Renzi in Smart scombina la politica

Qualche riflessione sulle ultime spinte rottamatrici (o restauratrici?) del sindaco di Firenze. Le ragioni del suo gesto e il sentire della gente
Matteo Renzi

Ci siamo. Matteo Renzi, segretario Pd e sindaco di Firenze, ha rotto gli indugi ed è sceso in campo con l’intenzione di prendere il posto di Enrico Letta alla guida di un governo che, almeno nelle intenzioni, vorrebbe essere di legislatura. Oggi si attendono le dimissioni di Letta e l’inizio delle consultazioni del presidente della Repubblica. Si vocifera che il nuovo incarico possa essere già attribuito nella giornata di domenica, a meno che il presidente non ritenga necessario un approfondito passaggio parlamentare. «L’immensa ambizione» di Renzi (parole sue) avrà modo di essere messa alla prova nei prossimi mesi (o nei prossimi anni?): la sua guida smart del Paese saprà convincere gli italiani abituati alle guide più lente, ma sicure da vecchie berline blu (Monti e Letta), o quelle da potenti ammiraglie teutoniche (Berlusconi)? Il futuro politico non è poi così chiaro.

Motivi d’incertezza: sono numerosi nei cittadini che credono nel bene comune, sia che si riconoscano nella destra che nel centro che nella sinistra tradizionali, o nei movimenti di recente entrati in Parlamento. Forse val la pena elencarne alcuni, per far un po’ di chiarezza, secondo lo stile inclusivo e non esclusivo che ci è proprio.

Auto-candidature. Innanzitutto non pochi di questi cittadini provano un certo fastidio, se non addirittura una vera fobia, per le auto-candidature a qualunque incarico, soprattutto di rilevante caratura pubblica. Renzi nei fatti si è auto-candidato.

Odor di bruciato. Scegliendo di assumere l’incarico di presidente del Consiglio e ponendosi alla guida di un governo sostenuto dalla stessa ibrida maggioranza di Letta (cioè ciò che resta in piedi delle larghe intese, e con l’immutato e precario scenario economico del Paese che non consente a nessuno interventi “rivoluzionari” sul versante dell’occupazione e del sostegno alle imprese), Renzi rischia davvero di bruciarsi, «facendosi massacrare» (sue parole) dallo scontento dell’elettorato già a partire dalle prossime elezioni europee.

Sansone e i filistei. Non corre Renzi il rischio, così facendo, di trascinare con sé (muoia Sansone, va bene; con tutti i filistei, questo va meno bene) anche il suo partito e la sua coalizione? Già Alfano comincia a dire che accetterebbe solo un governo di scopo, tecnico e non politico, mentre Renzi ipotizza un governo politico fino al 2018. Lo scenario sarebbe un maxiregalo consegnato per le europee su un piatto d’argento a chi sta fuori dalla coalizione di governo, Forza Italia e M5S.

La fretta dei risultati. Che frutti mirabolanti, di grande attrattiva per gli elettori, potrebbe conseguire un governo del Paese a guida Renzi nei tre mesi che ci separano dalle elezioni europee? Si potrebbe considerare l’approvazione della legge elettorale? D’accordo, ma sarebbe comunque un magro risultato. Le più consistenti riforme costituzionali, invece, non potrebbero mai e poi mai essere varate in questo breve lasso di tempo.

2018. Ci si chiede altresì – quanti deputati sarebbero disposti a scommettere un solo centesimo sul buon esito del desiderio renziano? – se sia mai possibile immaginare una durata del suo governo fino alla sua scadenza naturale del 2018. Il quadro politico non è stabile al punto da poterlo prevedere. Bene che vada, quest’avventura governativa renderà più vicine le elezioni anticipate, dopo l’esito delle consultazioni per il Parlamento europeo.

Semestre europeo. Ma forse Renzi pensa di trarre un personale gran ritorno d’immagine dalla gestione del semestre europeo a guida italiana. È possibile, e forse qualche risultato potrebbe anche ottenerlo. Ma i disoccupati e le imprese in crisi del nostro Paese con tutta probabilità non se ne accorgerebbero neppure. Proprio ieri Squinzi, presidente di Confindustria, non ha lasciato molte speranze all’eventuale nuovo esecutivo.

Pazienza 1. Lo sanno tutti, Renzi non è molto paziente, e lui stesso lo ammette. Imprevedibile e decisionista, non è facilmente decifrabile nelle sue vere intenzioni. Ma ci si chiede come mai, nonostante le sue dichiarazioni precedenti, non abbia atteso, con pazienza, meno di un anno appena (ovvero la scadenza che si era data l’esecutivo Letta, anche attraverso la disponibilità ad un rinnovamento dell’esecutivo e ad una stipula di un nuovo patto di governo) prima di chiedere una legittimazione elettorale delle sue ambizioni. Sarebbe stato in effetti il candidato premier naturale del centro-sinistra alle prossime elezioni che, disputandosi con una nuova legge elettorale, avrebbero potuto garantirgli di guidare un governo sostenuto da una maggioranza più omogenea.

Pazienza 2. La crisi economica morde ancora. Non siamo usciti dal tunnel, e probabilmente non ne usciremo prima del 2015. Se avesse atteso, e con la legittimazione del consenso popolare, Renzi avrebbe potuto contare su di una situazione economica sicuramente più favorevole, con indicatori di ripresa più marcati e verificabili. Oltretutto avrebbe avuto più tempo per preparare un programma di governo efficace e convincente.

Governicchio. Ben altra è la prospettiva attuale, un semplice governicchio basato su una maggioranza tutt’altro che omogenea e ancora divisa in tante fazioni, un esecutivo di transizione, debole, senza la legittimazione del consenso elettorale e con le casse vuote.

A meno che… Qualcuno si starà certamente interrogando su uno scenario forse da fantapolitica, ma pur sempre ipotizzabile, soprattutto in un Paese come il nostro. Non sarà che Renzi, con questa crisi pilotata di governo, non intenda pigiare invece machiavellicamente il piede sull’acceleratore delle elezioni anticipate per mettere la parola “fine” alle larghe intese? La formalizzazione della crisi, infatti, passa dal Parlamento e non è scontato che un eventuale nuovo esecutivo a guida Renzi esca indenne dalle aule parlamentari, ottenendone la fiducia. Così si andrebbe al voto anticipato addirittura prima del prossimo anno, come chiedono Berlusconi e Grillo.

Ma bisogna anche pensare che… Più che il giudizio su Renzi, il giudizio va dato al Governo Letta; da qui consegue anche la valutazione (da fare senza sconti) dell'operato di Renzi. L’esecutivo ormai defunto non ha brillato, soprattutto per quanto riguarda le prospettive che aveva ingenerato ai suoi inizi. Disoccupati, cassintegrati e poveri sono stati in qualche modo illusi…

Poteri forti. Si sono notati, è vero, alcuni segnali di abbandono da parte dei “poteri forti”, ma gli errori politici del Governo Letta non sono stati pochi, ultimo e definitivo quello della legge di stabilità: un prodotto, quello sì, della peggiore prima Repubblica, che è costato a Letta il definito abbandono delle parti sociali. Per tanti osservatori non era più possibile continuare: la sperimentazione avviata da Napolitano è andata male.

Alternative. Ne aveva Renzi? Dopo l'accordo con Berlusconi per cambiare la legge elettorale, avrebbe potuto optare per il voto ad ottobre. Ha scelto invece di assumersi la responsabilità di governo.

Conclusioni possibili: grande è il rischio che l’ennesima commedia all’italiana scritta nel teatro della nostra politica si tramuti in tragedia. Ancora una volta, ed è questa la critica che più insistentemente passa sul web, i meccanismi della politica nostrana paiono lontanissimi dal sentire della gente comune, cioè di tutti noi. Un’altra manovra di palazzo. L’ennesima. Ancora una volta i più deboli – i disoccupati, le famiglie numerose monoreddito, i pensionati da 500 euro al mese, il 22 per cento di giovani che non studia, non lavora e non cerca un impiego, gli esodati, le vittime del gioco d’azzardo e dell’usura… – sembrano tagliati fuori dalla politica che conta. Ignorati.

Auguri. Naturalmente non saremo noi a non augurare al governo che nascerà, se nascerà, di riuscire nella difficilissima impresa di risollevare le sorti del nostro Paese. Una volta votato dal Parlamento, il governo dovrebbe essere in effetti il governo di tutti. Ma sono finiti i tempi dell’accettare a scatola chiusa le promesse dei nostri politici. La gente s’interroga. Di destra come di sinistra.

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