Ricordo dei nonni

Il 2 ottobre è, dal 2005, la festa nazionale dei nonni per celebrare il loro ruolo svolto all’interno delle famiglie e della società. Frammenti di vita di Ivo e Anna Maria Molè
Ivo e Anna Maria Molè

Il 2 ottobre è la festa dei nonni oltre che degli angeli custodi. È una fortunata coincidenza perché è la prima ricorrenza che i miei figli vivono senza i nonni perché in rapida sequenza, nel giro di un anno, sono passati a miglior vita. Ora, in un certo senso, si può dire che le due feste coincidono. I nonni sono diventati anche i loro angeli custodi.

 

Si sottolinea spesso, a ragione, l’importanza dei nonni dal punto di vista economico come se fossero degli ammortizzatori sociali a costo zero per la collettività per coprire la mancanza di una rete di protezione che aiuti le famiglie negli innumerevoli fronti da cui è attraversata: mancanza di risorse economiche, di tempo, di esperienza. Tutte quelle precarietà che fanno parte della vita e che spesso da soli non sono sempre superabili.

 

Eppure, i nonni, sono per i nipoti soprattutto un centro di amore e affetto incondizionato, fonte di conoscenza attraverso i loro racconti di ciò che la vita gli ha insegnato, di relazione attraverso giochi, favole, ricette cucinate insieme e di trasmissione del sapere, della lingua italiana, della storia del Paese, e per chi ce l’ha, anche della fede.

 

Nel 2007, in occasione della festa dei nonni, il presidente Napolitano disse che è importante «sottolineare il ruolo degli anziani nel tenere vivo il dialogo tra le generazioni, assicurando così la trasmissione dei valori fondanti del vivere civile. La funzione che i nonni sono chiamati a svolgere va infatti ben oltre i tradizionali confini della sfera familiare per estendersi all’intera collettività, che dal loro prezioso apporto di esperienza e di senso civico può trarre importanti stimoli di crescita e di coesione sociale nel rispetto essenziale della propria memoria storica: anche per questo auspico che il rispetto e la gratitudine per i loro insegnamenti di vita possa tradursi in una maggiore attenzione delle istituzioni e della società intera ai problemi ed ai bisogni della terza età».

 

Dalla breve esperienza con i loro nonni, i miei figli ancora piccoli, hanno appreso la bellezza dell’avventura della vita umana. Dal nonno Ivo la propensione a scherzare, prendersi in giro, a giocare ed essere allegri in tutte le circostanze della vita, anche quelle più tristi e della malattia. Una vita, insomma, da affrontare con serenità perché si sa di non essere orfani, ma di essere custoditi e amati da un Padre celeste. Siamo, insomma, tutti figli. E per i nipoti, penso, il nonno non era un nonno, ma un bambino come loro con cui giocare e scherzare anche se vestiva in giacca e cravatta. Non c’era nessun limite di relazione e l’amore era reciproco e totale. Un nonno che si faceva bambino e dei nipoti che qualche volta lo dovevano riportare all’ordine. Usava spesso chiamarli con un altro nome o soprannome. « Nonno mi prendeva in giro – dice mia figlia Sofia di cinque anni – ma mi voleva bene e mi manca moltissimo. Va bene che è in Paradiso, ma lo voglio vedere». Spesso quando lo cercava e le dicevo che ora era in Cielo, usciva sul balcone per cercarlo tra le nuvole. Adesso che il suo corpo è immateriale, da vivo pesava anche 120 chili, può avere quella leggerezza che nello spirito già possedeva. Mi piace pensare che, almeno lui, in qualche forma, ci possa vedere e accompagnare come un lieve angelo custode.

 

La nonna Anna è colei che ha vissuto più a stretto contatto con loro, con una frequenza quasi quotidiana. La nonna era di fatti una mamma ben allenata dall’aver tirato su sei figli, per cui continuava a fare la mamma di talento. Era molto portata per questo. Nella quotidianità fatta di compagnia con loro, di prenderli a scuola, di fargli fare i compiti, di fare la merenda, di preparare dei cibi assieme, inventarsi dei giochi originali, leggergli tante favole, nessuno sa l’incidenza che avrà sui nipoti futuri adulti che si inseriranno nella società. C’è da augurarsi solo che un pochino gli assomiglino.

Il medico che l’ha seguita fino all’ultimo ci ha detto che non nascono più donne così. Si riferiva alla tempra fisica e di come aveva resistito ad una malattia devastante. Eppure la sua tempra spirituale era la vera eccezionalità, un segreto custodito e condiviso con il nonno, un tesoro nascosto ora completamente svelato.

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