Tutti i colori del rosa

Appunti, storie e protagonisti dal Giro d’Italia. Otto giorni di corsa e la partenza dalla Danimarca, sembra un lontano ricordo
giro d'italia 2012

Sono passate “solo” otto tappe, poche per gli appassionati, ma già bastano ai corridori per fare i conti con la fatica e l’annesso serbatoio delle energie destinato oramai a svuotarsi giorno dopo giorno. La strada scorre in fretta sotto i tubolari delle biciclette oramai roventi, un po’ per le temperature estive, un po’ perché ancora qualche giorno e si farà sul serio. Le grandi montagne sono alle porte e nell’attesa non resta che gustarsi tutti i colori del Giro.

“Sior Phinney” – È un giovane americano la prima maglia rosa edizione 2012: si chiama Taylor Phinney, ha ventun’anni, è nato in Colorado nella contea di Boulder e corre per la formazione svizzera BMC. Il ciclismo è un fatto di sangue o di cromosomi. Mamma Connie, ex ciclista, ha conquistato nel 1984, alle Olimpiadi di Los Angeles, la medaglia d’oro nella prova su strada, mentre il padre, Davis Phinney, vanta un discreto passato come ciclista professionista. Il giovane Taylor, ha sbaragliato la concorrenza nella cronometro d’apertura di Herning, senza tradire il pronostico che lo indicava tra i papabili vincitori. In questo successo però, c’è un “appeal” tutto italiano. Taylor vive a Quarrata in provincia di Pistoia, ed ha vissuto per alcuni anni con la famiglia a Marostica, per questo nelle interviste sfoggia un invidiabile ed esemplare italiano. Dicono che sappia parlare anche il dialetto veneto… Per ora il bottino al Giro è: tre giorni in maglia rosa e una vittoria di tappa. Non male per chi ha una carriera assicurata davanti a sé.

Cavendish vs GossLa Danimarca porta bene all’inglese Mark Cavendish, 26 anni, del team Sky. A Copenaghen lo scorso anno conquistò il campionato del mondo e come qualche mese fa ecco l’ennesimo successo, sempre allo sprint, ma questa volta al termine della seconda tappa Herning-Herning di 206 km. Al secondo posto, come nella volata di Copenaghen, il “solito” australiano Matthew Goss, un “duro a morire”. Sa di essere una spanna inferiore al suo rivale (il che vuol dire essere comunque un grande campione), ma intanto Matthew, che da quest’anno corre per la GreenEdge, c’è sempre. Così capita anche che la sorte sia un valido premio alla costanza, alla dedizione e all’impegno.
A pochi metri dall’arrivo della terza tappa Horsens-Horsens di 190 km, l’ultima svoltasi in territorio danese, ecco che Roberto Ferrari, velocista del team Androni Venezuela, vira bruscamente sulla sinistra, proprio mentre Cavendish è intento a lanciare un’impetuosa rimonta. Manovra spietata, perché taglia la strada al campione inglese, ma allo stesso tempo priva di ogni maligna volontà. Il risultato è che Ferrari viene multato e retrocesso all’ultimo posto nell’ordine d’arrivo, Goss vince la tappa, mentre Cavendish gratta l’asfalto ad una velocità da motociclisti investito subito dopo da Elia Favilli. Il corridore della Selle Italia-Farnese Vini, da vero funambolo, per evitare la caduta salta con la bici il corpo del giovane velocista inglese fasciato dall’iride. Nulla di grave per “Cav”, che con superlativo charme britannico si rialza, mettendosi in spalla la bici, per coprire a piedi gli ultimi metri che lo separano dal traguardo. I pensieri e gli sfoghi scivoleranno di lì a poco via Twitter. Ferrari chiede scusa e Cavendish si riprende ciò che gli spetta, ovvero la vittoria. Nella quinta tappa, da Modena a Fano.

“Speedy” Rubiano Chavez – L’hanno paragonato al celebre topino messicano che anima i cartoni animati. In fin dei conti Miguel Angel Rubiano Chavez, 27 anni, scalatore colombiano del team Androni Venezuela, un po’ per l’accento, un po’ per la stazza (169cm per 54kg), un po’ perché è scappato e nessuno l’ha più visto se non dopo l’arrivo, potrebbe essere la simpatica reincarnazione terrena del fantastico Speedy Gonzales. Sinceramente però “Rubio” assomiglia più a Robin Williams, alias professor John Keating, che nel celebre film “L’attimo fuggente” insegna ai propri studenti l’arte di cogliere il momento propizio. Carpe Diem! Eh sì, perché Rubiano Chavez, durante la sesta tappa da Urbino a Porto Sant’Elpidio, 210km di puro “mangia e bevi”, puntava a vincere i gran premi della montagna per conquistare la maglia azzurra di miglior scalatore. Detto fatto, ma dato che si trovava in fuga ha pensato bene di allungare, staccando i compagni d’avventura sulla salita verso Montegranaro e visto che nessuno da dietro si dava da fare per riprenderlo, “Rubio” non c’ha pensato su due volte e ha cominciato a spingere a fondo arrivando a braccia alzate sul lungomare di Porto Sant’Elpidio. Uno scalatore in riva al mare, questione di un attimo. Chi l’avrebbe mai detto.

Gregari e non solo – Paolo Tiralongo ha 34 anni, corre per la formazione kazaka Astana e ha un cognome, che tradotto nel gergo ciclistico, rivela la vocazione del gregario, ciclista umile e coraggioso abituato a prendere il vento in faccia mentre traina il gruppo per far vincere il proprio capitano. Forse Tiralongo, nato ad Avola, ma trapiantato ad Almenno San Bartolomeo in provincia di Bergamo, è gregario per vocazione, ma con l’anima del campione. Dopo la vittoria dello scorso anno al Giro, davanti all’amico e rivale Alberto Contador, Paolo ha concesso il bis battendo Michele Scarponi sul traguardo di Rocca di Cambio, sede d’arrivo della settima tappa. L’immagine che lo ritrae esausto al suolo con le gambe piegate e le braccia spalancate, appartiene già all’iconografia storica del Giro. Ha un che di drammatico e di sacro allo stesso tempo. Narra la fatica, il dolore e il sudore. I corridori non sono degli dei, ma a volte ci raccontano la vita, indicando qual è la porta stretta d’attraversare per conquistare qualcosa di grande.

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