Tommaso e la sua macchina salvavita

Le difficoltà di un bambino rom, legato ad un macchinario per sopravvivere, in un campo nomadi dal quale è stato sfrattato
rom triboniano

«Per piacere, non salite con scarpe, tosse, febbre. Bambini vi prego non ho più voglia di stare in ospedale». Firmato Tommaso.

 

Tommaso, che firma questo avviso pregando i suoi amichetti di non fargli visita, non sa ancora scrivere. Ha solamente 15 mesi. Il cartello lì l’ha posto qualcun altro. Per dire tutta la gravità che si vive in quella stanzetta e del pericolo di continue infezioni.

Tommaso soffre di una malattia genetica rarissima, ad oggi ci sono solamente quattordici casi al mondo. La malattia si chiama H-ABC: quel che gli permette di sopravvivere è un sondino fissato a una narice e a una macchina per l’ossigeno pronta all’occorrenza, comunque ogni mezz’ora. La sua storia l’abbiamo  conosciuta una sera, quando è mancata l’elettricità, e il papà è dovuto correre disperatamente alla ricerca di un generatore portatile. Sennò a quest’ora Tommaso non ci sarebbe più.

 

«Una volta al mese al massimo deve essere  ricoverato perché si prende l’influenza. È nato così, non c’è guarigione. L’H-ABC è una malattia degenerativa, che colpisce i gangli basali, ai genitori i medici hanno spiegato che porta cecità, sordità e immobilità.

La famiglia Marin è originaria di Piacenza, ma ha lasciato il campo nomadi della loro città il mese scorso e si è trasferita a Brescia perché in questa città l’ospedale ha attrezzature più adeguate. Ora però il Comune bresciano vuole mandarli via, perché residenti a Piacenza: è già partita l’ordinanza.

 

«Me lo dice come possiamo fare con un bambino così delicato? Ci sono notti – racconta la mamma – che ci fa tribolare, bisogna sempre tenerlo attaccato all’ossigeno, dieci giorni fa alle tre di notte aveva pochi battiti, appena appena, era nero in faccia e all’ospedale ce l’hanno salvato».

 

Gli antenati di Tommaso erano giostrai e circensi, qui in Italia i suoi genitori fanno lavori saltuari. «Con Tommaso ci vogliono tanti soldi, ogni tanto dobbiamo andare a fare controlli a Milano e a Padova». È nel campo nomadi di via Orzinuovi che vive Tommaso. In questa zona, da poco, l’amministrazione ha investito 180 mila euro per bonificare un campo che costeggia il fiume Mella, che ospita centoventi sinti di Brescia e ha l’abitabilità per 15 famiglie.

 

Rimanevano fuori cinque nuclei, corrispondenti all’ampia famiglia di Tommaso, ai quali il Comune ha offerto il trasferimento in un altro campo, dove è stanziata da anni la comunità rom. Proposta inaccettabile, secondo i sinti, che temono una convivenza non proprio pacifica con i rom e chiedono di lasciare che la famiglia di Tommaso rimanga con la propria comunità, anche se i patti non lo prevedevano. Dopo l’ultimatum, i vigili sono entrati nel campo e hanno disattivato la corrente per punire i morosi e quelli che non vogliono saperne di spostarsi. Così Tommaso ha rischiato di morire.

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