Prosciolta la ragazzina accusata di blasfemia

Rimsha, una giovane pakistana di 14 anni affetta da sindrome Down, era stata accusata di blasfemia il 16 agosto scorso. Un imam sosteneva che avesse bruciato alcune pagine del Corano. Dopo tre settimane in un carcere per adulti, Rimsha è stata assolta
Rimsha Masih

La notizia del suo arresto era rimbalzata in tutto il mondo e le testate di vari quotidiani, soprattutto quelli con edizione on-line, e le varie agenzie di stampa ne avevano parlato per alcuni giorni. Rimsha, la ragazzina pakistana di 14 anni (nella foto mentre viene scortata da poliziotti e da alcuni volontari che la proteggono dalla folla), affetta da sindrome Down, era stata accusata di blasfemia il 16 agosto scorso. Un imam sosteneva che avesse bruciato alcune pagine del Corano. Dopo aver trascorso tre settimane in un carcere per adulti, Rimsha era stata rilasciata l’8 settembre. Ieri è arrivata l’assoluzione.

Il caso aveva cominciato a trovare una via di soluzione grazie alla confessione dei tre testimoni che, in precedenza, avevano sostenuto le accuse dell’imam. Khalid Jadoon Chishti pare avesse lui stesso introdotto alcune pagine strappate dal libro sacro all’interno di una busta in possesso della ragazza, che conteneva carta bruciata. La giovane cristiana aveva, poi, rischiato la vita quando una folla di musulmani fondamentalisti aveva cercato di assalirla e di uccidere anche membri della famiglia.

Nel corso delle indagini è emerso che i tre testimoni avevano presentato le loro accuse perché spinti a farlo dallo stesso imam. Pare che alla radice di tutto ci fosse l’intenzione di costringere alcune famiglie di cristiani a lasciare il villaggio dove abitavano per potersi, poi, impossessare dei loro beni.

Nonostante l’assoluzione della giovane cristiana, annunciata il 20 novembre dall’avvocato della ragazza, nessuno potrà cancellare il trauma di questi mesi. Paul Bhatti, l'unico ministro cristiano nel governo pakistano, ha confermato la sentenza di assoluzione: «Giustizia è stata fatta e il diritto è stato applicato dal tribunale. Questa sentenza darà un'immagine positiva del Pakistan alla comunità internazionale mostrando che c'è giustizia per tutti e che il Paese vuole tolleranza».

La decisione del tribunale, contenuta in 15 pagine, afferma che «le accuse di blasfemia sono questioni molto delicate e che questi casi vanno trattati con attenzione». L'avvocato cattolico Tahir Naveed Chaudry, uno dei membri del collegio che ha emesso la sentenza, ha dichiarato nel corso di una intervista: «Il giudice ha riconosciuto l'innocenza di Rimsha e la macchinazione ai suoi danni. È la prima volta che, nella storia del Pakistan, un procedimento giudiziario per blasfemia si conclude in questo modo. Questa sentenza costituirà un precedente e sarà molto utile per il futuro ma anche per altri casi di blasfemia presenti oggi nei tribunali». 

In effetti, la legislazione sulla blasfemia, già introdotte nel 1986 durante la dittatura del generale Zia-ul-haq, è assai controversa. Imposta per soddisfare le richieste della frangia estremista islamica, fino ad oggi ha causato la condanna di un migliaio di persone. Una sessantina addirittura sono morte a causa di omicidi sommari compiuti da parte di folle inferocite, scatenatesi per i presunti atti blasfemici. Fra i mille e più incriminati quasi cinquecento sono musulmani e più di centocinquanta i cristiani. Non mancano indu ed altre minoranze.

Le agenzie cristiane dell’Asia hanno sottolineato come, accanto all’avvocato cristiano, al Ministro del Governo di Islamabad e al vescovo di Rawalpindi, mons. Anthony Ruffin, anche personalità musulmane abbiano insistito e si siano adoperate per la liberazione di Rimsha. Un sacerdote locale ha affermato: «C'è una lunga lista di innocenti in galera per blasfemia, che vanno anch'essi salvaguardati. Rimsha è un simbolo di cambiamento per le minoranze in Pakistan».

Restano, tuttavia, anche gruppi che hanno manifestato il loro disappunto per l’assoluzione della ragazza cristiana ed accusano il tribunale di essersi lasciato convincere da pressioni subite dall’esterno. È bene ricordare che la difesa di Rimsha era guidata da un avvocato musulmano, Rana Hamid, che non ha nascosto la sua soddisfazione per la decisione finale della corte. 

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