Punti e linee

Dalle raccolte a premi, alla patente, al permesso di soggiorno, tutto sembra essere a punti. Ma senza aver prima dettato le linee, si rischia di cadere nell'incoerenza.
raccolta punti

Quando ero bambino andavano molto di moda le raccolte a punti con i dadi, i formaggini, ecc. Il mio mito e quello di tanti coetanei, erano la “Mucca Carolina” e “Ercolino sempre in piedi”, ma dovevi ingrassare a formaggini per ottenerli. Chi non conoscesse questi antenati dei moderni giochi elettronici nei sogni infantili, vista l’esiguità dello spazio a mia disposizione, faccia una sana ricerca su Google per erudirsi in merito.

 

Nella quotidianità vigente la raccolta a punti continua ad essere presente, ma con un ipermercato di ovvietà, al caro prezzo di svariate centinaia di euro, dalla bilancia, alle pentole, all’abbonamento a riviste e persino a opere solidali (!), ma senza destare immaginari collettivi come ai miei tempi.

 

Ma oggi i punti evocano ben altro: in autostrada, come dei millenaristi elettronici, i display sciorinano avvertimenti apocalittici:«parlare al cellulare 5 punti in meno sulla patente», e così di seguito. Chi è senza qualche punticino in meno sulla patente scagli la prima pietra! Ora le cangianti e mirabolanti statistiche ci dicono che sono diminuiti gli incidenti, che la cintura ha salvato tante vite e così via, salvo leggere di incidenti giovanili, purtroppo a maggioranza mortali, ad ogni piè sospinto. I punti, infatti, come quel gioco forse desueto, ma ancora affascinante per gli over cinquanta come me, della “pista cifrata” della “Settimana Enigmistica” (pubblicità palese….), devono essere uniti per formare linee e far apparire un disegno.

 

Per dirla senza troppi giri di parole, non è solo con le sanzioni che si ottengono risultati, anche se quando si ha la testa dura aiutano: occorre anche una lenta, paziente e costosa opera educativa che faccia capire, fin dalla scuola (benedette ore di educazione stradale ci mancate….) che guidare con tutte le regole è un atto di rispetto per te e per gli altri e non solo 5 punti in meno. E così per altre svariate situazioni.

 

Ora pare che la frenesia dei punti contagi anche la politica dell’immigrazione e stia arrivando il permesso di soggiorno a punti. Per serietà, visto che non sono state dettate le linee (hai visto che ci sono sempre con i punti?) del provvedimento non mi soffermo sui particolari anche se è già iniziata una bagarre mediatica pro e contro come di prassi in questa nostra politica “tifosa”. Ma ci sono alcune cose che mi colpiscono e mi fanno riflettere. Pare che tra i punti virtuosi ci sia la conoscenza della lingua italiana e la conoscenza della Costituzione. Ed allora mi domando: visto che si tratta di politiche che vorrebbero favorire l’integrazione, forse è l’occasione per confrontarci davvero con coloro che giungono animati dalla volontà di lavorare nel nostro Paese. Una robusta ripassata alla bistrattata e misconosciuta lingua italiana non può giovare anche al popolo tricolore? E quanti potranno interrogare i nostri amici provenienti da altri Paesi (suona meglio di immigrati, che vi pare?) sulla Costituzione, visto che pochi abitanti del Bel Paese (politici compresi) possono annoverarsi tra coloro che la conoscono? Ripeto che non voglio entrare nel merito della proposta legislativa che presto giungerà a meta, ma vorrei porre una questione di minima e buona coerenza. Come facciamo a chiedere ad altri quello per cui siamo, in gran parte, in difetto? Hai visto che i punti hanno sempre bisogno di linee?

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