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“Un Natale in casa Croce”, su Rai3 il 26 dicembre

di Edoardo Zaccagnini

- Fonte: Città Nuova

Ricostruzione intima e poetica dell’ultimo Natale napoletano di Benedetto Croce, che diventa lo spunto per attraversarne la vita privata, il pensiero filosofico e l’impegno civile. Un ritratto umano e storico firmato da Pupi Avati, tra memoria, etica e spiritualità

Sul set di “Un Natale in casa Croce”. Credit: Ufficio stampa Rai doc.

Un evocativo salto nel tempo, nel Natale di Napoli, e un delicato, originale viaggio dentro la vita di Benedetto Croce. Pubblica e privata. Avviene tutto in un interessante documentario – pardon, docufiction − dal titolo Un Natale a casa Croce. L’ha diretta il maestro Pupi Avati e andrà in onda su Rai3, in seconda serata, il 26 dicembre. La sera di Santo Stefano.

Si parte proprio dall’ultimo Natale vissuto dall’intellettuale a Napoli, in famiglia, in serenità, nel 1951, prima di morire nel novembre successivo, tra i suoi libri e i suoi affetti. La ricostruzione di quel momento è sobria, sussurrata, espressa col cinema composto e insieme poetico del regista bolognese. Del Natale in generale, e di quello partenopeo in particolare, si respira la magia aleggiante, sottile, autentica e piacevole, tra le ricette tipiche e lo stare insieme semplice, che trasuda gioia contenuta e piena, pace nell’anima.

Accanto ai bravi attori inseriti nella ricostruzione di ambiente domestico, si posano le testimonianze dirette, a partire da quella della nipote di Croce, Benedetta Craveri, centrale. Voci dal vero sostenute anche da quei materiali di repertorio che completano la rilettura biografica del filosofo e scrittore. La sua vita straordinaria e complessa, non esente dal dolore, a partire da quello conseguente al terremoto di Casamicciola, del 1883, in cui Croce, appena diciassettenne, perse i genitori e la sorella, oltre a rimanere ferito.

Sul set di “Un Natale in casa Croce”. Credit: Ufficio stampa Rai doc.

Quel Natale napoletano è un po’ lo spunto, il punto di partenza per ricostruire l’esistenza umana, culturale e politica di Croce: il suo rapporto con Giovanni Gentile, le sue posizioni sulla Grande Guerra, i rapporti difficili col Fascismo, quelli con l’antifascismo, fino al Referendum del 2 giugno, e tante altre sfumature di un pensatore prezioso sempre immerso nella storia. Non manca, in questo interessante lavoro che fonde di continuo finzione e documentario, il rapporto del protagonista con la fede: «Il nonno, da bambino − ascoltiamo durante la visione − credeva profondamente nella fede trasmessagli dalla madre, ed ebbe forti slanci religiosi, e una volta persa la fede, tuttavia, non perse un sentimento molto forte della religiosità, un sentimento connotato da un impegno imprescindibilmente etico».

Più avanti si cita il testo Non possiamo non dirci cristiani, attraverso il personaggio di sua figlia che spiega: «Il cristianesimo, secondo nostro padre, in quel testo rivelatore che è Non possiamo non dirci cristiani − in cui agisce anche la visione di Vico − è portatore di compassione e civilizzazione, tali da farlo definire la più grande rivoluzione umana fondata sull’etica. Come se il concetto stesso di interiorità e coscienza morale, fosse sorto con il Cristianesimo».

Infine dallo stesso Croce: «Io modestamente so di vivere in un continuo colloquio con Dio. Così serio e intenso, che molti cattolici e molti preti non hanno mai sentito nella loro anima». Sono tre rapidi passaggi, in mezzo ad altri succulenti, che compongono il ritratto ampio ed esaustivo − mai noioso − che Pupi Avati, con il suo tocco inconfondibile, tanto tenue quanto emozionante, restituisce di un pensatore centrale della nostra prima parte di ‘900. Un ritratto del personaggio pubblico e dell’uomo, coi suoi sentimenti e affetti, il suo mondo interiore. Un piccolo gioiello cinematografico e televisivo insieme, da non farsi sfuggire in queste feste natalizie.

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