Riscoprire il valore di fare impresa

In dialogo con Emanuele Zanetta, imprenditore novarese, attivo nell'EdC sin dal 1991
fai la cosa giusta milano

Sono ormai passati vent’anni da quando l’Economia di Comunione ha mosso i primi passi, dopo l’intuizione avuta da Chiara Lubich mentre era in volo sopra le favelas di San Paolo del Brasile. Tra coloro che l’hanno vista fin dal suo nascere c’è Emanuele Zanetta, imprenditore novarese. È infatti entrato nella ditta di famiglia, che produce rubinetti dal 1975, proprio nel 1991. Lo incontriamo a Fa’ la cosa giusta, la fiera del consumo critico.

 

L’Edc arriva a Fa’ la cosa giusta per la prima volta: che opportunità si aprono?

«A differenza di altre fiere, questa non si rivolge solo agli operatori del settore, ma anche ai consumatori finali. Si tratta quindi di un’occasione unica per uscire dai soliti circuiti: l’EdC dovrebbe sfruttare di più opportunità come queste. Spero che il prossimo anno ciascuno di noi sarà qui a presentare i propri prodotti, così da far vedere come l’EdC sia una realtà sfaccettata, che si diffonde tra le persone facendo le cose più varie».

 

Lei ha visto l’EdC fin dal suo nascere: come si è evoluta?

«La prima fase è stata essenzialmente di definizione dei modelli dei rapporti con i dipendenti e con l’ambiente, mentre nella seconda si è fatto più attenzione ai valori che l’hanno ispirata e alla divisione degli utili. Ora siamo in una fase più matura, in cui la crisi ne sta mettendo alle prova i fondamenti: in un contesto in cui nessuno sa davvero dove si andrà, l’imprenditore EdC ha in più una spinta motivazionale e una capacità elaborativa che gli consentono di riscoprire il valore originario del fare impresa e metterlo a frutto».

 

E qual è, secondo lei, questo valore?

«Oggi la finanza dilaga perché è meno faticosa che “l’arte del fare”: perché dovrei avviare una mia attività, se il mercato è saturo? Occorre lavorare sulla mente dell’imprenditore perché si riscopra come colui che innova, che mette in atto una sua idea, dando concretezza ad un concetto astratto come quello della speranza nel futuro».

 

Ha affermato che la specificità di questa fiera è di rivolgersi ai consumatori: come relazionarsi con loro?

«La crisi ha cambiato anche questo. Mentre prima si produceva per i grossisti, ora questi si rivolgono altrove, ad esempio in Cina, per ottenere prezzi migliori. Una volta tolta, per così dire, “la massa”, rimane una clientela non necessariamente elitaria, ma che comunque vuole fare una scelta consapevole di un prodotto bello e di qualità. Per questo c’è ancora più bisogno di comunicare col consumatore, di avere una relazione se possibile diretta con chi acquista. E questo è un ottimo contesto per farlo».

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