Pompei sorvegliata speciale

Crollata nei giorni scorsi una trave installata durante un lavoro di manutenzione nella Villa dei misteri. Presto, finalmente, dovrebbe cominciare un programma di interventi con risorse comunitarie
affresco villa dei misteri

Ennesimo crollo agli scavi di Pompei, ma questa volta niente di grave, per fortuna. Nella notte tra venerdì 7 e sabato 8 settembre, è caduta una trave in legno della copertura del peristilio di uno dei locali della famosa Villa dei Misteri. Si tratta di una copertura realizzata circa quindici anni fa per proteggere l’antica dimora, costruita nel II sec. a.C. sul pendio verso il litorale, ristrutturata intorno al 60 a. C. e, successivamente, anche nel I sec. d. C.
 
Come spiega il sito della Soprintendenza archeologica, Villa dei Misteri comprende un quartiere residenziale, affacciato al mare e decorato con splendidi esempi di “secondo stile” (inizi I sec. – 20 a.C.), e uno servile, accanto ai locali di lavorazione del vino (torcularia); qui è ricostruita una pressa per la spremitura dell’uva, con il tronco a testa d’ariete. Lungo le pareti del triclinio è il grande affresco (megalographia), con scena di rito misterico (donde il nome della villa), ovvero d’iniziazione femminile al matrimonio. Splendidi esempi di “terzo stile” a fondo nero sono nel tablino, con motivi miniaturistici tratti dalla pittura egiziana.
 
Il crollo, dunque, come hanno accertato i carabinieri, non ha avuto conseguenze, poiché non ci sono stati danni né al patrimonio archeologico, né alle coperture. Quindi, questa volta, i soliti profeti di sciagure non hanno potuto eseguire il loro repertorio. Ma certamente, nessuno vuole mettere la testa sotto la sabbia e negare che esista il problema “scavi di Pompei”. Anzi l’occasione deve servire per non dimenticare e per continuare a impegnarsi sempre più.
 
La Soprintendenza archeologica è la prima a preoccuparsi dopo i crolli, quelli seri, degli anni scorsi, a partire da quello della Schola Armaturarum del novembre 2010.
 
Il sito archeologico di Pompei copre una superficie di oltre 66 ettari, di cui 44 scavati. Le aree riportate alla luce comprendono circa 1.500 edifici antichi, ovvero 2 milioni di metri cubi di strutture murarie, 17 mila metri quadri di dipinti, 20 mila metri quadri di intonaci, 12 mila metri quadri di pavimenti, 20 mila metri quadrati di coperture protettive. Il numero dei visitatori nel 2011 ha superati i 2.300.000, con un trend in costante crescita. Da oltre 250 anni il sito archeologico è esposto a un inevitabile e fisiologico degrado delle strutture murarie e degli apparati decorativi, dovuto all’esposizione agli agenti atmosferici e alle variazioni climatiche; a tale degrado le attività di restauro tentano con pazienza e perizia di porre rimedio, rallentandone il naturale decorso e agendo sulle cause.
 
In altri interventi sull’argomento abbiamo già sottolineato che, aldilà dei progetti faraonici, delle collaborazioni internazionali e delle promesse di questo o quel governo, il principale intervento da effettuare per preservare questo patrimonio dell’umanità è la cura costante e quotidiana, la manutenzione ordinaria, come si faceva una volta, con archeologi, architetti, muratori, falegnami, carpentieri, ecc. In questo senso si legge positivamente l’assunzione, dal 1 gennaio 2012, di una ventina di giovani funzionari architetti e archeologi che, organizzati in squadre intersettoriali, stanno procedendo a un’accurata ricognizione dell’intera area archeologica in vista delle attività di messa in sicurezza.
 
La Soprintendenza comunica inoltre che è diventato operativo il Grande progetto Pompei, un programma organico di interventi finanziato con risorse comunitarie (105 milioni di euro) a valere sui fondi Poin “Grandi Attrattori”. È un modello di “cooperazione interistituzionale rafforzata”, condiviso tra il ministero per i Beni e le attività culturali e il ministro della Coesione territoriale, ai quali si affianca, per gli aspetti legati alla sicurezza e alla legalità, il ministero dell’Interno.
 
Il programma, che presenta numerose novità, soprattutto dal punto di vista metodologico, prevede interventi di conservazione diffusa su tutta l’area archeologica, previa mitigazione del rischio idrogeologico, l’attivazione di un sistema di monitoraggio dinamico che guidi la programmazione delle attività di manutenzione e di restauro, il potenziamento della sicurezza del sito e la sua valorizzazione. Al momento sono state già avviate le procedure per i primi bandi relativi al consolidamento e restauro di cinque domus (Casa di Sirico, del Marinaio, delle Pareti Rosse, del Criptoportico, dei Dioscuri) e si sta lavorando al progetto per la riduzione del rischio idrogeologico, nonché ai progetti per la messa in sicurezza delle nove Regiones delle quali si compone il sito.
 
Staremo, dunque, a vedere se le cose andranno avanti bene, se, come tutti speriamo, si passerà dalle parole ai fatti, dalle ricognizioni ai restauri veri e propri e, soprattutto, alla prevenzione costante, per evitare crolli futuri.

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