Più farmaci, cure migliori?

Continua, con il dottor Triggiano, il dialogo sullo stato del Servizio sanitario nazionale italiano. Con il passare del tempo sono aumentate le necessità delle persone, anche per il loro invecchiamento, per stili di vita non salutari e per la crescita dei costi dei beni. Pesa, inoltre, la quantità di fondi destinata al settore, inferiore alla media europea
Medici

Solidale, equo e universale. Sono queste le caratteristiche del nostro servizio sanitario che stanno ultimamente subendo contraccolpi con l’avanzare della crisi economica. Continuiamo l’approfondimento già iniziato con il dottor Luigi Triggiano, coordinatore sanitario del distretto di Arezzo ASL 8.

Fissati i princìpi generali del nostro sistema sanitario quali prestazioni deve e riesce a garantire?
«L’obiettivo strategico del Servizio sanitario nazionale (Ssn),con l'insieme dei suoi operatori e delle sue strutture, consiste nel concorrere a promuovere e tutelare la salute della persona e della collettività. Uso il termine "concorre" perché tale obiettivo non è appannaggio solo della sanità, ma richiede il concorso strategico e integrato del mondo dell'educazione, dell'economia e del lavoro, che insieme a quello della salute rappresentano i pilastri dello sviluppo umano, sociale ed economico delle persone e dei popoli. Il Ssn è chiamato a prendersi cura dei bisogni di salute della persona e del malato, mediante prestazioni, i cosiddetti "Livelli essenziali di assistenza", di natura preventiva, diagnostico-terapeutica  e di riabilitazione, integrando fra loro tre aree di intervento: quella delle cure primarie e dei servizi sociali, della medicina specialistica e del ricovero ospedaliero. In pratica, per esempio, il Ssn assiste e sostiene le necessità dei pazienti che ogni giorno si rivolgono al  medico di famiglia». 

Che significato ha dunque il concetto di “sostenibilità” in questo campo?
«Semplificando, ma rimanendo fedeli alla realtà, la sostenibilità è il rapporto tra il costo delle prestazioni sociosanitarie per perseguire gli obiettivi di promozione e tutela della salute di una popolazione e le risorse finanziarie complessive messe a disposizione da un Paese. Con il passare del tempo abbiamo assistito all'aumento dei bisogni di salute delle popolazioni anche per il loro invecchiamento, per stili di vita non salutari e per la crescita dei costi dei beni, soprattutto quelli tecnologici, diventati sempre più sofisticati e dunque a un trend della spesa in aumento. Se però vogliamo capire bene il fenomeno, lasciandoci guidare dall'esperienza, possiamo individuare alcuni fenomeni attualissimi che condizionano pesantemente la spesa e sui quali dovremmo, con responsabilità, riflettere tutti».

Quali sono?
«Proviamo ad elencare i più importanti a cominciare dalla mancanza, fino ad ora, di una strategia educativa e organizzativa  da parte del Ssn di fronte al dilagare delle malattie croniche (obesità, diabete, malattie cardiovascolari, ecc..). C’è l'enfasi eccessiva e la priorità assoluta assegnata alla medicina specialistica e ospedaliera e all'alta tecnologia (esempio tac, risonanza magnetica, ecc). Esiste, inoltre, il fenomeno della medicalizzazione di ogni problema e spazio della vita quotidiana con il dilagare del consumismo sanitario che si accompagna alla cattiva e totalizzante concezione del lavoro con spazio vitale sottratto alle relazioni sociali, in famiglia e fuori, e all'attività fisica. In generale è diffusa l’aspettative irrealistica sull'onnipotenza della medicina».

Sembra proprio una miscela esplosiva…
«Proprio così. Si tratta di fattori il cui concorso, se non viene arrestato e contrastato, è in grado di rendere qualsiasi sistema insostenibile, pubblico e ancor più privato, checché si dica. Basta vedere ciò che in questi anni sta succedendo negli Stati Uniti d'America, dove non esiste un Ssn ma, con il sistema assicurativo, la spesa sanitaria complessiva ha raggiunto il 18 per cento del prodotto interno lordo contro una media europea del 9,5 per cento. Leggermente superiore dunque a quella italiana, pari al 9,3 per cento del pil (conteggiano il 7,3 per cento di spesa pubblica e il 2 per cento di spesa privata). Percentuali maggiori si hanno in Germania (16 per cento) e Olanda (12 per cento) e siamo anche sotto il Regno Unito (9,6 per cento del pil). È necessario che ognuno si renda conto che il dilagare dei fattori indicati non si traducono in miglioramento della salute ma spesso solo in aumento dei costi, con vantaggi non per i cittadini ma per chi con il mercato della salute fa affari oltre il possibile. Per capirci "più medicina", cioè  più esami, più farmaci, più visite, non vogliono dire affatto "migliore medicina"».

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