Testimoni del Vangelo e della Costituzione

Don Luigi Ciotti e i giovani per un mondo unito in Calabria sui terreni confiscati alla ‘ndrangheta. «La mafia vive dell’impoverimento morale e culturale del Paese. Usate la libertà per liberare gli altri e non siate complici di ingiustizie. Saldate la terra al Cielo».
Don Ciotti saluta i giovani a Le Castella

E’ arrivato al mattino e per qualche momento ha imbracciato la vanga insieme a loro per definire i confini dei terreni della ‘ndrangheta assegnati all’associazione Libera, nei pressi di Isola di Capo Rizzuto in Calabria. Don Luigi Ciotti ha risposto con entusiasmo all’invito dei giovani per un mondo unito impegnati a Le Castella in un laboratorio di fraternità itinerante, giunto quest’anno alla sesta edizione, Be a sign of hope dopo aver nel tempo fatto sosta a Corleone, Locri Gela, Tortorici, Ramacca.

 

Nonostante il caldo e la fatica del lavoro alle 15.30 sono in più di 200 ad attenderlo nella sala di Punta le Castella. Non c’è timidezza tra il fondatore di libera e questi giovani ventenni che lo incalzano immediatamente con domande non retoriche e dirette. «Perché c’è ancora la mafia? La mafia ora è anche al nord? La fede serve? Come si fa a non farsi assorbire da una cultura mafiosa?».

 

Don Luigi è altrettanto schietto ed esigente. Racconta brani della sua vita e della sua attività, parla dei tanti incontri che lo hanno cambiato. Le sue non sono parole semplici, sono macigni che vanno a fondo dei problemi, dei dolori e interrogano i presenti, anzi li interpellano con forza su una quotidianità di vita, che se autentica, radicale, impegnata su tutti i fronti, dall’informazione alla politica può veramente essere motore di cambiamento del Paese e atto di condanna definitivo per tutte le mafie.

 

«I miei riferimenti sono il Vangelo e la Costituzione. Entrambi ci richiamano doveri e diritti e ci chiedono impegno per il cuore dei diritti: la libertà e l’uguaglianza per tutti». Esordisce così il fondatore di Libera, spiegando ai giovani che bisogna «usare la libertà per liberare gli altri». E che Gesù è stato chiaro e categorico: «il Vangelo va vissuto e portato negli orizzonti della quotidianità».

Richiama poi due punti del documento della Chiesa italiana sulla legalità, dove si specifica che il cristiano non può fare due cose: obbedire alle ingiustizie e farsi complici.  «Si può uccidere con il silenzio, o con i convegni dove manca un prima, un durante e un dopo», commenta il sacerdote.

 

«Oggi è richiesta questa capacità di saldare la terra col Cielo», incalza don Ciotti e parafrasando la beatitudine sulla fame e sete di giustizia dichiara che «come la fame e la sete soddisfano bisogni primari dell’uomo sullo stesso piano Gesù mette la giustizia, che non è la legalità, questa è solo un mezzo, come la solidarietà: il fine è la giustizia e l’uguaglianza».

 

Si appassiona quando racconta della bellissima gente incontrata al Sud e mette in guardia dalle generalizzazioni: «qui bisogna venire ad imparare, a conoscere quanta ricchezza c’è e c’è la fatica di vivere oppressi dalla cappa, ci sono i compromessi, ma c’è anche gente impegnata e seria». «La mafia ha radici storiche al sud», continua rispondendo ad un giovane del Veneto che insieme ad altri 20 si è unito ai ragazzi calabresi, siciliani e maltesi. «Ma la mafia c’è anche al Nord. C’è dove ci sono soldi, ricchezza». Analizza senza mezze frasi i recenti avvenimenti di cronaca: i lavori per le grandi opere a Torino, le speculazioni finanziarie nella borsa di Milano, la massoneria, la quinta mafia borghese e imprenditoriale, le connivenze politiche. E’ la fotografia mesta di un paese che vive un impoverimento materiale, culturale, che soffre di razzismo di un impoverimento di speranze, «basti pensare che nell’ultimo anno si è triplicato l’uso di antidepressivi.Malattia mortale è l’indifferenza, la rassegnazione, la delega».

 

 

A prevalere nelle sue parole non è tanto il pessimismo, ma l’impegno, il mettersi in gioco. Ed è questo il richiamo incessante che fa ai giovani presenti, che accompagnano il suo invito ad applausi incessanti. 

«Abbiamo la responsabilità di conoscere, per sconfiggere il peccato del non sapere, la mancanza di profondità, del sapere di seconda mano non possiamo semplificare, dobbiamo conoscere per essere responsabili«. E li incalza provocatoriamente: «Abbiamo poi tutti bisogno di un monte di riferimento perche dal monte si vede lontano si vede oltre, si sale per poi scendere e guardare dentro di noi, leggerci dentro. Abbiamo bisogno di silenzio, di riflessione, di coscienza, di cercare. Se conoscete chi sa già tutte le risposte salutatemelo». «Capisco – conclude – che a volte si è presi da tante preoccupazioni, tanti problemi, tante fatiche, ma guai se non c’è un monte nella nostra vita».

 

Nelle sue risposte Don Luigi cita pagine del diario di Rita Atria, la giovane collaboratrice di Paolo Borsellino, parla di una giovane donna che è fuggita dalla Calabria con i figli per restituire un futuro a loro e alla loro terra, parla di Davide Montana, fratello del commissario Beppe (ucciso dalla mafia) che continua ad incontrare i giovani in carcere perché non si ripeta più quanto vissuto dalla sua famiglia

 

Insieme è la parola che ripete salutando i presenti. «Insieme è il carburante della speranza, significa unire quello che le mafie dividono, saldare le parole ai fatti, diventare profeti e scrivere, non tanto pagine di cronaca ma pagine di storia e di Vangelo».

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons