Quando Graziella parlava a De Gasperi di unità

Chiara Lubich chiese a Graziella De Luca di raccontare al il primo presidente del Consiglio la vita del movimento: «Quando mi recavo nella sua residenza mi ascoltava come fosse l’argomento più importante della sua vita». A Montecitorio, Graziella diede vita al primo gruppo di onorevoli che aderivano alla spiritualità dei Focolari. Proponiamo un estratto di un articolo del 2011
Alcide De Gasperi
Tra il famoso scrittore e deputato e colui che era stato eletto primo presidente del Consiglio dell’Italia repubblicana l’amicizia era di vecchia data. Fra l’altro Giordani aveva preso le difese dello statista trentino quando era stato attaccato dai fascisti e, dopo la sua scarcerazione nel 1928, gli aveva ottenuto da Pio XI un impiego presso la Biblioteca Vaticana.


Giordani era certo che, così com’era accaduto a lui, anche De Gasperi avrebbe colto i valori e l’attualità del messaggio evangelico del movimento, traendone motivi di speranza e serenità nelle gravi difficoltà di quel dopoguerra così agitato dai contrasti politici. Ma non gli era ancora riuscito di combinare un suo incontro con Chiara. Ora l’occasione pareva provvidenziale.


Così Chiara rievoca quell’episodio: «Giordani andò subito loro incontro e presentò me come fondatrice del Movimento dei focolari, e le focolarine, dicendo che venivamo da Trento. Poiché De Gasperi era trentino, apparve sorpreso e interessato e chiese cosa facessimo a Roma. Una di noi, Graziella De Luca, disse sorridendo: “Siamo venute per portare il fuoco e per minare la città”. Poi, vedendo che De Gasperi appariva meravigliato, spiegò di che fuoco e di che esplosivo si trattasse: “Vogliamo accenderla e minarla di amor di Dio”. La conversazione si prolungò per un po’. De Gasperi, anche se visibilmente stanco e pallidissimo, si mostrò subito disponibile, tanto che alla fine Giordani lo invitò a pranzare insieme. De Gasperi disse che non poteva, perché era ospite di una famiglia amica e doveva ritornare presto a Roma, ma che prima di partire sarebbe venuto nella villa Alvino a prendere un caffè».

 

Quali impegni impellenti richiamassero lo statista nella capitale è presto detto: la ricostruzione e il riassetto economico del Paese procedevano a fatica e c’era penuria di pane, ciò che alimentava il malcontento del movimento operaio e sindacale, mentre si attendevano come la salvezza le Liberty, le navi da trasporto Usa con aiuti alimentari.

 

All’arrivo del capo del governo con la moglie in casa Alvino, Giordani invitò Chiara a intrattenere l’illustre ospite sugli inizi del movimento a Trento e sui suoi sviluppi. Doveva trattarsi di un breve saluto, invece «De Gasperi – racconta Chiara – ascoltò per quasi un’ora immobile e raccolto. Sembrava che per lui ogni parola avesse un peso e un significato. Non fece alcun commento, ma quel suo silenzio era l’eco più eloquente. Ad un certo momento fece una domanda: “E la Madonna? Voi non parlate della Madonna?”. Quel nome pronunciato da lui svelava un intimo rapporto con Maria. La risposta immediata da parte di tutti fu un’esplosione di gioia e gli parlai di Maria, e di come – nella luce del carisma che aveva dato vita al movimento – lo Spirito Santo aveva fatto scoprire in maniera nuova lo splendore del disegno di Dio su di lei».


Era ormai sera inoltrata quando De Gasperi con gli altri venuti da Roma si accomiatò dalle focolarine, felici di aver «incontrato non un politico, ma un uomo di Dio». In strada, dove qualcuno s’era munito di pile per orientarsi nel buio della pineta che fasciava l’abitato, lo statista era visibilmente commosso: «Questa mattina – confidò – ero disperato: per l’opposizione dei comunisti, la situazione politica è ormai ad un punto tale di tensione che non vedevo altra via di soluzione che dimettermi dal mio incarico. Sono andato a messa a San Pietro, ho pregato Dio di illuminarmi e, quasi come risposta, m’è venuto in mente di prendermi una giornata di riposo a Fregene per riflettere. Ora riparto con fiducia e speranza nuove».


Ripensando a quel primo incontro, De Gasperi ebbe a confidare: «Quella è la vita vera!», col rimpianto di non potervi dedicare il suo tempo. Comunque a Fregene, come aveva assicurato, fece ritorno verso metà di quello stesso mese di febbraio.


Di nuovo Chiara: «Anche questa volta parve molto stanco. Si accomodò in una poltrona e gli parlai, quasi continuando la conversazione avuta precedentemente, del misterioso grido di Gesù sulla croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”; quindi della realtà dolore-amore da cui non si può prescindere se si vuole realizzare l’“ut omnes unum sint”, che è lo scopo del movimento. Egli di nuovo seguiva tutto in grande silenzio. Alla fine commentò: “Questa è la seconda lezione”».

 

De Gasperi offrì a Chiara una rilevante somma per le necessità del movimento, ascoltando poi dai presenti esperienze indicative di come lo spirito del movimento si diffondesse nei più diversi ambienti.


«Quei fatti – continua Chiara – gli fecero molta impressione. Lo si capiva dai suoi commenti ed anche dall’espressione del suo volto che pareva guardare lontano: come intravvedesse un mondo nuovo, possibile, in cui nei ministeri, negli uffici, nelle fabbriche e nelle strutture sociali ci fossero cristiani che, uniti fra loro, portassero dappertutto la presenza di Gesù. Disse che l’esperienza che il movimento stava facendo era la vera soluzione dei problemi che congestionavano la pubblica amministrazione, l’apparato statale, paralizzandone la vita. Quei suoi commenti venivano accolti come qualcosa di “sacro”, perché sembrava che riflettessero non solo la saggezza e l’esperienza di un’intera esistenza messa al servizio di Dio nell’impegno politico, ma che confidassero pure il travaglio e l’angoscia della sua anima lavorata e provata dal Signore. “Ogni mattina, quando mi sveglio – disse a un certo momento – la prima preghiera che mi viene spontanea alle labbra è il Miserere”».


L’interesse che Chiara portava anche ai fatti politici derivava dalla consapevolezza del bene o del male che attraverso la politica poteva inserirsi nella compagine sociale. Da qui scaturirà nel 1959 il Centro Santa Caterina per animare una politica ispirata al Vangelo, seme di quello che oggi va sotto il nome di Movimento politico per l’unità.


In seguito Chiara incaricò Graziella di andare ogni tanto ad aggiornarlo sulla vita del movimento e la diffusione anche all’estero dello spirito dell’unità. «Quando mi recavo nella sua residenza ai Castelli Romani – ricorda la De Luca – al mio arrivo lo trovavo già in attesa e mi ascoltava a lungo come fosse l’argomento più importante della sua vita». Ed è ancora Graziella a riunire periodicamente a Montecitorio una “cellula parlamentare” formata da alcuni onorevoli che hanno aderito ai Focolari.


De Gasperi coglieva ogni occasione per mantenersi collegato. Scrive Igino Giordani: «A Montecitorio, nel “corridoio dei passi perduti”, quando ci incontravamo, per prima cosa mi domandava notizie di colei che egli chiamava “la vostra animatrice”».

 

Esprimono l’intensità di questo rapporto alcune lettere dello statista a Chiara. Come questa del 21 aprile 1951 in risposta ai suoi auguri di compleanno (era nato il 3 aprile 1881): «Il sentirsi uniti sotto le ali della paternità divina offre un senso di serenità e di fiducia, anche nell’ora della tribolazione. E ora travagliata è questa, in cui l’uomo che ha responsabilità di governo è attanagliato da un feroce dubbio: che si preparino giorni amari per il nostro Paese e che noi non siamo preparati ad affrontare la tragedia con la solidarietà e la compattezza necessarie. Se non fossi tenuto a partecipare alla responsabilità di quella parte di storia che la Provvidenza deferisce al libero arbitrio degli uomini, me ne starei appartato e rassegnato, comunque, ai voleri di Dio. Ma per il cristiano che intende la politica come estrinsecazione della sua fede e soprattutto come opera di fraternità sociale e quindi di suprema responsabilità in confronto dei fratelli e del Padre comune, quest’angoscioso travaglio diventa un dovere inesorabile. Non voglio turbare con questo travaglio mio l’ardore della vostra vita spirituale, che si eleva al di sopra di così tristi temporalità; ma spiegarvi il mio stato d’animo e, nel ringraziarvi del vostro augurio, dirvi quanto mi siano preziose e utili le preghiere di tanti fratelli e sorelle, come voi e come molti che incontro ovunque nel nostro Paese e che sono consapevoli di questa mia preoccupante responsabilità».

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