Perché Facebook ha comprato WhatsApp?

Cosa c'è dietro questa acquisizione costata 19 miliardi di dollari? Una mania di grandezza o una strategia ben precisa?
Facebook

Facebook ha deciso di festeggiare i suoi 10 anni di attività appena compiuti comprando WhatsApp, il servizio di messaggistica che spopola tra i giovanissimi e non solo, per la cifra record di 19 miliardi di dollari. Ogni volta che si parla di acquisizioni di questo tipo c’è una nuova cifra record da menzionare, ma tant’è.

Qualche osservatore ha commentato che non più di qualche mese fa Microsoft ha acquistato Nokia per una cifra di poco superiore ai 7 miliardi di dollari. E Nokia è un’azienda con un’esperienza di anni nella telefonia mobile, è stata leader di settore e può essere strategica, per Microsoft, per recuperare terreno rispetto ad Apple e Google che la fanno da padrone nel mondo dei sistemi operativi per il mobile. WhatsApp è tutta un’altra storia. È giovane e non si capisce bene cosa faccia di particolare, oltre a mandare messaggini, per essere considerata così speciale.

Allora come si spiegano questi 19 miliardi di dollari? È solo un capriccio del "megalomane" Zuckerberg che ha avuto paura del tenore di crescita dell’azienda rivale? Tutto può essere, ma il fondatore e CEO di Facebook ha dimostrato di essere un po’ più lungimirante di così.

Certo è che nei suoi quattro anni di vita il servizio creato da Brian Acton e Jan Koum è cresciuto a una velocità senza eguali: oltre 400 milioni di utenti. Nemmeno lo stesso Facebook aveva fatto così bene. A questa considerazione bisogna aggiungere che quello del web è un mercato che tende a non fare grossi sconti: o ci si prende tutto oppure si rimane fuori. Non esistono possibilità di posizionamento troppo sofisticate.

C’è poi il “problema teenager” di cui Zuckerberg non sembrava così preoccupato. Facebook sta perdendo appeal tra i più giovani che non lo considerano più tanto di moda come una decina di anni fa, quando spopolava nelle università e nei college americani. I ragazzi sembrano preferire applicazioni come Snapchat (che prevede la cancellazione di foto e messaggi dopo la visualizzazione), in cui è più semplice cancellare le proprie tracce digitali e non essere monitorati dagli adulti.

E chi è che guadagna terreno? Instagram, già acquisita da Facebook un paio di anni fa per uno striminzito miliardo; Snapchat, il cui giovanissimo fondatore Evan Spiegel ha recentemente rifiutato una ghiotta offerta da 3 miliardi ad opera di mister Zuckerberg; e, udite udite, WhatsApp.

Se i giovani non vogliono stare in Facebook, Facebook diventa WhatsApp e si tiene i giovani.

Fin qui il ragionamento potrebbe anche filare, ma poi come si monetizza? Le idee dei due giganti social sembrano agli antipodi sul versante delle strategie di business.

Zuckerberg, dopo avere per anni guardato con malcelato disprezzo alla pubblicità, ha poi deciso di farne una delle principali fonti di reddito della sua creatura. Actom e Koum hanno invece scelto di farsi pagare per il servizio proposto da whatsapp.

Come si concilieranno queste due impostazioni? Volendo dar retta ai suoi biografi, il giovane e spregiudicato Mark non si è mai troppo preoccupato della maniera in cui fare profitto. Il suo mantra è sempre stato: crescita e miglioramento dell’esperienza di utilizzo… solo dopo il business, che è un concetto molto meno cool.

Una strategia a lungo termine che gli ha fatto scegliere di non vendere quando, solo pochi anni fa, la sua azienda venne valutata 15 miliardi. Una visione che fino a oggi ha cannibalizzato molti sensatissimi ragionamenti su ritorni economici e investimenti, e che pare punti a rendere Facebook un servizio di comunicazione globale indispensabile. In quest’ottica si può comprendere come il social dei social non voglia prendere in considerazione l’ipotesi di rinunciare a nessuna fascia di mercato, nemmeno a quella volubile e indisciplinata degli adolescenti.

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