Processo breve. Che cosa comporta?

Abbiamo chiesto al giurista Orazio Moscatello chiarimenti sulle nuove norme e su un disegno di legge approvato al Senato che invece allungherebbe i procedimenti
aula del tribunale di Milano

Con 314 voti a favore e 296 contro, il disegno di legge sul cosiddetto “processo breve” è passato alla Camera. Ora toccherà al Senato riesaminarlo in tutti gli articoli.

Ma che cosa prevede esattamente questo disegno?

 

Le due novità più importanti riguardano: la diversificazione dei tempi di prescrizione per persone incensurate e recidive; l’obbligo di segnalazione al ministro della Giustizia e al Procuratore generale della Cassazione, da parte dei capi dell’ufficio giudiziario, del magistrato che non ha concluso il processo nei tempi stabiliti dalla legge.

 

Che cosa prevede la prescrizione Nel diritto penale, la prescrizione prevede o l’estinzione  del diritto di punire prima che sia intervenuta una sentenza definitiva di condanna, oppure  estingue il diritto di applicare a una persona una determinata pena, inflitta attraverso una sentenza irrevocabile, in conseguenza del tempo trascorso. Così la definizione giuridica.

 

I nodi critici L’articolo 3 del disegno di legge fa una differenza sui tempi di prescrizione di un processo a seconda del tipo di reati e del reo che li ha commessi. In particolare sui tipi di reati vagliati da questa nuova normativa vengono esclusi quelli considerati di grave allarme sociale quale ad esempio reati di mafia, violenza sessuale, etc.

Per quanto riguarda la persona autrice di reato, le nuove norme distinguono tra incensurati, recidivi semplici e recidivi aggravati. Cosa accadrà allora applicandole?

Se la persona è incensurata il tempo di prescrizione ordinario (pari alla pena massima prevista per il singolo reato e comunque non inferiore a sei anni per i delitti e quattro per le contravvenzioni) a seguito di atti interruttivi della prescrizione, quali ad esempio la notifica dell’atto con il quale si inizia un giudizio, non può esssere aumentata in misura superiore ad un sesto per gli incensurati, un quarto per i recidivi.

Ma passiamo al concreto. Per il reato di corruzione la pena prevista è di 8 anni. Se aggiungiamo un sesto avremo 9 anni e quattro mesi. Quindi il processo deve esaurirsi in questo tempo. È questo il caso di Silvio Berlusconi. Prima invece sempre per la corruzione erano previsti 8 anni più un quarto e quindi 10 anni. Questi sei mesi di differenza farebbero cadere in prescrizione l’imputazione per il presidente del Consiglio.

Da premettere che i tempi di prescrizione per gli incensurati erano stati già ridotti dalla cosiddetta legge Cirielli.

Oltre agli incensurati, la legge prende in esame il recidivo semplice (chi avendo commesso un reato ne commette un altro) e il caso di recidiva aggravata (commissione di nuovo reato della stessa specie, ovvero nei 5 anni di quello precedente, ovvero durante o dopo l’esecuzione della pena).

 

L’articolo 4 stabilisce la durata del giudizio a seconda della pena prevista per ogni tipologia di reato. Il giudizio di primo grado ad esempio può durare 3 anni se si prevede una pena detentiva inferiore a dieci anni, 4 anni se è superiore a dieci anni e cinque anni per altre tipologie. Se la sentenza non viene emessa entro questo tempo cosa succede? Niente sotto il profilo processuale, solo una segnalazione del magistrato "lumaca". 

Sulla segnalazione al ministro della Giustizia e al Procuratore generale della Cassazione del magistrato che non ha concluso il processo nei tempi previsti, non si è ancora a conoscenza di cosa ciò potrebbe comportare e quali ricadute avrebbe: se una sanzione, un richiamo, un illecito disciplinare. E qui entra in campo la responsabilità civile del magistrato, che dovrebbe in qualche modo essere definita.

 

Altra novità riguarda i tempi entro cui un Pubblico ministero può decidere l’azione penale. Nel nuovo art. 205-quater in particolare, il Pm entro tre mesi dal termine delle indagini preliminari deve decidere se avviare o meno l’azione penale. Può chiedere naturalmente un prolungamento di tre mesi se l’imputazione rientra nei casi più gravi che rivestono una indagine complessa. Oppure decidere la sospensione per decorso dei termini. Infine un’ulteriore ipotesi di sospensione riguarda i criteri e le modalità di rinvio per processi inerenti ai reati coperti da indulto, in particolare i dirigenti degli uffici giudiziari devono dare priorità alla definizione dei processi pendenti a riguardo. Il comma 3, infine, reca la norma transitoria, che prevede l’inapplicabilità della disposizione ai processi in corso per i quali, alla data di entrata in vigore della legge, sia stato già emesso il provvedimento con cui il Pm esercita l’azione penale e formula i capi di imputazione. 

 

L’art. 5 prevede che, se in una fase antecedente all’apertura del dibattimento, il giudice dichiara con sentenza l’esistenza di una causa di non punibilità in ordine al reato commesso nel suo territorio, automaticamente dichiara la propria incompetenza in ordine al reato connesso e dispone contestualmente la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente. L’art. 6, infine, prevede l’entrata in vigore del provvedimento il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

 

Da porre invece particolare attenzione al disegno di legge approvato al Senato, definito "allunga processi", quasi una contraddizione rispetto al disegno approvato alla Camera. La proposta del Senato infatti prevede che se in un processo in corso viene stralciata la posizione di un imputato per dare inizio ad un altro procedimento parallelo, in questo secondo procedimento non è possibile utilizzare nulla di quanto usato nel primo: testimonianze, atti, tutto andrebbe rifatto. E non si prenderebbe in considerazione neppure una sentenza di primo grado. Questo comporta che il processo riinizi da zero con sprechi notevoli di tempo e quindi rischi ancora più possibili di giungere a prescrizione.

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