Torcello, luogo dell’anima

Un'isola appartata della laguna veneta, estranea a questo tempo convulso e superficiale.
torcello

Meglio se ci arrivi d’inverno sotto il morso di un vento gelido, che fa rari i turisti e costringe gli scarsi abitanti, forse neanche un centinaio, a starsene rintanati chissà dove. Così solo tuo interlocutore diventa lei, la superba basilica dedicata all’Assunta: quasi l’unico vestigio, con l’attigua chiesa di Santa Fosca, di un centro un tempo fiorente, che fu sede episcopale fino al 1818, prima di essere unito al patriarcato di Venezia. E che dire dell’alta torre campanaria, primo segnale di quest’unghia di terra, che compare da lontano, fra banchi rivestiti di canneti e acque? Ce ne sono, nella città della Serenissima e dintorni, campanili vetusti che forano, talvolta sbilenchi, le brume lagunari; ma non così, non in tale grandiosa solitudine.

 

Torcello è quasi tutta in questo sacro complesso, le cui origini risalgono al VII secolo, allorché i veneti di Altino sulla terra ferma, premuti dai longobardi, trovarono asilo sull’isolotto, contendendolo ai gabbiani e agli altri uccelli acquatici.

Penetri nella vasta aula basilicale, quale risulta dal rifacimento voluto agli inizi del Mille dal vescovo Orso Orseolo, e ammiri soprattutto i mosaici dell’abside dove campeggia, isolata nell’oro, la regale figura di Maria-Madre di Dio sorreggente il Bambino, e quelli della cappella del Sacramento: realizzati tra il XII e il XIII secolo, si richiamano a probabili schemi più antichi.

 

Ma è ritornando sui tuoi passi, verso l’uscita, che t’aspetta la sorpresa più sconvolgente: tutta la contro facciata è ricoperta da un grande mosaico di scuola veneto-bizantina, che sviluppa, nella parte inferiore, il tema del “giudizio universale”, e in quella superiore il mistero della morte di Cristo con la sua discesa agli inferi.

 

Una composizione complessa, potente, traduzione del messaggio biblico in immagini di immediata comprensione: basti pensare alla scena dei risorti dal mare, vittime di naufragi, cui gli antichi torcel-lani, popolo di marinai e pescatori, dovevano essere particolarmente sensibili. Collocata poi in un punto strategico: uscendo di chiesa, infatti, i fedeli non potevano ignorarla e serbavano nella memoria, quale norma di vita, ciò a cui erano destinati, secondo il monito dell’Ecclesiaste: «Ricordati i tuoi ultimi destini e non peccherai più».

 

Fa pendant alla Madonna dell’abside, su questa parete, un’altra immagine di Maria, raffigurata come la Vergine orante che intercede per i peccatori (e tale è il senso della scritta che la circonda). Oasi di pace nella scena apocalittica, non a caso appare sulla lunetta d’ingresso: è lei infatti la porta che conduce a Dio.

 

Torcello appartata, così estranea a questo tempo convulso e superficiale; che non ti folgora per esteriore splendore, ma prodiga un’altra bellezza; uno di quei “luoghi dell’anima” che, anche da lontano, continuano sommessamente a parlare.

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