Nuove regole prima che l’euro finisca male

In attesa dello sciopero generale cresce la tensione nel Paese che non esce dalla crisi. Forte adesione degli economisti all’appello di Leonardo Becchetti per una “macroeconomia civile”dell’Unione europea
euro

Lo scontro tra la realtà sociale espressa e radunata dalla Cgil, a Roma il 25 ottobre, e la linea “rottamatrice” sempre più decisa dal governo di coalizione guidato dal leader del Pd, Matteo Renzi, sembra condurre alla proclamazione dello sciopero generale che costituisce la reale prova delle forze in campo. Il sindacato lo minaccia ma sa bene che potrebbe rivelarsi un boomerang.

Nei discorsi tenuti in contemporanea tra piazza San Giovanni, a Roma, e il meeting di Firenze della corrente renziana, emergono due soluzioni divergenti tra il “piano del lavoro” presentato già a gennaio del 2013 dalla Cgil, ispirandosi idealmente al progetto di Giuseppe Di Vittorio del 1949, e le linee guida del Jobs act sulle quali il governo ha ricevuto una larga delega dalla maggioranza parlamentare.

Non si tratta solo di materie legate alla disciplina del rapporto di lavoro, con tutti i suoi risvolti dolorosi, ma vere e proprie visioni alternative di politica economica.

Proprio ragionando su questo piano si pone una proposta di intervento concreto per uscire dalla crisi che oltre trecento economisti, tra i quali Romano Prodi mentre le adesioni crescono con il tempo, ha lanciato al governo italiano nel pieno del semestre di presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea. L’ideatore della serie di misure che l’Italia potrebbe avanzare a livello europeo è il professor Leonardo Becchetti che,tra l’altro, ha guidato la riflessione del laboratorio parlamentare su economia e lavoro promosso dal Movimento politico per l’Unità con la collaborazione di Città Nuova.

Secondo Becchetti bisogna prendere atto che «tutta la politica post-crisi finanziaria globale dell’Unione europea è fallita producendo un buco nella domanda aggregata (consumi più investimenti) l’arresto della crescita, la deflazione, l’approfondirsi degli squilibri tra Nord e Sud e, paradossalmente, un peggioramento della situazione del debito che rappresentava l’ossessione e la ragione della severità della terapia del rigore».

L’Italia e gli altri Paesi europei, piuttosto che farsi mettere la multa da vigili che applicano ossessivamente un codice della strada superato, sbagliato e controproducente, dovrebbero riscrivere le regole del gioco per evitare un punto di rottura inevitabile e la «la fine traumatica dell’euro». In particolare, è venuto il tempo che «il governo italiano capisca la gravità del momento e non si accontenti di negoziare deroghe (alla regola del rapporto deficit/PIL sotto il 3 per cento,ndr) ma proponga con forza un momento di verità chiedendo la convocazione di una conferenza per una nuova “macroeconomia civile” nell‘Unione Europea».

Come premessa gli economisti partono da un’istanza politica e cioè il «forte impegno verso forme di unificazione politica e di partecipazione attiva dei cittadini europei alla nomina democratica dei propri rappresentanti nelle istituzioni europee non più esclusivamente su base nazionale, in maniera tale che il benessere di tutti i cittadini europei e non dei cittadini di ciascun Paese membro sia posto al centro del processo decisionale in sede europea».

Entrando nel dettaglio delle misure necessarie per riavviare l’economia, Becchetti  parte dal cambiare il ruolo della Banca centrale europea affinché eserciti un ruolo più attivo «sul modello di quanto fatto dalle banche centrali di Stati Uniti e Regno Unito che si spinga fino alle politiche di acquisto di titoli pubblici e privati».

E siamo solo all’inizio dell’elenco. (Prima puntata).

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