Richiesta di pari diritti per i fuoricasta cristiani

Nella complessa situazione sociale indiana il primo ministro del Tamil Nadu ha fatto richiesta al governo centrale di New Delhi affinché i cristiani dalit possano godere degli stessi diritti, previsti dalla Costituzione, degli altri "intoccabili" indiani
Il primo ministro dello Stato del Tamil Nadu

Nel sistema castale indiano, oltre alla divisione nei quattro gruppi tradizionali fondamentali – brahmini (sacerdoti), kshatryia (principi e militari), vaisya (commercianti e coltivatori) e sudras (adetti a lavori impuri come pulizie, lavorazione della pelle, barbieri ecc.) – un posto particolare l’hanno sempre avuto i fuoricasta. Si tratta di milioni di persone che, da millenni, non sono considerati degni nemmeno di far parte del sistema castale, che si distingue in migliaia e migliaia di piccoli gruppi che fanno riferimento alle quattro caste principali.

I fuoricasta, nel corso del tempo, hanno avuto nomi diversi. Tradizionalmente erano chiamati "intoccabili", a causa del fatto che, se toccati anche dalla loro ombra, i brahmini dovevano ricorrere a riti purificatori. Sono noti anche come paria, termine singolare della parola paraiyar, che indica il gruppo etnico fuori casta più numeroso nel Sud India (stato del Tamil Nadu). Gandhi fu molto critico sulla discriminazione etnica nei confronti di questi gruppi, che amava chiamare harijans, figli di Dio. Oggi, ci si riferisce loro come ai dalit, che ricorda la radice sanscrita del termine "spaccare", "frantumare", che indica appunto il destino di questa parte della popolazione indiana.

La Costituzione indiana, all'articolo 17, vieta la pratica dell'"intoccabilità" e, sia a livello statale che locale, si è cercato di mettere in atto delle misure che garantiscano una sempre maggiore acquisizione di una dignità sociale mai avuta. Tuttavia, in tutte le zone dell’India, si è ancora molto lontani dall’eliminazione di pregiudizi e discriminazioni sociali. Da decenni si sono sviluppati movimenti per la presa di coscienza sia dei dalit che dell’altra parte della società indiana, ma spesso ci si rende conto che poco è cambiato. Anzi, certe misure, come il riservare un numero di posti per gli studi universitari, per gli impieghi pubblici e l’amministrazione, finiscono per perpetuare un ciclo vizioso che dura da millenni.

Esistono, poi, discriminazioni fra i discriminati. Per esempio, la Costituzione sulle Scheduled caste (Sc), i gruppi appunto discriminati, all'art. 3 riconosce diritti e facilitazioni di tipo economico, educativo e sociale solo ai dalit indù, con quote di posti di lavoro assegnati nella burocrazia. In seguito, nel 1956 e nel 1990, lo status venne esteso anche ai fuoricasta buddhisti e sikh, escludendo cristiani e musulmani. Questo stato di cose ha creato, soprattutto negli Stati del Sud India una tensione latente che spesso è esplosa fra gruppi sociali. La Chiesa cattolica e molte Chiese protestanti sono impegnate in prima linea per una piena acquisizione dei diritti da parte dei dalit cristiani. La Conferenza episcopale indiana (Cbci) ha, per esempio, una commissione apposita per promuovere una politica che garantisca i giusti diritti a questi gruppi. È bene tenere presente che soprattutto negli stati del Tamil Nadu e dell’Andra Pradesh ci sono intere diocesi costituite da cristiani provenienti da questi gruppi etnici discriminati.

Una notizia inattesa e che fa ben sperare è la recente decisione da parte del primo ministro dello Stato del Tamil Nadu, la Signora J. Jayalalitha, di presentare una richiesta formale al primo ministro Manmoham Singh per avviare un processo per la concessione anche ai dalit cristiani dei diritti previsti dalla legge sulle caste.

«I dalit cristiani devono essere trattati al pari dei dalit indù, sikh e buddhisti e godere dei diritti sanciti dalle legge sulle caste», ha affermato la signora Jayalalitha, una veterana della politica indiana, sulla breccia da un trentennio, spesso considerata come una mezza divinità dai suoi sostenitori e odiata come corrotta e senza scrupoli dai suoi oppositori. Sebbene sia una personalità controversa, resta, comunque, significativo che il primo ministro del Tamil Nadu, lei stessa una brahmina, abbia deciso di fare una tale richiesta all’autorità del governo centrale. L’atto è stato formalizzato il 9 agosto, una data molto significativa per la questione dei dalit.

Infatti, lo stesso giorno a New Delhi le comunità cristiane e musulmane hanno organizzato una manifestazione davanti alla cattedrale della capitale e osservato il Black Day per ricordare il 10 luglio del 1950, data in cui venne approvata la Costituzione sulle Scheduled Caste (Sc), che, di fatto discrimina ulteriormente i dalit cristiani. «Le tensioni sociali generate dallo status squilibrato tra dalit indù e cristiani – sottolinea Jayalalitha nella lettera al primo ministro Singh – sono solo peggiorate nel tempo e il senso di alienazione tra le comunità di minoranza è cresciuto».

Senza dubbio, un passo avanti positivo anche se la strada per una vera uguaglianza è ancora molto lunga e con retaggi millenari ormai radicati che sarà difficile dimenticare.

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