Un voto per l’Europa

Il 58 per cento dei turchi ha votato a favore di una profonda revisione della Carta costituzionale.
Primo ministro turco

Le polemiche non si sono ancora sopite, in Turchia e in Europa: il risultato favorevole del referendum per le modifiche della costituzione risultano un freno allo strapotere dell’esercito – che come si sa più volte è intervenuto con colpi di Stato negli ultimi cinquant’anni per riorientare le decisioni della politica – oppure sono il lasciapassare per le tendenze islamistiche patrocinate dal premier Erdogan? Probabilmente hanno le loro giuste ragione entrambe le fazioni, ma dimenticando che le modifiche costituzionali sono innanzitutto un’apertura alle richieste dell’Europa per l’eventualità di un prossimo inserimento della Turchia nell’Unione europea.

 

È innegabile come la Turchia negli ultimi tempi abbia alzato i toni della competizione internazionale: l’episodio della nave “Mavi Marmara” attaccata dalle forze militari israeliane mentre stava per attraccare a Gaza, e il tentativo di mediazione con l’Iran sul dossier nucleare portato avanti da Ankara assieme a Brasilia hanno contribuito a sparigliare le carte. Senza poi nascondere la crescente irritazione turca verso i continui rinvii nei negoziati per l’entrata nella Unione europea, osteggiata come si sa da Francia e Germania.

 

Il voto di ieri ha modificato profondamente la Costituzione turca, in diverse aspetti: la figura dell’ombudsman, cioè del “difensore civico”, la composizione del Consiglio superiore della magistratura e della Corte costituzionale, le relazioni tra militari e politici. Tutti articoli che servono a rispondere ad alcune richieste dell’Unione europea per andare avanti nel progetto di integrazione e che garantiscono il primato dei rappresentanti eletti del popolo sulle forze militari e della magistratura.

 

Perciò Erdogan e i suoi sbandierano il risultato come un decisivo passo in avanti verso l’integrazione con l’Europa – «oggi siamo un Paese più democratico, abbiamo alzato i nostri standard. E se la Ue manterrà le sue promesse, questo sarà un bene per entrambe le parti», ha detto il presidente Gul –, anche se immediatamente voci tedesche e francesi si sono levate per dire che esso non avrà invece alcuna conseguenza sui negoziati. Si ripresenta così la sfida che l’Europa deve affrontare: cercare di integrare nell’Ue una nazione forte di un’ampia popolazione musulmana, oppure rischiare di vederla piuttosto associata al mondo orientale, anche con le sue tendenze islamiste? Prima o poi bisognerà rispondere alla domanda.

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons