Non solo conferenze

Mostre, spettacoli, stand espositivi, e soprattutto lo spazio giovani: tutto ciò che serve per alleviare la noia delle lunghe ore di convegni...
congresso eucaristico

Tra libri e vini da messa – A girare per la fiera di Ancona, si capisce bene come il Congresso Eucaristico non sia solo incontri e conferenze – più o meno noiose, diciamoci la verità – ma anche un luogo dove incontrarsi e frasi conoscere. E non solo per le più disparate realtà associative, movimenti e aziende che operano nel “settore ecclesiastico” – dagli arredi sacri alla produzione di vini da messa, con tanto di spazio degustazione. Tra gli stand espositivi c’è la Regione Marche, che illustra le bellezze di quelle terre; ma anche la Coldiretti, il commercio equo e solidale e varie case editrici, tra cui Città Nuova. Non manca nemmeno il punto informativo del movimento dei Focolari, dove vanno particolarmente forte le pubblicazioni su Chiara Luce Badano e la meditazione della Parola di Vita.

 

Lo stand più gettonato però – complici gli assaggi gratuiti – pare essere quello del progetto Policoro, promosso dalla Cei sin dal 1995 per intervenire su realtà disagiate. Si va dalla cooperativa sociale “Il germoglio”, che produce il vino “Al fresco di cantina” all’interno di un carcere napoletano, alla calabrese “Talità Kum”: un nome, un porgramma. «Talità Kum, rialzati, è ciò che Gesù ha detto alla figlia di Giairo prima di resuscitarla – ci spiegano –. Così noi vogliamo aiutare la nostra terra a rialzarsi». Giovani imprenditori che, rientrati dall’emigrazione al nord, grazie a questo progetto hanno iniziato la produzione di olio, vino ed altre prelibatezze tipiche. Più o meno le stesse della cooperativa “Valle del Marro”, che grazie a Libera lavora le terre confiscate alla criminalità organizzata. Un insieme di colori e sapori che si fa ben notare all’interno dello spazio fiera.

 

I giovani verso Emmaus – Nutrita è anche la presenza di giovani, grazie allo spazio allestito appositamente per loro. Un’ottantina di volontari, in rappresentanza di diocesi e movimenti di tutta Italia, conducono i coetanei in un viaggio verso Emmaus suddiviso in tre momenti: la strada, l’arrivo a Emmaus e il ritorno a Gerusalemme. Ciascuno è a sua volta scandito da diverse tappe, che affrontano temi come il rapporto con le cose materiali, con gli altri, con sé stessi e con Dio nelle modalità più originali. Impossibile citarle tutte: i volontari hanno voluto davvero strafare, e il percorso per intero dura quasi tre ore. Tra video, momenti di riflessione, cappella per l’adorazione e la confessione, giochi e testimonianze, spicca il passaggio in cui si insegna come fare perché un abbraccio sia veramente “caloroso”: esistono davvero alcuni accorgimenti da adottare, provare per credere…Un percorso che ha lasciato entusiasti, in particolare nella riflessione sul tema della cittadinanza, anche un gruppo di ragazzi palestinesi: «Ci ha molto colpito – racconta uno dei volontari – sentir parlare di cittadinanza da gente che non ha uno Stato. Ed hanno molto apprezzato, tanto che ci hanno invitati a riproporre questo “viaggio” a Gerusalemme».

 

Ad accompagnare i giovani lungo il cammino – perlopiù gruppi di parrocchie, di movimenti o cresimandi – sono i “Cleopa”, dal nome di uno dei discepoli di Emmaus. Valentina, diciottenne molisana, è arrivata lì dopo l’esperienza della Gmg, sfidando i dubbi dei genitori che «avevano qualche timore a lasciarmi qui senza un responsabile». L’esperienza di Madrid le è bastata per decidere di sacrificare gli ultimi giorni di vacanza. Nando, di Sorrento, ha il compito di offrire ai “viandanti” la sua testimonianza su come ha riscoperto il rapporto con Dio grazie ad un movimento ecclesiale. «Ho deciso di venire – afferma – perché mi sembra giusto raccontare che cosa il Signore ha fatto e fa per me. E mi riferisco alle piccole cose, non a plateali folgorazioni sulla via di Damasco». In effetti, chiedendo ai volontari il motivo del loro essere lì, molti non hanno una risposta precisa: solo un generico «per dare una mano», o un «me l’avevano chiesto». E forse è giusto così: certe cose non devono avere un perché.

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