Robin Hood rapisce Cannes

Il festival del cinema apre con il film di Ridley Scott. L'epopea del principe dei ladri è spettacolare e annuncia già un sequel.
Crowe

Apertura alla grande, ieri sera, col nuovo film di Ridley Scott, quello de Il gladiatore, con Russel Crowe. Nell’ondata di riflusso del genere peplum – quello di Ercole Maciste ma anche di Cleopatra e degli Argonauti – dopo il remake di Scontro di Titani arriva il nuovo eroe in calzamaglia, appunto Robin Hood.

 

Solo che questa volta sono i pantaloni e una casacca frusta i panni che veste il Principe dei ladri, in un film epico, un poco pessimista nella visione della vita (si ascoltino bene certi dialoghi), spettacolare al grado massimo – le scene di battaglia (un poco alla Braveheart) sono esemplari – con una fotografia che sa alternare squarci di luce nelle foreste a cupe distese fangose; ed il ritmo, un poco impacciato all’inizio, poi pian piano tiene e viaggia con forza.

 

Crowe è un po’ il gladiatore, faccia sempre tesa, sullo scontento, fisico robusto, e la lady Marion (Cate Blanchett) è una sorta di Giovanna d’Arco (magari sarà la protagonista di un futuro remake, non si sa mai, a Hollywood ormai il peplum funziona bene, anche come incassi).

 

Buona la scenografia, i costumi e la musica pimpante e “gloriosa”. La parte migliore è però il finale incalzante, chiave di volta del filmone di oltre due ore. Cioè si narra il motivo per cui Robin da arciere di Riccardo Cuor di leone diverrà un bandito, a causa dell’ostile gelosia del perfido re Giovanni Senza terra. Si dice insomma al pubblico di dimenticare i precedenti film su Robin Hood e di aspettarsi quello del ventunesimo secolo, che verrà presto (dipende dagli incassi): perché questo con Crowe, in effetti è il prequel, ovvero l’antefatto di ciò che si narrerà nel sequel, cioè nella “puntata successiva”.

 

Grande spettacolo dunque, per far divertire. Gli occhi soprattutto.

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