Un patrimonio che perde pezzi

Un immenso patrimonio archeologico in stato di emergenza. I commenti del sindaco di Pompei, Claudio D’Alessio, e di Antonio Irlando, responsabile dell’Osservatorio patrimonio culturale.
Antonio Irlando

Ascoltando i racconti di alcuni addetti ai lavori si capisce che negli scavi di Pompei, da molti anni, si è abbandonata la cosiddetta gestione ordinaria: interventi quotidiani ed organici mirati alla conservazione e alla manutenzione del grandissimo patrimonio archeologico. Dopo la dichiarazione dello stato di emergenza del 2008, si è avuta la gestione commissariale, durante la quale, nonostante la grande quantità di soldi disponibili (79 milioni di euro) e la possibilità di avere un potere pressoché illimitato, poiché non sottoposto a vincoli e controlli, la situazione purtroppo non è migliorata.

 

Adesso il ministro Bondi lancia l’ipotesi di una fondazione, ma sono molti i pareri contrari. Lo stesso sindaco di Pompei, Claudio D’Alessio, in una lettera alle più alte cariche dello Stato, lo scorso 9 novembre, aveva scritto: «Apprendendo l’avvio di una fase di privatizzazione annunciata ieri dal ministro, su cui molte cose vanno chiarite, riteniamo intanto necessario il ripristino delle condizioni di funzionalità, operatività e prestigio delle istituzioni attualmente preposte alla tutela, per l’avvio di un organico e duraturo progetto di salvaguardia degli scavi di Pompei. Si dichiara la totale disponibilità da parte dell’istituzione Comune di Pompei ad ogni forma di costruttiva collaborazione, necessaria per predisporre, al fianco delle preposte istituzioni dello Stato, politiche condivise di gestione e valorizzazione del sito archeologico che garantiscano al territorio opportunità di lavoro e di crescita culturale. II consiglio comunale, il sindaco e l’amministrazione comunale tutta rivolgono un appello accorato al presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio dei ministri e ai presidenti del Senato e della Camera dei deputati perché si faccia presto e si cominci a lavorare, tutti insieme, per garantire un futuro di conservazione agli scavi di Pompei».

 

E intanto, nonostante gli appelli e le assicurazioni, ci sono stati altri crolli. Tanto che il primo cittadino di Pompei aggiunge: «Nonostante tutta l’attenzione finora annunciata sugli scavi archeologici di Pompei siamo, di nuovo, costretti a discutere di crolli. Questo dimostra che finora nulla o poco è stato fatto per garantire questo immenso patrimonio». Rivolgendosi al presidente Napolitano, «l’unico che davvero ha dimostrato di avere a cuore le sorti degli scavi», D’Alessio ha auspicato «che  intervenga, dall’alto della sua carica e delle sue funzioni, per garantire uno dei più grandi siti archeologici del mondo». Secondo il sindaco di Pompei, infatti, al crollo della Schola Armaturarum del 6 novembre scorso avrebbe dovuto seguire «un pronto intervento da parte del governo. Un intervento che, come dimostra il cedimento di oggi, non c’è stato».

 

Ma in merito alla ventilata fondazione, il più critico è l’architetto Antonio Irlando, responsabile dell’Osservatorio patrimonio culturale, che ci ha detto: «Per far ripartire un’efficiente gestione degli scavi di Pompei che eviti il degrado e i crolli degli edifici antichi, occorre attuare pienamente gli elementi per una gestione moderna dell’area archeologica flagellata da crolli e degrado, che sono già contenuti nella legge 352 del 1997, che all’art. 9 ha fissato gli strumenti per l’autonomia scientifica, organizzativa, amministrativa e finanziaria della soprintendenza archeologica di Pompei ed ha previsto con quali mezzi provvedere prima alla conservazione e poi alla valorizzazione, ed ancora come migliorare la gestione dell’area archeologica con la necessaria partecipazione di privati ed enti locali».

 

Attuando subito e pienamente la legge esistente e ridando slancio ed efficienza alla soprintendenza di Pompei, aggiunge Irlando, «si può far decollare una grande e necessaria attività di conservazione e valorizzazione degli scavi archeologici. Quindi non è prioritaria in questo momento la necessità di sperimentare nuove forme di gestione, quanto piuttosto attuare, aggiornare e far funzionare una legge che già esiste da molti anni che da sola può restituire il prestigio perduto alla soprintendenza, e metterla in condizione di dotarsi di nuovi archeologi e tecnici della conservazione ed anche di altre figure professionali, tra cui manager ed esperti di marketing, i cui ruoli sono già individuati nelle attività indicate nella legge».

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