Organizzare meglio l’accoglienza dei migranti

In Italia, grazie al Sistema di protezione dei richiedenti asilo, sono stati predisposti oltre 9 mila posti, che potranno diventare 20 mila in caso di emergenza. L'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati richiama ad una maggiore organizzazione e responsabilità anche l'intera Ue, in vista dei prossimi arrivi dalla Siria e dal Centrafrica
Migranti approdati in Spagna

«In Egitto, in questo momento, ci sono circa 300 mila profughi siriani in fuga dalla guerra che potrebbero voler arrivare in Europa, passando per l'Italia. È una tragedia immane, di cui bisogna parlare» affinché il fenomeno dei rifugiati diventi responsabilità di tutti i Paesi dell'Unione, e non solo dell'Italia, che non può essere lasciata sola ad affrontare la gestione di 500 barconi pieni di profughi. Ad affermarlo, ieri mattina a Roma, è stato Riccardo Clerici, rappresentante dell'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) che, chiamato a dare un giudizio sul Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) messo in piedi dal nostro Paese, ha spiegato che l'Italia ha già le colonne portanti, le basi per gestire queste continue emergenze. Ora, però, deve organizzarle al meglio, secondo criteri precisi e razionalizzando le procedure, in modo da rafforzare l'intero sistema di accoglienza e integrazione, approfittando anche del prossimo semestre, quando assumerà la guida dell'Unione europea, per coinvolgere e responsabilizzare gli altri Paesi dell'Unione, con l'appoggio dell'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati. 

Negli ultimi dieci anni, ha spiegato il prefetto Riccardo Compagnucci, vice-capo dipartimento vicario per le Libertà civili e l'immigrazione del ministero dell'Interno, il fenomeno dell'immigrazione ha subìto cambiamenti radicali. Se, infatti, in passato, su cento immigrati che arrivavano in Italia, una settantina cercavano lavoro, mentre il resto erano rifugiati politici o richiedenti asilo, adesso la situazione si è capovolta. Anche a causa degli stravolgimenti che stanno interessando i Paesi del Mediterraneo. Oggi chi arriva in Italia, lo fa in larga parte per sfuggire a un pericolo reale e va accolto adeguatamente.

Vista, però, l'inadeguatezza dei vari centri di accoglienza finora allestiti, si è deciso di puntare sullo Sprar, un sistema di accoglienza integrata, che oltre ad offrire un soccorso immediato a chi sbarca sulle nostre coste, assicura anche un'assistenza alla persona (ad esempio cure mediche e possibilità di studio) e cerca di facilitare l'integrazione sul territorio, nei casi in cui, una volta passato lo stato di pericolo, il rifugiato dovesse decidere di non tornare nel Paese di origine.

In numeri, lo Sprar è partito da una disponibilità di tremila posti, nel 2012, per triplicare l'offerta nel 2013, anno in cui c'è stata una vera e propria situazione di emergenza, con circa 43 mila arrivi e centinaia di morti. Si è dunque arrivati a 9.356 posti disponibili, ora innalzati a 16 mila. In caso di emergenza, tuttavia, si può arrivare fino a 20 mila persone.

Il sistema Sprar ha visto il coinvolgimento attivo dei Comuni e i risultati dell'ultimo anno di lavoro sono stati presentati nella sede romana dell'Anci, alla presenza del presidente dell'associazione dei comuni italiani, il sindaco di Torino Piero Fassino. Tuttavia, c'è ancora molto lavoro da fare. «Serve il coinvolgimento delle Regioni e non solo – come sottolineato da Clerici –, di quelle del Sud Italia che già adesso portano il peso delle continue emergenze. Serve l'apporto di tutte le Regioni italiane, che a loro volta potranno gestire al meglio organismi come Asl e Uffici scolastici, per fornire davvero a chi arriva, minori compresi, tutto l'aiuto di cui hanno bisogno». E servono anche fondi, disponibili già in fase di programmazione, e il coinvolgimento del ministero del Lavoro e degli stessi rifugiati che, come è stato fatto notare, erano i grandi assenti all'incontro.

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