Rut e le altre

Ma la storia più bella è quella di Rut. Ed è un piacere poterla raccontare, un piacere che sa assaporare chi ama narrare storie. Perché la sua è tutta freschezza, sa di margherite e ranuncoli nei prati. È una vicenda senza miracoli assordanti, senza tragedie, senza prove difficili e senza sangue. Un sorriso di tenerezza, fra le pieghe della Bibbia. Eppure Rut è soltanto uno dei tanti volti di donna che sbucano dalla pagine dell’Antico Testamento. E che Elena Loewenthal ha voluto fotografare, anzi di dipingere, con quel suo stile un po’ impressionista, in un bel libro: Eva e le altre. Letture bibliche al femminile (Bompiani). Non è un’analisi della condizione femminile nell’antico Israele, è uno sguardo all’antico Israele con gli occhi di donna. Uno sguardo che affonda le sue radici nel remoto e lussureggiante paradiso terrestre, il giardino nel quale una donna, Eva, iniziò la storia. Perché storia, che in ebraico significa generazioni, è un succedersi di nascere e morire, che partì proprio da lei. La storia, dice Elena, viene dal grembo delle donne, inizia con uno spasmo di travaglio e una testa che sbuca al mondo. Ma, donna, non evoca solamente storia, il presente, evoca anche bellezza. E la Bibbia è spesso illuminata dalla bellezza femminile. Innanzitutto Eva, la più bella donna mai esistita, di fronte alla quale anche la migliore top-model appare una bertuccia. Perché, secondo la tradizione ebraica, la bellezza era al culmine all’origine… ed Eva è stata fatta proprio dalle mani di Dio! Poi Sara, così bella da giovane, che suo marito Abramo a volte dichiara essere sua sorella, per non correre rischi con i vari re locali ammaliati da tanto fascino. Poi Rebecca, la giovinetta molto bella d’aspetto, con il pendente e i braccialetti alle braccia, cha parte sul dorso di un cammello verso lo sposo Isacco. Poi le donne del re Davide, sublime poeta e valoroso guerriero, a volte peccatore, ma che amava ferventemente Dio. Fra le sue mogli c’è la stupenda figura di Abigail, bella di fattezze e buona d’ingegno. In lei la donna si presenta dono: dono di sé stessa, che per lo sposo s’abbellisce d’orna- menti: nelle sue tende si sente l’andirivieni delle fantesche, il frusciare di vesti, s’odorano i vezzi dei profumi. Ma anche, dono di cibo, dono tutto femminile, ella lo prepara con cura con le sue mani: l’incontro tra Abigail e Davide è abbagliante. Poi Betsabea, che Davide vide mentre passeggiava sulla terrazza della reggia: faceva il bagno e la sua bellezza travolse il cuore del re. Poi Abisag, la giovanissima e bella badante che scaldò il re Davide nella sua vecchiaia. E, con un salto di tempo, nel libro di Daniele, c’è la figura di Susanna, moglie di Ioakìm, donna di rara bellezza e timorata di Dio, che non cede alla violenza di uomini volgari: Meglio però per me cadere innocente nelle vostre mani che peccare davanti al Signore! . Ma la sua purezza trionferà. Donna, nella Bibbia, significa anche coraggio, intraprendenza: Giuditta salva il suo popolo dall’invasore, uccidendo Oloferne, il capo nemico; Ester con la sua bellezza e audacia salva gli ebrei dal primo sterminio programmato della storia; Debora, la profetessa seduta sotto la palma, guida l’esercito contro i nemici. In un misterioso incontro, Zippora, moglie di Mosè, salva il marito da Dio stesso che voleva ucciderlo e dichiara: Tu sei per me uno sposo di sangue. Poi c’è Raab, la prostituta, che non esita a salvare i primi esploratori mandati da Giosuè a Gerico. C’è la tenacia di Rizpà, che con un mantello di sacco stette dal principio della mietitura dell’orzo finché dal cielo non cadde la pioggia, per non permettere agli uccelli e alle bestie selvatiche di accostarsi ai cadaveri dei suoi figli impiccati. O l’intraprendenza, moralmente poco scrupolosa, di Tamar che, ingannata dal suocero, lo inganna a sua volta vestendosi da prostituta per avere comunque una discendenza che le voleva essere negata. Donna, richiama anche amore. Il primo grande amore è tra ish e ishah, Adamo ed Eva, fatti l’uno per l’altra al punto di condividere il nome: ish, cioè uomo, ishah uoma. Poi la grandiosa storia d’amore dell’entusiasta Giacobbe e di Rachele, bella di forme e avvenente di aspetto. Giacobbe appena vide Rachele al pozzo, le corse incontro e la baciò… poi pianse ad alta voce. Non sapeva nemmeno chi fosse. Forse si vergognò di quel gesto così impulsivo, ma l’amò al punto tale che, sebbene dovesse poi lavorare sette anni per averla in moglie, per lui quei sette anni furono come un giorno. Poi l’amore tra Tobia e Sara, unione scritta nel Cielo. E il poetico amore tra la misteriosa sposa del Cantico (la Sulammita, o Shulamit, femminile di Salomone?) e il re Salomone: Baciami con i baci della tua bocca… Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l’amore. Ci sono, nella Bibbia, diverse donne segnate dalla sterilità. E questo è un mistero perché Dio, che aveva anticipato una grande discendenza, sembra non mantenere la sua promessa. A Sara, a Rebecca, a Rachele, fondatrici d’Israele, il ventre è serrato. Lo sarà anche quello della tenera Anna, madre del piccolo Samuele. Il Talmud, che a volte più che spiegare, folgora, dà questa risposta: I costruttori di case sono serrati di figli. Dio ci tiene a far vedere che il popolo d’Israele è un’opera sua, non è opera umana. E concede la maternità col contagocce. Fa soffrire, ma poi la concede. Per la loro sofferenza queste donne s’innalzano nella storia del loro popolo come torri d’avorio, e si stagliano luminose contro il cielo azzurro della Palestina. La Bibbia riporta anche casi meno gloriosi: quello di Dalila che consegna il marito Sansone ai nemici, e la moglie del profeta Osea che lo tradisce ripetutamente con vari amanti. Ci sono casi addirittura raccapriccianti: la figlia di Iefte, la giovane vergine che viene sacrificata dal padre per un precipitoso e assurdo voto; la concubina del Levita che viene violentata e il cui corpo è poi tagliato in pezzi. Sono storie truci, che riflettono la penosa realtà in cui a volte vivevano la donne, per la mentalità del tempo e le consuetudini dei popoli antichi. Ma la storia più bella è quella di Rut. Rut è una vedova, Noemi la sua anziana suocera. Noemi è ebrea e vuole tornare nella sua terra, dalla quale è assente da vari anni. Rut non è ebrea. Sa che, essendo vedova, potrebbe risposarsi solo col più prossimo parente del marito. Ma parenti non ce ne sono. Noemi, che le vuole bene e vuole liberarla dal vincolo, insiste perché rimanga nella sua terra, mentre lei parte. Ma, tenacemente, Rut insiste: seguirà la suocera e il suo destino fino alla morte. Arriva così, Rut, con Noemi, nel territorio d’Israele. Non è più una giovanetta, e non conosce nessuno, solo la suocera. Un giorno, per caso, dice la Bibbia (che ben sa che il caso non esiste), Rut andò a spigolare in un campo, per raccogliere le spighe lasciate dai mietitori e portare un po’ di grano a Noemi. Il campo apparteneva ad un certo Booz. S’incontrarono, Rut e Booz, durante la mietitura, sotto il sole cocente: lui, il padrone, lei la straniera con il viso bagnato dal sudore. Piacque a Booz la dolcezza di quella straniera, così solare, e le permise di continuare a spigolare. Alla sera Rut raccontò tutto a Noemi. Il volto dell’anziana s’illuminò di gioia: Il campo in cui sei andata, per caso, appartiene a Booz, un nostro parente . Noemi invitò Rut ad agire: stasera ci sarà la festa di fine mietitura; vestiti con le vesti più belle, profumati e ingioiellati, ma non partecipare alla festa; verso la fine, quando Booz sarà sazio di cibo e di vino, guarda dove si va a coricare; poi tu va’ e stenditi lì, a suoi piedi. Così fece Rut. Era notte fra i monti della Giudea. Booz si coricò su un covone di grano e si coprì con la coperta. La notte ancora trasudava della calura del giorno estivo. Presto Booz, s’addormentò profondamente, col ventre rallegrato dal cibo e la testa resa lieve dal vino. Venne Rut e silenziosamente s’infilò ai suoi piedi, sotto la coperta. Lo sfiorò appena, con due dita. Venne poi la notte fonda, e le stelle lassù, e la brezza che s’infila tra i covoni, sfiora la paglia e accarezza i capelli. Un lieve brivido corse lungo la schiena di Booz. Si svegliò e vide Rut. Un sussulto al cuore. Non servono molto parole, per comprendersi. Lei dice: Sono tua parente, sono qui perché me l’ha detto Noemi. Nella notte stellata, Booz comprende. Non sono ragazzini, sono entrambi persone mature, hanno alle spalle un passato, forse doloroso. Non sono vittime dell’amore, sanno cos’è l’amore, sanno cosa chiede, sanno cosa dare. Sanno aspettare. Dormi qui, questa notte. Domani ti dirò dice Booz. Il buio e la brezza notturna sul campo di grano si stendono su quella coperta. Di quella notte, non si sa nulla. Il giorno seguente Booz chiede Rut in sposa. Rut e Booz saranno i bisnonni di Davide re. Saranno anche i progenitori di Giuseppe, il padre putativo di Gesù. Per gli ebrei, sono i progenitori del Messia che verrà. È una storia tutta freschezza, che non si può non raccontare. Nata in un campo di grano, in una notte d’estate.

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