Il Palazzo delle sorprese

Quasi nascosto nel cuore della città di Reggio c’è un museo che ne comprende due, tutto da scoprire. Dove si coniugano arte e legalità, arte e ricerca dell’Assoluto

Dopo il rinnovato Museo della Magna Grecia e la Pinacoteca Civica di cui ho già parlato, Reggio Calabria si è arricchita di un nuovo, inaspettato tesoro: l’ex Brefotrofio riconvertito a Palazzo della Cultura e intitolato all’intellettuale e meridionalista calabrese Pasquino Crupi, che sorge nella parte alta della città, è diventato – a partire dalla primavera del 2016 – sede definitiva di una cospicua collezione di opere d’arte contemporanea confiscate nel 2010 alla ‘ndrangheta, tra cui dipinti e opere grafiche di De Chirico, Dalì, Fontana, Sironi, Carrà, Rosai, Guttuso, Bonalumi, Ligabue, Purificato, Cascella, Sassu ed altri… compreso un discreto numero di quadri antichi, soprattutto di scuola meridionale. Tra le opere recuperate sono stati scoperti anche dei “falsi”, ora ospitati in due apposite sale a scopo didattico.

Peculiarità di questo Museo è la presenza, accanto alla raccolta citata, di pregevoli dipinti di duecento artisti emergenti, reggini e non solo, che esposti a rotazione in otto sale dedicate a nomi illustri del panorama culturale calabrese, a seguito di specifica consultazione popolare, fanno da “vetrina” agli stessi mentre danno vita ad una pinacoteca in continuo divenire.

Non mancano significative testimonianze d’altro genere e provenienza: a perfette riproduzioni di antichi mosaici romani realizzate da detenuti della casa circondariale si aggiungono infatti le collezioni d’arte e la biblioteca, già patrimonio dell’Azienda autonoma di Soggiorno e turismo, grazie all’intuizione e all’impegno dell’allora direttore, senatore Guglielmo Calarco. Spicca tra il resto un esemplare rarissimo di carta sismica progettata in Italia, opera settecentesca del carmelitano scalzo napoletano padre Eliseo della Concezione, il quale rappresentò in scala 1: 130.000 la parte della regione devastata dal terremoto del febbraio 1783 con la precisa classificazione dei centri abitati in base al loro grado di danno e distruzione.

Ma non è finita. Alcune sale del pianterreno accolgono il Piccolo Museo San Paolo, una delle realtà museali di Reggio ormai note anche in ambito internazionale, dovuta alla passione collezionistica di mons. Francesco Gangemi, un sacerdote mosso dalla convinzione che «i mendicanti di bellezza in fondo sono mendicanti di Dio, e alla fine dopo averlo tanto cercato, senza neanche accorgersi, si ritrovano davanti alle porte d’oro del paradiso, dove sfolgora in un fuoco inestinguibile l’eterna Bellezza… con l’arte l’uomo riscopre le tracce della sua originaria immagine, ed è spinto a trascendere i limiti che lo affliggono, per sollevarsi alla comprensione dell’Assoluto e immergersi in quello stato di grazia che quasi lo esilia dalla terra».

Piccolo di nome, ma grande per valore storico-artistico delle sue eterogenee raccolte, il San Paolo comprende una pinacoteca con oltre 140 opere in tavola e tela che vanno dalla metà del Quattrocento fino al XX secolo (tra cui un prezioso gonfalone con san Michele che uccide il drago, attribuito ad Antonello da Messina) e una tra le più importanti collezioni di icone esistenti in Italia: quasi 200, provenienti dall’area russa e greca, alcune ancora impreziosite dalle tipiche coperture metalliche cesellate.

E poi argenti (ostensori, calici, turiboli, contenitori portaincenso, patene dal XV al XX secolo, testimonianti l’eccezionale abilità dei maestri orafi siciliani, calabresi e napoletani); avori dal XIII secolo ai giorni nostri con tutta una serie di splendidi crocifissi; frammenti scultorei di epoca medievale; monete dal periodo magnogreco fino alle emissioni più recenti; reperti archeologici e per finire la biblioteca di mons. Gangemi, ricca di incunaboli, edizioni a stampa del Cinquecento (oltre 130) e pergamene altomedievali.

Insomma, un patrimonio poco pubblicizzato e tutto da scoprire, a cominciare – penso – dagli stessi reggini. Assicurano una visita memorabile a questo Palazzo delle sorprese la stessa squisita disponibilità della responsabile del Museo, la dottoressa Anna Maria Franco, e del personale volontario.

 

 

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