Un governo di impegno nazionale, con il Parlamento

Le due Camere hanno dato prova di maturità. Ora niente più giochetti e contropartite. Ogni parlamentare dovrà misurarsi con scelte di responsabilità per il Paese, eque e non solo giuste
La Camera vota la fiducia a Monti

Ora, forse, tutto davvero può accadere. E finalmente per “tutto” non intendiamo il fallimento, la perdita della protezione sociale e forse anche la miseria, il disdoro internazionale e chissà quale ripercussione in Europa e nel mondo. No. Tutto può accadere: cioè la concordia, che fa fare quadrato a tutto il Paese intorno a chi ha la responsabilità di trovare la strada per uscire dal tunnel e vedere, in fondo, la luce dello scampato pericolo.

 

Tranquilli, non è enfasi intorno al nuovo governo, bensì intorno al vecchio, caro Parlamento. Protagonista di una sorta di resurrezione politica, che vuol dire anche di rappresentatività dei cittadini. Ieri il Senato, oggi la Camera, hanno votato la fiducia al Governo Monti con maggioranze da record. Solo la Lega Nord, tornata prigioniera di refrain da retroguardia, non ha condiviso la comune decisione di sostenere il nuovo esecutivo, nato appena due giorni fa e già sovraccarico di erculeo lavoro.

 

Ma la ribalta ora è per il Parlamento, che ha superato con la sufficienza piena la prima prova di «governo di impegno nazionale», come felicemente il Presidente Monti ha definito il suo. Certo, un po’ di sregolatezza sbarazzina qua e là è spuntata; ma il clima generale che si è creato nelle due Camere rappresenta una novità tanto gradevole quanto inaspettata. Complice anche la stacanovista determinazione del nuovo premier ad ascoltare – prendendo appunti e guardandolo in viso! – ciascun parlamentare intervenuto nel dibattito; complice il suadente aplomb che mitiga l’autorevolezza professorale dello stesso; complice infine l’aura conferita dalla composta cerchia di ministri in grisaglia e tailleur, il dibattito è scivolato via senza le sguaiatezze cui, ahinoi, eravamo abituati.

 

Oltre questo velo di forma, però c’è la sostanza di un voto comune: un evento classificabile tra i non possibili che invece è accaduto e che, questa ora è la sfida, non può restare confinato alla fiducia di insediamento. Il Presidente è stato chiaro: arriveranno presto provvedimenti che porteranno sacrifici e bisognerà dare mano alle riforme strutturali, che toccheranno tanti cittadini (a partire, speriamo, da quelli che godono di ingiustificate rendite di posizione). Anche su queste misure è necessario trovare un consenso ampio, libero e senza contropartite. Passerà da lì, infatti, la possibilità per tutti gli italiani di comprendere il momento di difficoltà che attraversiamo e la necessità di sentirsi un’unica comunità che opera per il medesimo, grande scopo: tenere unito e sano il Paese, e con esso l’Europa e il mondo.

 

Dà speranza il fatto che il Presidente Monti nei suoi interventi non abbia mai tralasciato di menzionare il concetto-chiave che deve fare il paio con quello di sacrificio: equità. Una parola poco da tecnocrate e molto da politico. Questa è l’altra prova di maturità che attende il Parlamento. Vigilare perché effettivamente i provvedimenti del governo siano equi e fare la propria parte per rompere i circuiti viziosi dei privilegi («chiederemo più sforzo a chi ha dato meno», ha detto il Presidente e tra quelli che hanno dato meno vi sono anche le “caste”).

 

È, perciò, una situazione davvero originale, oltre che imprevista, quella in cui si trova il Parlamento da oggi in poi. Restano, sì, protagonisti i partiti, ma ugualmente diventa protagonista ogni singolo parlamentare: ciascuno sarà chiamati di volta in volta a misurarsi con la propria responsabilità di fronte alla Nazione nel decidere in coscienza il voto sulle misure da approvare. Non deve esserci più spazio per giochetti, minacce, ricatti. O anche solo per calcoli di convenienza personale ed elettorale.

Si potrà quindi smettere una volta per sempre di discettare sulla natura tecnica o politica del governo, che sarà politico nella misura in cui il Parlamento farà della politica la vera cifra del suo operare.

 

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