Staffetta tra neutrini e fotoni?

La clamorosa scoperta (tutta ancora da confermare) che i neutrini viaggerebbero più veloci della luce 
Einstein
Diciamo la verità: uno dei motivi per cui la scienza è così bella, è perché riesce continuamente a farci saltare sulla sedia, sgranando gli occhi (e la mente) per qualcosa di nuovo e completamente inaspettato. E’ lo stupore dei (bambini)-scienziati davanti a sempre nuove meraviglie, lo stupore capace di contagiare anche l’uomo qualunque, senza preparazione specifica.

 

L’ultima emozione arriva dai neutrini, particelle elusive, cioè difficili da rilevare, e con proprietà al limite della nostra capacità di comprensione. Senza massa, anzi con una massa piccolissima, senza interazioni con il resto della materia, anzi con una interazione minima, di tre tipi, però con la possibilità di “saltare” da un tipo all’altro mentre viaggiano per lo spazio. Insomma, proprio tipi strani questi neutrini.

  

Da alcuni anni gli scienziati sparano fasci di queste particelle, generate dall’acceleratore posto nel sottosuolo di Ginevra in Svizzera, in direzione del Gran Sasso, la montagna abruzzese nelle cui viscere sta nascosto il grande Laboratorio di ricerca progettato da Antonino Zichichi nel 1982. Dopo un viaggio di centinaia di chilometri dentro la crosta terrestre, alcuni di questi neutrini vengono infine catturati da un enorme rivelatore posto dentro la montagna che fa da schermo per le radiazioni non desiderate.

 

Fin dall’inizio del 2010, però, senza che la notizia trapelasse, i fisici si sono accorti che questi neutrini arrivavano troppo presto, cioè sembravano avere una velocità superiore a quella dei fotoni di luce! Cosa impossibile secondo la relatività di Einstein che prevede una velocità massima nello spazio-tempo che ci contiene: man mano che si avvicina a questa velocità, infatti, un corpo vede aumentare la propria massa fino ad un valore teoricamente infinito, quindi non ulteriormente accelerabile.

 

Il motivo di questi mesi e mesi di silenzio è proprio questo: evitare figuracce, perché sembra proprio impossibile dar torto a Einstein. Eppure i fisici del Cern e del Gran Sasso non sono riusciti a trovare errori sperimentali tali da sconfessare il risultato, per cui hanno deciso di rendere pubblica la notizia, permettendo ad altri gruppi di lavoro di ripetere l’esperimento, confermandolo o smentendolo. Così progredisce la scienza.

 

Nel frattempo, in attesa dell’eventuale conferma, gli scettici assicurano che Einstein sta ridendo di noi (non nella bara perché il suo corpo fu cremato, ad eccezione del cervello che, diviso in fettine, fu distribuito a tanti ricercatori). Tutti gli altri, invece, cercano di spiegare un risultato clamoroso, che costringerebbe a riscrivere dalle fondamenta buona parte della fisica che conosciamo.

 

In realtà sono tante le cose che non tornano oggi nel quadro teorico della fisica, non ultimo il fatto che il potente acceleratore del Cern di Ginevra in questi ultimi mesi non è riuscito a trovare la famosa particella di Higgs nell’intervallo di energia previsto dalla teoria. Mentre gli astrofisici si scervellano per capire cosa sono le cosiddette energia e materia “oscure”, cioè non rilevabili dagli strumenti esistenti, che sembrano permeare l’universo.

 

C’è chi ha proposto di passare semplicemente la palma della particella di energia più veloce dell’universo dai fotoni ai neutrini e chiudere qui la faccenda; in fondo alla teoria di Einstein, da cento anni mai smentita dagli esperimenti, basta che ci sia una velocità massima. Ma allora come mai dalle esplosioni di supernova i neutrini sembrano arrivare sempre dopo i fotoni?

 

Verrebbe da dire: poche idee e confuse. In realtà invece sono proprio queste le situazioni più entusiasmanti per gli studiosi, perché un nuovo paradigma interpretativo sembra ormai alle porte, e il premio Nobel premierà chi per primo indicherà la direzione giusta. Il fatto poi che i neutrini abbiano tutta questa visibilità, significa che è ormai maturo il tempo per la nascita di una “astronomia dei neutrini”, che scruti le profondità dell’universo accanto alla classica astronomia ottica. E chissà quali altre sorprese ci stanno aspettando.

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