Siamo “Fuori di zucca”

La fattoria realizzata nell’ex manicomio di Aversa, nel casertano, è una storia di riscatto sociale tangibile perché sulle terre confiscate ai clan camorristici si svolgono attività finalizzate al coinvolgimento della collettività, per il cambiamento socio-culturale del territorio. Qui la camorra ha perso
La Fattoria didattica Fuori di Zucca

«Bisogna essere proprio fuori di zucca per realizzare una fattoria in un manicomio, ma bisogna essere ancora più fuori di zucca per non accorgersi del grande bisogno di riconciliarsi con la Terra Madre: allora quale posto migliore se non un ex ospedale psichiatrico per esorcizzare la pazzia che divora l’ecosistema e la biodiversità omologando tutto in un immenso niente grigio?»: la Fattoria Fuori di Zucca non si presenta certo nel modo più ordinario, ma ne ha fondato motivo, essendo molto più di un’impresa agricola. È la storia di una gruppo di persone coraggiose e amanti della libertà che hanno sconfitto la paura imposta dalla camorra, che su queste terre casertane ha seminato disperazione e vergogna. È la storia di un riscatto sociale tangibile, per tanti, e di una testimonianza di legalità in un contesto ove questa è stata anche tragicamente mortificata.

Siamo sulle terre di don Giuseppe Diana, ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994 nella sua chiesa. Persona vitale, capo scout energico, insegnante generoso, testimone d'impegno civile ma soprattutto, oggi, simbolo di un seme che muore ma porta molto frutto, proprio come il Comitato composto da una quarantina di cooperative attraverso le quali vive sul territorio la speranza di una vita dignitosa e libera dal giogo mafioso, tra le quali la stessa “Fuori di zucca”, fiorente fattoria sulle terre confiscate ai clan. Realizzato nell’ex manicomio di Aversa e sviluppato su una vasta area verde costituita da un grande parco all’interno del quale sono collocate le strutture, un luogo simbolo di sofferenza diventa luogo di sano svago ed educazione ad una migliore qualità della vita. La fattoria è un'azienda agricola nella quale spazi e coltivazioni sono appositamente pensati e costruiti per essere dedicati alle visite di singole famiglie, gruppi scolastici, operatori e persone svantaggiate. Oltre a diffondere una cultura di avvicinamento alla vita rurale, la fattoria offre opportunità di reinserimento lavorativo a persone svantaggiate. Qui la camorra ha perso.

Da “Nuova camorra organizzata”, la sigla Nco che coinvolge la fattoria è oggi nota come titolo di un consorzio che mira a contribuire a una crescita civile del territorio, sostenuta dalla cultura dell’inclusione e della legalità, attraverso la creazione di attività di economia sociale sostenibili che creano lavoro dignitoso per le persone in difficoltà. “Nuova cooperazione organizzata” è la risposta più efficace e da contrappasso che la camorra potesse ricevere: questa non è la terra dei fuochi, per lo meno non soltanto, ma è la terra di don Peppe Diana, ove le attività sono finalizzate al coinvolgimento della collettività, per il cambiamento socio culturale del territorio e per rendere sempre di più i beni confiscati e/o comuni simboli e risorse di comunità libere dalla camorra.

Tutte le attività vengono realizzate con l’obiettivo di fornire prodotti e servizi di qualità nel rispetto dell’ecosistema, a cominciare dagli stessi sublimi prodotti della terra testati e assolutamente graditi dagli oltre cento giornalisti dell’XI Forum internazionale dell’Informazione per la Salvaguardia della Natura, organizzato dall’associazione Greenaccord Onlus in collaborazione con il Comune di Napoli.

"Per Amore del mio popolo…" scrisse nel 1991, insieme ai sacerdoti della Forania di Casal di Principe, don Peppe Diana: un messaggio di rara intensità e grande attualità. Non dimenticare don Diana significa non solo ricordarlo, ma soprattutto testimoniare quotidianamente il suo messaggio d'impegno civile per la propria terra. Il Comitato Don Peppe Diana e le realtà che ne compongono il tessuto, quali “Fuori di Zucca”, dimostrano non solo quanto il lavoro possa rendere libere terre ove il malaffare è apparso giganteggiare per anni ma anche, una volta in più, come la speranza di un futuro migliore non passi da proclami ma dal coraggio di mettere in circolo relazioni virtuose e soprattutto volontà di non essere complici di pratiche che molti ritengono colpevolmente immodificabili.

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