Perù. Progetti politici per la gente

Il Paese sudamericano esce da una campagna elettorale senza esclusione di colpi: ora è tempo di ricostruire e di unire le forze per uscire dalla povertà. Dal nostro corrispondente
elezioni perù

Radiografia del Perù Il nostro è un Paese di contrasti: multietnico, multiculturale, multilinguistico, multirazziale. Un Paese dalle grandi ricchezze in cui pochi possiedono molto e molti possiedono poco: nel 2010 il 31,3 per cento della popolazione viveva al di sotto dell’indice di povertà, di cui il 9,8 per cento in povertà estrema. Nella sierra (montagna) questa percentuale arrivava al 49,1, con una punta del 61,2 nelle zone rurali. Anche nella selva (foresta) si superava la media nazionale, con il 37,3 per cento. Il 56 per cento delle persone in situazione di povertà e il 70,8 di quelle in povertà estrema di età superiore ai 15 anni hanno frequantato soltanto pochi anni di scuola elementare, oppure non hanno alcun tipo di istruzione. Il 50,8 per cento delle famiglie povere è costretta ad attingere l’acqua per le proprie necessità da fiumi, fossati o fonti.

 

Il terrorismo che ha insanguinato il Perù negli anni Ottanta oggi è praticamente superato, ma rimane un alto livello di conflittualità sociale: oltre 230 manifestazioni hanno avuto luogo solo questo mese, di cui 130 legate alle attività estrattive, settore preponderante dell’economia nazionale. In un Paese disunito, con un alto indice di corruzione, costruire uno Stato nuovo è una necessità inderogabile.  

 

Elezioni presidenziali In questa realtà si è inserita una campagna particolarmente accesa per le elezioni presidenziali, tenutesi poco tempo fa. Soprattutto in occasione dei ballottaggi si sono confrontate in maniera molto netta due opzioni: una di cambiamento verso il centro-sinistra contro l’altra di mantenimento dell’attuale politica liberista. Esponenti di queste due posizioni erano appunto Ollanta Humala, ex tenente dell’esercito, sostenuto da una coalizione che andava dalla destra liberale alla sinistra estremista e Keiko Fujimori, figlia di Alberto ex presidente negli anni novanta ed oggi in carcere per vari reati. Da entrambi i fronti si sono levate accuse di corruzione e di violazione dei diritti umani.

 

In un contesto come questo non è stato facile fare una scelta consapevole, né vivere il periodo precedente al voto come momento di discernimento. La Chiesa locale ha redatto un eccellente documento in cui venivano delineati i criteri etici per fare questa scelta, rispetto a quali i candidati in corsa si trovavano però molto lontani. Tuttavia era necessario prendere una decisione, mettendo davanti a tutto il bene comune.

 

Indubbiamente bisogna riconoscere che in questo caso i candidati avevano presentato proposte perché lo sviluppo economico, che il nostro Paese ha avviato con successo, possa raggiungere tutti, senza tralasciare la necessità dell’inclusione sociale e di una più equa distribuzione della ricchezza. Inoltre al primo turno i tre altri candidati avevano perso per aver cercato ciascuno i propri interessi ideologici o di partito, pur avendo presentato programmi molto simili. Davanti alla disunione, sono rimaste le due opzioni che molti non avrebbero desiderato.

 

Ricostruire Questa lezione ci porta a pensare che, in fondo, entrambi i candidati Keiko Fujimori e Ollanta Humala sottolineavano esplicitamente la necessità di fraternità tra i peruviani, soprattutto verso coloro che possiedono meno. E ancora di più i risultati delle elezioni ci lasciano con questo interrogativo: che cosa abbiamo fatto e che cosa facciamo per raggiungere maggiore condivisione su questi temi?

Dopo la chiusura delle urne e la vittoria di Humala bisognerebbe riprendere in mano il messaggio di Chiara Lubich, che invitava ad amare sia i politici vincitori che quelli sconfitti. Qui la società civile potrebbe intervenire riallacciando la comunicazione interrotta da una campagna elettorale senza esclusione di colpi bassi e agendo su fattori di unione, solidarietà, comunità.

Queste settimane concitate permettono di affermare che l’unità del nostro Paese è qualcosa da costruire giorno per giorno, dal basso: nelle nostre famiglie e nei nostri luoghi di lavoro, tra persone con storie, culture e visioni diverse dello sviluppo e magari anche con interessi contrapposti.

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