Rimsha e la verità sulla blasfemia

La vicenda della piccola cristiana down accusata di blasfemia, e ora rilasciata, contribuisce ad aprire gli occhi a tutto il Paese
pakistan

Abbiamo tutti sentito parlare di Rimsha, la ragazza cristiana pakistana di 12 anni (nella foto con il volto coperto) accusata nientemeno che di blasfemia perché sarebbe stata vista mentre, appiccando il fuoco, bruciava delle carte tra le quali c'erano alcune pagine del Corano. La ragazza è affetta da sindrome di Down.

Una storia inverosimile, tanto che numerosi esponenti di rilievo musulmani non hanno esistato, anche in televisione, a sostenere che l’accusa era assurda, anche perché la ragazza è minorenne e non sa leggere. E in effetti, si è scoperto che il responsabile della moschea, il maulvi che l’accusava, era stato lui stesso a strappare una pagina del Corano e a frapporla nelle ceneri. Il muezzin e altri testimoni hanno confermato questa versione: era noto che il maulvi voleva che i cristiani se ne andassero dalla specie di borgata in cui lui guidava la preghiera dei musulmani.

Dopo alcune settimane la ragazza è stata rilasciata dietro pagamento di una cauzione e portata in luogo sconosciuto per la sua sicurezza. Mentre in prigione c’è finito il maulvi e i giornali musulmani stessi scrivono che è lui ad essere accusato di blasfemia. Tutto il Paese ne parla, perché ci si è ormai resi conto che una legge come quella che punisce la blasfemia viene troppo spesso usata per formulare false accuse o addirittura per vendette personali. Centinaia di musulmani, in effetti, in misura molto più numerosa dei cristiani, sono in prigione per questa legge usata male.

Scrive una rivista cristiana del Pakistan, Hayat, con fede e pathos: «C’è proprio da essere grati a Dio di aver “usato” Rimsha per aprire gli occhi a tutta la nostra nazione e mostrare come tante persone nella nostra nazione soffrano ingiustamente. I sacrifici di tanti cristiani e non cristiani stanno portando frutto. Continuiamo a unire le nostre sofferenze a quelle di Gesù che ancora soffre in tanti nostri fratelli e soffrire con dignità, in piedi, come Maria ai piedi della croce, che pur afflitta per il dolore più atroce, rimaneva lì per sostenere suo figlio».
 

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