Riccardi e l’Italia ricordano Masslo

Il gesto del ministro ha riportato l'attenzione del Paese sulla storia dell'immigrato sudafricano, simbolo di tutte le vittime del caporalato
masslo

Sono trascorsi ben ventidue anni, ma il nome e la storia di Jerry Essan Masslo sono ancora vivi in Campania e soprattutto in provincia di Caserta, dove la presenza di immigrati, regolari e clandestini, è altissima. Il rifugiato sudafricano di appena trent’anni, ucciso nel 1989 durante una rapina a Villa Literno, è diventato il simbolo della ribellione allo sfruttamento del lavoro degli immigrati, vittime dei cosiddetti caporali. Ma anche il simbolo della speranza, perché lo sdegno per la sua morte portò ad una nuova stagione di leggi e provvedimenti in favore degli immigrati. È per questo che il neo ministro alla Cooperazione internazionale e all’integrazione, Andrea Riccardi, ha scelto la tomba di questo giovane, scappato dal Sudafrica dell’apartheid, come tappa della sua prima uscita pubblica.

 

Durante i due anni trascorsi in Italia, dove, nonostante le persecuzioni subite in Patria, non riuscì ad ottenere lo status di rifugiato, Masslo era stato ospite della “Tenda di Abramo”, struttura della Comunità di sant’Egidio, fondata dallo stesso Riccardi. E proprio dopo la sua morte, la stessa comunità costituì a Napoli una sezione della propria scuola d’italiano per immigrati “Louis Massignon”, nella cui sede di Roma, Masslo aveva studiato. Nel capoluogo partenopeo, la scuola ha accolto finora oltre 5.000 studenti.

 

Villa Literno, cittadina di Terra di Lavoro, negli anni ’80 viveva principalmente di agricoltura, grazie al lavoro di braccianti di colore, gestiti, tramite intermediari, dalla camorra. A mille lire la cassetta (con venticinque chili di pomodori), infatti, solo gli extracomunitari erano disposti a sgobbare una giornata intera. Jerry, che voleva andare in Canada con la moglie e i due figli, ha lavorato per due estati nei campi di pomodoro di Villa Literno. Sveglia prima dell’alba, attesa nella cosiddetta “piazza degli schiavi”, dove i caporali prendono gli operai a giornata, dieci/dodici, anche quindici ore chini a raccogliere i pomodori per una misera paga.

 

Con il passare del tempo, poi, gli immigrati cominciano a prendere coscienza della propria situazione e cercano di cambiarla, riuscendo, però soltanto a peggiorarla. Il clima intorno a loro diventa pesantissimo, si scatena una vera e propria caccia al “nero”, gli operai dopo il lavoro non possono neanche farsi vedere in giro. La situazione è così seria che cominciano ad interessarsene anche i mass media. Lo stesso Masslo viene intervistato da una troupe del Tg2. La notte tra il 24 e il 25 agosto 1989 alcuni uomini incappucciati s’introducono nella misera casa dove Jerry dorme con altri operai. Con armi e spranghe minacciano gli immigrati per farsi consegnare i soldi guadagnati in due mesi di duro lavoro. Jerry viene colpito all’addome da tre colpi di pistola e muore prima dell’arrivo dei medici.

 

L’onda emotiva seguita alla sua morte portò a significative riforme nei confronti degli immigrati, come ha ricordato il ministro Riccardi: «La morte di Jerry ha rappresentato una parabola. Dopo essere scappato dall’orrore razzista del Sudafrica è morto in una brutta storia di caporalato. Una tragedia che ha fatto prendere coscienza della sofferenza degli immigrati e dalla quale sono nati fatti positivi come la legge Martelli e l’apertura ai profughi di tutto il mondo». Ma non ci si può fermare al lavoro fatto. È necessario continuare su questa strada ed arrivare ad una vera integrazione. L’Italia ha bisogno degli immigrati e deve dimostrare di saperli accogliere.

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