Preti al cinema

Da Fernandel a Moretti, Sordi, Verdone: molti sono gli attori che si sono cimentati nel ruolo di uomini di chiesa. Una rassegna fotografica racconta i sacerdoti del piccolo e del grande schermo.
Don Camillo

Aperta a Roma, all’Università Lateranense, una rassegna fotografica su “I sacerdoti e l’immaginario cinematografico”, dall’Ente dello Spettacolo e dal suo presidente Dario E. Viganò col contributo della Cineteca Nazionale del Centro Sperimentale di Cinematografia.

 

Ed è in effetti uno spettacolo scorrere le decine di immagini di preti che hanno popolato e popolano lo schermo, dagli anni dieci del novecento all’ultimo Verdone di Io, loro e Lara.  E’ una passeggiata nella storia europea ed italiana dove la figura del prete era – e ancora in parte è – familiare e comunque testimone, partecipe dei cambiamenti sociali e culturali.

Penso alle figure del cinema neorealistico, eroiche come il don Piero ( Aldo Fabrizi) di Roma città aperta (1945) di Rossellini; oppure alle visioni surreali, icastiche di Fellini nella celebre sfilata di moda clericale in Roma (1972). All’estero, nel frattempo si assisteva a figure di forte pregnanza morale come il prete del Diario di un curato di campagna di Bresson (1951) o alla irriverenza di La via lattea (1969) o Il fascino discreto della borghesia di Bunuel (1972), il regista ateo, contrariamente a quanto si crede, “più eccelsamente religioso della storia del cinema”.

 

Per tornare a casa nostra, dopo la saga spiritosa (ma quanto vera) su Don Camillo e Peppone, e  il cinema “impegnato” di Visconti, Rosi, Germi, Bolognini, Pasolini, satirico di Dino Risi, anticlericale di Luigi Magni  e Monicelli – dove i cambiamenti sociali e morali pre e postconciliari vengono rappresentati attraverso figure di preti o smarriti (come l’Alberto Sordi di Contestazione generale di Zampa nel 1970) o irrisolti o troppo in avanti – si arriva agli anni ottanta- novanta ad alcuni personaggi che esprimono chiaramente un nuovo modo di vivere e pensare.

 

E’ il caso di Nanni Moretti ne La messa è finita (1985), oppure de Il prete bello di Mazzacurati (1989), del bellissimo e incompreso La valle di pietra di Zaccaro (1992), di Casomai (2002) di D’Alatri e Preferisco il rumore del mare di Mimmo Calopresti, che ne è regista ed interprete (1999). Sono, questi, preti contemporanei, vicini alla gente, talvolta in crisi, altre volte oltre la crisi stessa, comunque figure che conoscono e vivono le nostre stesse vicissitudini. Ed hanno presa sul pubblico, se si pensa che il film di D’Alatri ha avuto un grosso success anche in ambito parrocchiale…

 

Si potrebbe continuare, tanto è vasta e completa la rassegna. Basterà chiudere con due film che, nella loro diversità segnano una esplorazione sul prete d’oggi: l’inquieto, visionario In memoria di me di Saverio Costanzo (2007) e il Verdone di Io, loro e Lara: due figure diverse, agli antipodi, ma che nelle loro esigenze, il primo all’interno di un seminario, il secondo al rientro in famiglia dalla missione,  riassumono il contatto con la realtà dolorosa che ci circonda. Senza sconti, come dovrebbe essere la vita di un prete.

 

Roma, Università Lateranense. Fino al 29/6 e poi in tournèe per l’Italia (catalogo Ente dello Spettacolo).

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