotesi certo audace e, si dirà, di improbabile applicazione; ma una vicenda che sinora non ha risparmiato i colpi di scena, pare non ci sia più da meravigliarsi di nulla.

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