Unità nonostante la crisi

Giovanni Paolo II salutava l’introduzione dell’euro come «una tappa decisiva nella lunga storia del continente», strumento per la tanto auspicata unità dell’Europa. Eravamo nel gennaio del 2001.
Simbolo dell'euro

Giovanni Paolo II salutava l’introduzione dell’euro come «una tappa decisiva nella lunga storia del continente», strumento per la tanto auspicata unità dell’Europa. Eravamo nel gennaio del 2001. Oggi la sua crisi, il debito pubblico e le incertezze sulla stabilità dei Paesi dell’area non hanno forse incrinato quella visione?

 

Una dichiarazione del 12 gennaio scorso dei vescovi europei chiede un’azione comune nel timore che insieme alla moneta comune possa dissolversi il cammino sin qui voluto dagli europei, spegnendo «il cuore dell’opera di unificazione». L’euro doveva prevenire la svalutazione delle monete nazionali e abbandonarlo, distruggendo l’unione monetaria, metterebbe in crisi quanto acquisito con il mercato comune che, nonostante i limiti, è servito a dare stabilità e a favorire una crescita economica anche per i Paesi che gradualmente si sono aggregati all’integrazione.

 

Un processo difficilmente arrestabile, poiché condiziona non solo scelte strettamente economiche, ma la dimensione e il vivere sociale di oltre 500 milioni di persone, le loro istituzioni nazionali, le leggi. I vescovi, guardando la situazione di instabilità, indicano che la sola responsabilità non basta: occorre una concreta solidarietà. Fatta di scelte, di regolamentazione per giungere a un’economia sociale di mercato, fondata sulla giustizia e sul comandamento della carità, ben oltre la sola dimensione tecnico-economica.

 

È necessaria un’etica delle istituzioni e della virtù. Un’azione non solo libera e gratuita, ma anche regolata per determinare coesione sociale, eliminando tasse e imposte per ridurre il debito, e garantire i servizi essenziali, la protezione sociale e una giustizia partecipativa per coloro che sono nel bisogno, partendo dai giovani e dalla famiglia. Il metodo è la “sobrietà” nei consumi e nell’uso dei beni che concorre alla salvaguardia del creato.

 

Tutto questo, pertanto, non potrà limitarsi alla frontiera comune o ai confini geografici dell’Europa, ma dovrà essere quel segno di unità per il mondo intero che sin dalla prima ispirazione guida gli obiettivi e le finalità dell’Unione europea.

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