Un ponte con Aleppo per gridare la pace

Quella pace difficile da raggiungere per il mondo degli “adulti” è già una realtà per gli studenti del liceo scientifico “Galileo Galilei” di Catania e per i loro coetanei che vivono in Siria.

aleppoAleppo, una delle città più antiche del mondo, per la sua posizione geografica è un ponte verso la Turchia. In questi anni di guerra, non è stata risparmiata. I ragazzi sono cresciuti con le bombe, hanno imparato a conviverci. Molti sono morti sotto i bombardamenti, qualcuno ha perso i parenti, il fratello, i genitori. Tanti ragazzi sono orfani.

Una telefonata skype, il 18 marzo scorso. La chiamata parte dalla sede del liceo catanese. Con loro c’è Enzamaria Ignaccolo, la docente che li ha accompagnati in questo progetto. Lo hanno chiamato “Progetto di solidarietà e pace”. Ma per i ragazzi è qualcosa in più: è un tuffo nella vita vera, in un pezzo di storia, in una tragedia che potranno conoscere direttamente e non solo attraverso la tv. Dall’altro capo del telefono, c’è un gruppo di Ragazzi per l’unità della Siria. Fredy Bitar fa da interprete per la lingua araba.

“Non si può non rimanere segnati dopo aver visto la realtà di una vita così a rischio – racconta Stefano –. È difficile capire come sia possibile che dei nostri coetanei, solamente perché sono nati in un’altra parte del mondo, possano vivere in certe condizioni disumane, con la costante paura di un bombardamento. I ragazzi siriani ci hanno raccontato che sono costretti spesso a cambiare scuola, a causa dei bombardamenti. Solo ora hanno compreso l’importanza di poter frequentare la scuola ogni giorno!”.

aleppo

“Abbiamo constatato – racconta Futura – che non siamo diversi gli uni dagli altri: abbiamo gli stessi sogni e le stesse aspirazioni. L’unica differenza sta nella realtà che viviamo. Mentre noi collezioniamo le figurine dei calciatori, loro collezionano le ghise e i bossoli dei proiettili; mentre noi giochiamo ad indovinare la canzone, loro cercano di riconoscere il tipo di bomba e le sue caratteristiche dal suono che produce mentre sta cadendo sulle loro case”.

“Dovremmo apprezzare ciò che abbiamo – continua Erika – una scuola, una casa e una famiglia. Il diritto all’istruzione non è affatto scontato. I ragazzi di Aleppo ci hanno insegnato che bisogna avere fiducia nel futuro e in Dio. E la loro fede è diventata molto più forte col passare del tempo. Mi ha colpito l’ottimismo, la forza, la tranquillità con la quale questi ragazzi vanno avanti ogni giorno scontrandosi con le difficoltà nella speranza di un futuro migliore”.

“Quando mi hanno proposto questo progetto – racconta Luciano – avevo deciso di non accettare. Sono un tipo impressionabile. Temevo che quell’incontro potesse turbarmi. Ora, però, mi sono pentito”.

Il prossimo 1 giugno, quando i due gruppi di giovani si incontreranno ancora, Luciano ci sarà. Nel frattempo, dopo quel giorno, nulla, nella scuola catanese, è rimasto come prima. I ragazzi hanno deciso di fare qualcosa per i loro coetanei. Una “fiera del dolce”, organizzata nei corridoi della scuola, ha permesso di raccogliere un piccolo gruzzoletto. “Il ricavato – spiega Giuseppe – sarà destinato alle persone bisognose residenti ad Aleppo”.

un ponte con Aleppo

“Quei soldi – spiega Enzamaria Ignaccolo – arriveranno a giorni ad Aleppo. Ci hanno detto che saranno utilizzati per organizzare iniziative estive per questi ragazzi che non hanno quasi nulla, soprattutto per i ragazzi orfani o soli”

E il pensiero corre agli anni precedenti. Perché questa scuola, già in passato, ha saputo donare. Un gemellaggio ideale con il Burundi, qualche anno fa, ha portato all’acquisto di una mucca, donata alla famiglia di Leonidas. Fernand, suo figlio più piccolo, ha una malattia del sangue ed ha bisogno di nutrirsi bene. La vitellina si chiama Mirire (che significa “dammi tanto latte”). Poi è stato realizzato un collegamento idrico per il villaggio di Rutana”. Per un’altra comunità del Burundi è stata acquistata un’auto. La raccolta fondi, stavolta, è durata quattro anni!

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Ma sono i giovani del Burundi a dare, per primi, un segnale in direzione della pace. Quel paese è insanguinato dalle guerre fratricide tra Hutu e Tutzi, retaggio del periodo coloniale. I giovani, però, vogliono vivere in maniera diversa. Recuperare la loro vera storia di popoli africani abituati a vivere in pace. “Hanno messo su un complesso – racconta Enzamaria – perché attraverso la musica potevano superare le barriere che separano le due etnie”. I ragazzi catanesi hanno comprato una pianola per loro. La loro pianola suonerà nei villaggi e la musica veicolerà un messaggio diverso!

La storia continua: lo scorso anno un “ponte” con Damasco, quest’anno il collegamento con Aleppo. I giovani catanesi costruiscono il loro futuro. E quello dei loro coetanei dall’altra parte del Mediterraneo.

 

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