Un’Italia che premia giovani e talento

Perché il 2-0 rifilato dalla nazionale italiana alla Finlandia restituisce prospettive di qualità e bel gioco a un movimento calcistico affetto da grave sterilità di cura dei propri vivai giovanili. Tra giovani talentuosi e nuove certezze, azzurri domani di nuovo in campo contro il Liechtenstein
Moise Kean

In attesa di tornare in campo domani sera contro il Liechtenstein, secondo il calendario delle qualificazioni agli Europei di calcio 2020, il 2-0 rifilato sabato sera alla Finlandia nell’ambito delle restituisce un’immagine del nostro Paese su cui riflettere, non essendo certo un esordio ma un’altra conferma nei mesi di gestione del gruppo azzurro da parte di mister Roberto Mancini. Esiste un’Italia che non guarda ai nomi ma al talento, non alla rendita del blasone ma, con fiducia e un pizzico di coraggio oltre il calcolo a breve termine, al dinamismo e all’entusiasmo dei giovani migliori. Non guarda alle origini, al Dna o ai colori della pelle ma alla forza e all’ambizione di crescere: è la nuova selezione azzurra firmata dal tecnico di Jesi, che dopo la sfida di domani sera riprenderà il suo percorso l’8 giugno contro la Grecia e tre giorni dopo contro la Bosnia.

Il tricolore pallonaro può tracciare nuovi orizzonti di speranza dopo il sereno sabato sera del 2-0 allo stadio Friuli di Udine, il quale ha concesso uno spettacolo probabilmente non spumeggiante, ma corroborato soprattutto dalla certezza di una prospettiva rosea per un gruppo di giovani azzurri finalmente promettente e assortito, dopo più di un decennio di sterilità dei nostri vivai sul piano della qualità. Se a realizzare il vantaggio azzurro, diventando il più giovane goleador azzurro della storia del Cagliari (classe ’97), è stato ad esempio il capitano simbolo dei sardi, Nicolò Barella, a raddoppiare, a un quarto d’ora dalla fine, è stato un “millennial”, Moise Kean, classe 2000, secondo marcatore in assoluto più giovane della nazionale, precedendo un mostro sacro come Rivera.

Premiata una linea verde che mister Mancini ripropone ormai con un identitario 4-3-3 che punta sul possesso palla e sul pressing dinamico a tutto campo fin dalle prime battute. Ha scelto in questo caso dall’inizio Kean come ala destra in avanti insieme allo stesso Immobile e Federico Bernardeschi (classe ’94), in attesa di ritrovare la già apprezzatissima qualità di Lorenzo Insigne, capitano ed emblema del calcio partenopeo classe ‘91, e Federico Chiesa (classe ’97), un altro giovane già simbolo nonché vicecapitano della Fiorentina.

Per restare al reparto offensivo, interessanti le note fornite dal finale di gara, impreziosito dal ritorno in azzurro, tanto insperato quanto strameritato, dopo ben otto anni e mezzo, di Fabio Quagliarella: tutt’altro che giovanotto, con i suoi 36 anni, ma più che applaudito in virtù non solo di due anni pieni di gol e grandi giocate mai dimenticati con la maglia dell’Udinese dal pubblico locale, ma soprattutto per i suo sontuosi 21 gol di capocannoniere della Serie A italiana. Spazio infine anche per Nicolò Zaniolo, altro classe 2000 titolare nella Roma giallorossa e grande promessa della trequarti azzurra, senza dimenticare l’eterna promessa ancora mai realizzata di Mario Balotelli, tallonato da centravanti di tutto rispetto della nostra serie A come Leonardo Pavoletti (Cagliari) e Andrea Belotti (classe ’93, al Torino).

In difesa, registriamo un’altra interessante scommessa del tecnico, dato il forfait di un altro simbolo romano, Alessandro Florenzi, che riguarda il terzino destro Cristiano Piccini, classe ‘92 in forza al Valencia nella Liga spagnola: sabato ha completato la retroguardia a quattro con Cristiano Biraghi, terzino sinistro classe ‘92 il cui attuale rincalzo si chiama Leonardo Spinazzola (classe ‘93 sontuoso al debutto con la Juve in Champions contro l’Atletico Madrid), e con i totem Chiellini e Bonucci, davanti a Gigio Donnarumma (classe ’99). Da valutare con altrettanto interesse il rendimento di giovani centrali di difesa sfornati dal preziosissimo vivaio atalantino come Caldara e Mancini, ma anche Romagnoli e Rugani: avranno più di un anno per convincere di meritare un posto per la spedizione agli Europei 2020.

Confermato e decisivo il centrocampo che, oltre a Barella, ha riproposto il fine palleggio tra Jorginho e Verratti, capaci di dettare tempi cui la Finlandia ha faticato come altre compagini ad abituarsi: anche in questo reparto, non mancano alternative di tutto rispetto, come Lorenzo Pellegrini (classe ’96) e Stefano Sensi (classe ’95). Una serata insomma da ricordare per tante ragioni, che lascia intravedere finalmente un cielo azzurro sui tanti teatri del calcio internazionale del futuro: un modello di selezione e approccio, quello dettato da mister Mancini, che forse il nostro paese dovrebbe tentare di adottare ben oltre lo sport.

 

 

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