Obama e Romney, il confronto finale

Il candidato democratico esce vittorioso dal dibattito con il repubblicano: tante le contraddizioni che lasciano la partita aperta
Presidenziali Usa

Probabilmente passerà alla storia come il dibattito dei cavalli e delle baionette: è infatti la tagliente risposta di Obama al rivale Romney, che lo accusava di aver ridotto la flotta militare americana («se è per questo, abbiamo anche meno cavalli e baionette»), ad aver catalizzato l'attenzione dei media e della Rete – pare sia stato il tweet più gettonato oltreoceano.
 
Nell'ultimo e decisivo dibattito sulla politica estera, è stato il candidato democratico ad avere la meglio: «Obama tiene Romney al posto suo», apre il Washington Post; «Obama non versa neanche una goccia di sudore», rincara il San Francisco Chronicle; «Obama al comando», conferma la Cnn, con chiara allusione al titolo di “Comandante in capo” tanto caro a George W. Bush. Eppure, nonostante diversi sondaggi su quest'ultimo confronto diano percentuali bulgare a favore del presidente in carica – la Cbs si sbilancia con un 53 per cento di interpellati che assegna la vittoria a Obama, contro un 23 per Romney e un 24 alla pari –, nei sondaggi elettorali i due rimangono testa a testa, essendo dati entrambi attorno al 48 per cento.
 
A confermare che la situazione non è così chiara è il fatto che i media americani sottolineino, più che il successo del candidato democratico, le anomalie e le contraddizioni dell'ultimo confronto.
Ad aver colpito pare essere stato soprattutto un certo “scambio di parti” tra i due: il Los Angeles Times,nell'articolo «Obama inverte i ruoli», nota infatti come «il dibattito finale ha evidenziato un insolito cambio di strategia: Obama ha usato la tipica tattica dello sfidante di evidenziare le differenze, mentre Romney cercava di minimizzarle». Dall'accusa di avere una visione del mondo ancora ferma alla guerra fredda, a quella di voler esercitare «una leadership sconsiderata sul mondo intero», si è quindi visto un presidente decisamente all'attacco. Anche il New York Times osserva come «l'inversione di ruoli ha dato al presidente una linea più dura e gli ha consentito di sferrare dei colpi», mentre Romney «è venuto in pace: ha affermato di volere la parità di genere ed una migliore istruzione, e ha parlato del Medioriente, non del Midwest (parte centrale degli Usa, ndr)».
 
E in effetti c'è da osservare come la politica estera, pur essendo il centro del dibattito, abbia finito per essere accantonata a favore delle questioni interne – tanto che il moderatore ha dovuto più volte richiamarli a non “andare fuori tema”, per dirla in maniera scolastica – dove si concentrano di fatto le differenze tra i due candidati: il Washington Post osserva infatti come «Romney si sia detto d'accordo con Obama su molte questioni, e invece di dare una visione diversa del ruolo degli Stati Uniti nel mondo, ha cercato di distinguersi dal presidente portando la discussione sulla politica interna». E lì infatti il repubblicano sembra aver guadagnato punti in zona cesarini, soprattutto sul fronte dell'economia; ma non è bastato a rovesciare le sorti di una vittoria ormai già conquistata da Obama.
 
Rimangono dunque due settimane prima di un'elezione che promette di tenere il mondo col fiato sospeso ben più di quattro anni fa, quando il vantaggio del candidato democratico era più netto; e proprio in questi quindici giorni entrambi i contendenti spareranno le ultime cartucce e tutto può ancora succedere. Fa forse bene la Cnn a chiedersi «Obama ha vinto: ma importa qualcosa?», dando spazio ad una serie di analisti che osservano come «il confronto finale non ha avuto un grande impatto nella campagna elettorale nel suo insieme». E in effetti, dando uno sguardo ai video caricati dagli utenti sul sito in risposta ad un provocatorio «Il dibattito ha risposto alle tue domande?», le reazioni vanno da «E la politica estera dov'era?», a «Romney è diventato democratico?», a «Il dibattito non è stato di nessun aiuto agli elettori indecisi perché entrambi i candidati sono stati contraddittori». Insomma, chi sperava di schiarirsi le idee è rimasto deluso.
 
Ora la battaglia si concentra sugli Stati in bilico, prima del grande martedì: che vinca il migliore.

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