Una tragedia davvero inevitabile?

La vita all’interno dei campi nomadi è sempre precaria, talvolta ci lascia indifferenti, sempre più spesso è motivo di intolleranza. Il disagio di un cittadino
Campo nomadi

Roma. Muoiono 4 bambini carbonizzati in una baraccopoli: Eldeban, Sebastian, Raul e Elena Patrizia di 3 5, 7 e 11 anni. Non riesco proprio ad assuefarmi a notizie tali. A me vengono solo domande. E’ importante, ai fini del dolore che avverto nella mia pelle, aggiungere alla condizione di bambini il fatto che sono Rom? Può esistere una baraccopoli in via Appia, la strada statale n.1, di fronte al Circolo Acquasanta e per coloro che non lo sanno, sede di un prestigioso Golf Club, tra l’indifferenza generale e i soli inascoltati allarmi dei residenti? Possiamo definire una ricorrenza che si registra spesso, senza date specifiche, come una tragedia evitabile? Si può affrontare l’annoso problema nomadi come solo questione di ordine pubblico, seppur importante, e non come attenzione alle persone, con le loro condizioni, spesso difficili per una serie infiniti di ragioni? Risolve qualcosa addossare la colpa ad altri, che spesso sono invisibili, quando la galoppante indifferenza divora sempre più il senso di fraternità, eredità e Dna dell’Eterno in ciascuno di noi?

 

Questa folla di pensieri alberga in me dal momento in cui il passaggio tra alba e luce mi porta alla fermata della metro. Pensavo al freddo che si può provare in una baracca di plastica e legno che porta, in assenza d’altro ad accendere del fuoco, penso alla lapidazione morale a cui saranno sottoposti i genitori dei 4 bambini che, mentre avveniva la tragedia, erano a comprare la cena ad un vicino fast food di una famosa catena. Personalmente non mi interessa analizzare il grado della loro responsabilità perché, se esiste ed è anche grande, è diluita in quello della responsabilità sociale più grande ancora. Ma si possono ancora usare parole come “campi nomadi”, “campi abusivi”, “intolleranza”, “integrazione”, ecc.? Pare proprio di sì ed anzi in alcuni momenti, in cui si invoca “tolleranza zero”, (ma poi che cos’è?) pare che queste parole siano ancor più evidenti.

 

La sociologa Elena dell’Agnese usa un’espressione singolare: le popolazioni rom sono una “galassia di minoranze”, non possiedono una stessa storia, né tantomeno condividono una cultura fortemente omogenea, né un’unica religione. E’ difficile stimare quante persone appartengano a questa galassia di minoranze. Si parla di circa 12/15 milioni di persone in tutto il mondo, di cui la maggior parte vive in Europa con circa il 60% nei paesi dell’Est ed il 20% in Spagna e Francia.

La studiosa sostiene che i rom sono un «mosaico di frammenti etnici». Non sono una minoranza “territoriale”, ma una “minoranza diffusa” e dispersa. E tutto questo, aggiunto all’incomunicabilità con queste popolazioni che porta a intolleranze di ogni genere, conduce al pericoloso segnale di un trattamento differenziale dei rom rispetto agli altri cittadini, come afferma un altro sociologo, Tommaso Vitale, ovvero un trattamento amministrativo per cui non valgono gli standard fissati per gli altri cittadini.

 

Intanto sulla vicenda è intervenuto il cardinale vicario di Roma Agostino Vallini profondamente turbato per le morti dei piccoli avvenute proprio a conclusione della Giornata per la vita. Esprimendo il cordoglio della comunità cristiana ha ribadito: «Incoraggio le autorità a proseguire nell’impegno intrapreso a realizzare campi attrezzati dove siano assicurate ai nomadi condizioni di vita dignitose e sicure, procedendo gradualmente ad un inserimento sociale che faccia superare la realtà dei campi». Critiche sono piovute sull’amministrazione da parte di varie associazioni a difesa dei bambini e dei rom che hanno denunciato l’inadeguatezza del Piano nomadi presentato dal Comune.

 

In queste ore si continuerà a parlare e si parlerà a lungo, cercando di ottenere poteri o interventi “speciali”, si tornerà a parlare di quale insediamento urbano poco visibile e soprattutto lontano da casa mia verrà trovato per i “campi autorizzati” (ma voi ci vivreste in un campo seppur autorizzato?).Ed in queste ore, spero che per i quattro bambini ci siano altri sogni, senza paura del freddo o del fuoco e senza autorizzazione ad essere “comune umanità”.

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